Colonial Pipeline attaccata: USA a corto di carburante

Da venerdì scorso un attacco informatico tiene in scacco il maggior operatore statunitense di oleodotti Colonial Pipeline rendendo nervosi gli investitori.
La società, che trasporta benzina e diesel su più di 8.800 km di condutture attraverso gli Stati Uniti, ha dovuto interrompere tutte le operazioni dopo aver «appreso di essere vittima di un attacco di cybersecurity». «Per contenere la minaccia abbiamo dovuto spegnere alcuni dei nostri sistemi informatici in via precauzionale. Ora il nostro obiettivo primario è il ripristino sicuro ed efficiente dei nostri servizi per tornare alle normali operazioni», fa sapere la società.
Circa la metà del carburante per la costa orientale degli Stati Uniti è infatti trasportato attraverso i gasdotti della Colonial. «L’incidente colpisce l’area di Baltimora-Washington, così come le Caroline, la Georgia e l'Alabama», ha sottolineato l’analista del petrolio Andy Lipow. «L'impatto dipenderà dalla durata del blocco - ha aggiunto -. L’oleodotto consegna prodotti raffinati ogni cinque giorni. Una chiusura di quattro o cinque giorni, provoca carenze nei terminali che arrivano alle stazioni di servizio. Inoltre dopo quattro o cinque giorni, gli aeroporti di Baltimora, Atlanta, Charlotte e Nashville dovranno decidere come ottenere il carburante in modo che le compagnie aeree possano mantenere i loro programmi di volo». È quindi chiaro che se l’interruzione dovesse continuare, ci saranno ripercussioni sui mercati dei prodotti petroliferi e del petrolio greggio, e di conseguenza sul prezzo della benzina. Ieri in giornata il greggio Brent del Mare del Nord è salito fino all’1,3% a 69,20 dollari al barile (159 litri), mentre il petrolio statunitense WTI ha guadagnato un importo simile a 65,75 dollari. I futures sulla benzina sono saliti più del 4% a un massimo di tre anni di 2,217 dollari al gallone (3,8 litri). Il petrolio per riscaldamento, a 2,0776 dollari, ha raggiunto il livello più caro da quasi un anno e mezzo. Mentre in Europa, secondo i dati di Refinitiv, i trader di energia si sono assicurati almeno sei petrolifere per inviare il gasolio negli Stati Uniti. Intanto domenica notte, data l’importanza dell’oleodotto, il presidente Joe Biden ha dichiarato lo stato di emergenza «per assicurare il trasporto immediato di benzina, diesel, jet fuel e altri prodotti petroliferi», dando il permesso ai trasporti via camion. Ma si tratta di una toppa che non basterà se il blocco dovesse perdurare. «L’aumento della distribuzione di combustibile tramite autocisterne non può compensare la capacità persa delle condutture», ha avvertito Neil Wilson, analista capo del broker online Markets.com. «Dato che non è chiaro quando la rete di oleodotti darà di nuovo in funzione, ci si deve aspettare che i prezzi dei prodotti petroliferi continuino a salire».
Cosa è successo
«Questo non è certamente uno scherzo da scolaretti ma un attacco altamente sofisticato», scrive un analista sul «Financial Times». La Colonial Pipeline sarebbe stata attaccata con l’aiuto di un ransomware, cioè un virus informatico che blocca gli accessi richiedendo un riscatto da pagare per rimuovere la limitazione, che ha anche rubato 100 gigabyte di dati. Per ora sembra che l’attacco sia stato sferrato da un gruppo di hacker conosciuto come DarkSide. Da oltre un anno fa l’autorità statunitense responsabile della sicurezza informatica, la CISA, è sulle loro tracce e lancia allarmi sulle loro attività. Dato che però gli hacker chiedono pagamenti in criptovaluta, rintracciarli è molto difficile. Tra l’altro diversi attacchi informatici hanno scosso gli Stati Uniti negli ultimi mesi, tra cui il massiccio colpo contro la SolarWinds, una società di software gestionali, che ha compromesso migliaia di reti informatiche del governo USA. Il timore ora, è che casi di attacchi informatici a infrastrutture chiave come le centrali elettriche o gli oleodotti nel prossimo futuro si verifichino più spesso, proprio a causa dei riscatti maggiori che vengono richiesti.