Cautela e diversificazione nell’anno di «transizione»

Incertezza, prudenza, transizione, diversificazione. Attorno a questi termini, relativi alle prospettive di corto-medio termine sull’economia e i mercati finanziari, si è creato un «consenso» fra i responsabili degli investimenti (CIO) di banche e società finanziarie della piazza luganese, convenuti ieri al «CIO Roundtable» dello Swiss Forum for Economic Dialogues (SFED), il primo organizzato a sud delle Alpi. L’incontro, promosso da Arthur Jurus e moderato da Giacomo Bozzola della banca privata ODDO BHF, aveva tra gli obiettivi anche quello di «creare comunità» fra gli analisti finanziari, allo scopo di agevolare la discussione e condividere le opinioni e conoscenze su macroeconomia, mercati azionari e obbligazionari, Forex e commodities.
Macro al centro
Prima di avviare la discussione è stato presentato un sondaggio condotto dallo SFED e che ha coinvolto i CIO della piazza finanziaria ticinese. Sul piano macroeconomico, nello specifico quello statunitense, è emerso che solo un analista su quattro si attende che l’economia USA possa cadere in recessione quest’anno e che l’inflazione torni sopra il 4%. In effetti, è stato fatto notare durante le successive conversazioni che una certa «fiammata inflazionistica» verrà presto osservata, per effetto soprattutto dei dazi imposti dall’Amministrazione Trump - che, tra l’altro, nessuno degli interpellati ritiene torneranno a zero - ; ma non sarà paragonabile a quanto accaduto nel 2022 con le turbolenze sui mercati energetici verificatesi a seguito dello scoppio del conflitto in Ucraina. E così, per l’anno prossimo l’attesa è di una normalizzazione - ma persistente - dell’inflazione nella prima economia del mondo. Tuttavia, nella seconda parte di quest’anno gli effetti delle politiche economiche della Casa Bianca si faranno sentire sulla crescita, tant’è che gli esperti si attendono una progressione del PIL negli Stati Uniti attorno all’1,5% nel 2025, con una lieve accelerazione nel 2026 - ma per un ritorno a tassi di crescita del 2-3% attesi fino a pochi mesi fa si dovrà forse aspettare un po’ di più.
Lo sguardo dei CIO si rivolge naturalmente anche all’area euro e alla Svizzera. Nel Vecchio Continente le prospettive restano generalmente modeste quest’anno e in progressivo miglioramento nel 2026, verosimilmente per effetto dei maxi piani d’investimento in infrastrutture e difesa in Germania (e non solo). In Svizzera, invece, la totalità degli esperti prevede un contesto deflazionistico verso fine anno - con probabile ritorno a tassi negativi.
Anno «transitorio» sui mercati
Dopo l’analisi macroeconomica, le discussioni si sono concentrate sulle prospettive per gli investimenti. Le parole d’ordine, come detto, sono «cautela» e «diversificazione». È idea condivisa, infatti, che il 2025 sarà un anno di «transizione» - il che significa mercati che si muoveranno «lateralmente». Ma non è stata esclusa una performance a doppia cifra percentuale sul piano globale, non tanto per come andranno i mercati in Occidente, piuttosto per le interessanti prospettive di quelli asiatici, su cui praticamente tutti i CIO hanno affermato di voler «dirottare» almeno una parte degli investimenti. Stando al sondaggio, tre analisti su quattro vedono le azioni cinesi salire più di quelle americane. Anche la Svizzera è vista con un occhio di riguardo, con una solida maggioranza degli esperti che si attende una performance del comparto azionario svizzero superiore a quella dell’indice di riferimento europeo Stoxx 600. La diversificazione geografica è però accompagnata anche da un esercizio di «alleggerimento» delle quote azionarie in generale, specie negli USA, dove negli ultimi due anni i titoli tecnologici hanno corso molto - forse troppo.
Infine, sul fronte delle valute i CIO si attendono che il dollaro continui a indebolirsi, con la maggioranza che prevede un continuo apprezzamento dell’euro entro fine anno. Riguardo al franco svizzero, nei confronti del greenback non si esclude un calo fino a quota 0,80, mentre nei confronti dell’euro un livello di 0,90 appare meno probabile nel 2025.
Infine, si è parlato di oro, ma non solo di prezzo (atteso attorno a quota 3.700 dollari l’oncia entro fine anno): gli analisti stanno guardano infatti alle società d’estrazione, i cui titoli azionari non hanno ancora del tutto incorporato i forti rialzi del prezzo dell’oro.