Borse mondiali ad alti livelli, gli operatori restano ottimisti

I mercati dal mese di maggio vivono una sorta di calma estiva, con movimenti poco pronunciati, a parte qualche scossone temporaneo legato alle notizie sulle decisioni di Donald Trump sui dazi. Infatti, in generale le Borse hanno metabolizzato l’entrata in vigore delle imposte doganali USA e sono state sostenute dalla prospettiva di una Federal Reserve più incline, dopo i recenti dati macroeconomici, a tagliare i tassi. Inoltre, hanno festeggiato i conti trimestrali generalmente positivi. L’andamento degli ultimi mesi è stato positivo, con lo Standard & Poor’s 500 americano che sfiora il massimo storico, così come l’FTSE MIB di Milano, che nella seduta di venerdì ha chiuso a 41.624 punti, nuovo massimo dal luglio del 2007. È ai massimi anche il DAX tedesco e la tendenza è confermata anche a livello globale, con l’indice mondiale MSCI World ai massimi. Per contro l’indice elvetico SMI si situa ancora attorno a 11.900 punti, mentre aveva superato 13.100 punti a fine febbraio.
Una logica commerciale
Come valutare questa situazione e quali sono le previsioni per il futuro? Ne abbiamo parlato con Sascha Kever, CIO di PKB Private Bank a Lugano. «Dopo lo spavento di inizio aprile in seguito all’annuncio del presidente Donald Trump di nuovi dazi commerciali - spiega - il mercato si è progressivamente rasserenato, complice una situazione che rimane fluida. L’approccio di Trump e dei suoi consiglieri appare fortemente orientato alla logica commerciale, un’impostazione inusuale per un ruolo politico primario, seppur strategicamente coerente con il suo background di imprenditore. In questo contesto la figura chiave nei negoziati, il segretario del Tesoro Scott Bessent, si è distinto come abile negoziatore e profondo conoscitore della narrativa dei mercati».
Per ora non sono dannosi
Secondo Kever, i dazi non rappresentano al momento un freno determinante per le Borse. «Pur costituendo un ostacolo - commenta - i dazi sono gestibili dai listini, finché restano su livelli medi e ragionevoli. Riteniamo che l’impatto sull’inflazione, temuto da molti, sarà episodico e non persistente. Inoltre, buona parte delle misure adottate, a nostro avviso, non si riverserà sul consumatore finale, ma sarà assorbita lungo la catena del valore della filiera produttiva (produttori, esportatori, importatori, distributori). Se questo scenario dovesse essere confermato, sarebbe plausibile che le maggiori entrate doganali si traducano in sgravi fiscali o in nuovi investimenti. Unitamente ai piani di investimento sul territorio statunitense già annunciati da molte aziende, ciò dovrebbe sostenere una crescita stabile e utili aziendali in progressione, trainati in particolare dai settori infrastrutture, tecnologia e intelligenza artificiale». Questo punto di vista è stato parzialmente confermato lunedì sera, quando il presidente USA ha detto che «non ci saranno dazi sull’oro», un’ottima notizia per la Svizzera, Sul fronte europeo, Kever evidenzia che «il piano di investimenti guidato dalla Germania è consistente e destinato a protrarsi. Ci attendiamo un miglioramento della dinamica degli utili anche nel Vecchio continente, con riflessi positivi per la Svizzera, strettamente integrata nei flussi commerciali europei. Certo, dazi al 39% rappresentano un peso significativo per il nostro Paese, ma riteniamo probabile una riduzione dell’aliquota nel prossimo futuro, soprattutto quando si troverà un accordo per il settore farmaceutico. Restiamo dunque costruttivi sul listino svizzero, pur osservando che, nella parte finale dell’anno, il driver principale dei mercati a nostro avviso sarà la crescita degli utili più che l’espansione dei multipli. In quest’ottica, lo SMI appare meno attraente in termini relativi rispetto ad altri indici».
Fase di robustezza
In aggiunta, nel comparto delle materie prime, l’oro ha vissuto un trimestre di relativa robustezza. «Dopo il rapido passaggio da 3 mila a 3.400 dollari l’oncia in aprile - rileva Kever - l’oro si è assestato. Consideriamo questa fase di consolidamento sana, soprattutto dopo un rialzo di quasi il 30% da inizio anno. Nel medio periodo vediamo ulteriori margini di crescita, auspicabilmente più graduali. In conclusione, all’interno di un portafoglio ben bilanciato tra azioni e obbligazioni, l’oro rimane una componente quasi imprescindibile, grazie alle sue caratteristiche di diversificazione».