Previdenza

Casse pensioni, un anno nero con rendimenti del meno 10%

La contemporanea flessione di azioni e obbligazioni ha comportato risultati complessivi negativi – Michael Imbach (VZ): «Con i tassi di interesse più alti sarà meno difficile mantenere le aliquote di conversione elevate»
© CdT/Chiara Zocchetti
Roberto Giannetti
19.01.2023 06:00

Il 2022 è stato un anno particolarmente negativo per le casse pensioni elvetiche. Infatti i rendimenti degli investimenti sono stati pari al -10% circa, ponendo un ulteriore problema ad un sistema già sotto pressione per via dell’invecchiamento della popolazione e degli impegni per il futuro troppo generosi.

Ma andiamo a vedere i dati. Secondo il Credit Suisse l’Indice delle casse pensioni calcolato dalla banca lo scorso anno è sceso del 10,14%. Questo indicatore tiene conto delle istituzioni che utilizzando l’istituto come banca depositaria. Al 31 dicembre 2022 l’indice si attesta a quota 188,57 punti, con base 100 a inizio 2000.

Il rendimento annualizzato dell’Indice Credit Suisse dal primo gennaio 2000 al 31 dicembre 2022 era pari al 2,79%, a fronte di una remunerazione minima LPP annualizzata del 2,05%.

Il calcolo dell’Indice Credit Suisse delle casse pensioni svizzere si basa sui rendimenti ottenuti dagli istituti di previdenza elvetici (prima della deduzione delle spese di amministrazione), i cui valori patrimoniali sono depositati presso Credit Suisse nell’ambito di un servizio di global custody.

Dal 2006 rendimento del 61%

Un risultato simile è stato registrato dalle casse che utilizzano UBS come banca depositaria. I fondi pensione del campione della grande banca hanno registrato un rendimento da inizio anno è del .9.63%. Dall’inizio della misurazione nel 2006, il rendimento è stato del 61.02%.

Attingere alle riserve

Ma questi dati che effetto hanno sul grado di copertura generale delle casse pensioni? Ci sono dei casi preoccupanti? «Tante casse pensioni - risponde - hanno registrato un rendimento negativo tra il -10% e -13%, e quindi molti istituti di previdenza hanno consumato una parte se non addirittura tutte le loro riserve. Mentre a fine 2021 il grado di copertura di tante casse pensioni era superiore al 115%, a fine 2022 è sceso in media a circa il 100%. Alcune casse si ritrovano in una situazione di copertura insufficiente, anche se i loro impegni sono dunque superiori al loro patrimonio».

«Tuttavia - precisa - una cassa pensioni sana dovrebbe essere in grado di compensare le perdite. Anche perché negli anni precedenti, specialmente tra il 2019 e 2021, hanno beneficiato dell’ottimo andamento dei mercati e quindi potuto costituire riserve».

A questo punto è già possibile fare previsioni per il 2023?

«L’economia mondiale - rileva - sta rallentando sensibilmente, anche se la domanda dei consumatori rimane sorprendentemente sostenuta e molte aziende sono in grado di far fronte ad un rallentamento. Grazie al clima mite e alle cospicue riserve di gas, si sta ridimensionando anche il timore di una grave crisi energetica in Europa. Inoltre, da alcune settimane aumentano i segnali relativi a un calo dell’inflazione a livello globale. Tutto questo provoca un miglioramento delle prospettive per i mercati finanziari».

Discussioni in corso

In Svizzera si discute molto sul futuro del tasso di conversione, che è fondamentale per determinare le rendite future dei lavoratori. Cosa può succedere a questo livello? "Ora si potrebbe essere tentati di credere - illustra - che il cattivo anno dei mercati possa intensificare le discussioni sulla riduzione del tasso di conversione. Tuttavia, a medio termine l’aumento dei tassi d’interesse aiuterà le casse pensioni con una allocazione classica degli investimenti, cioè con una porzione importante in obbligazioni, a raggiungere il rendimento necessario per offrire tassi di conversione più alti".

Calo delle rendite

«Al momento - prosegue Michael Imbach - tutte le proposte in parlamento (Consiglio federale, Consiglio degli Stati e Consiglio Nazionale) prevedono un calo del tasso di conversione sull’avere previdenziale obbligatorio dal 6,8 al 6%. A questo livello è molto importante notare che le casse pensioni che assicurano prestazioni superiori a quanto previsto per legge possono applicare la cosiddetta »aliquota di conversione con prestazioni integrate« a tutto l’avere di vecchiaia, piuttosto che aliquote di conversione separate per il regime obbligatorio e per quello sovraobbligatorio. Ora, negli ultimi anni, la maggior parte delle casse pensioni ha ridimensionato già significativamente le aliquote di conversione sovraobbligatorie e integrate. Per esempio: dal 2010 al 2022, l’aliquota di conversione media per gli uomini di 65 anni è scesa dal 6,74 al 5,43».