Come mai le Borse reggono, nonostante Trump

Le principali Borse internazionali possono contare su buoni fondamentali economici. Infatti, in estrema sintesi, l’economia mondiale tiene bene, l’inflazione è sotto controllo, le banche centrali applicano una politica largheggiante, gli utili crescono e molti governi hanno avviato una fase di espansione fiscale. Il principale punto interrogativo è e rimane la politica commerciale di Donald Trump. Ma in questo ambito non è possibile fare delle previsioni.
In questo contesto la Borsa svizzera è in una fase attendista. Dopo essere partita a inizio anno da una base di 11.400 punti circa, è salita a 13 mila punti in marzo, per poi ripiombare al livello di inizio anno e recuperare in seguito buona parte del terreno (ieri si situava a 11.930 punti circa). E ormai da tre mesi veleggia a questi livelli.
Dal canto suo la moneta svizzera è sempre forte: ieri in giornata occorrevano 0,9352 franchi per acquistare un euro e 0,7970 per un dollaro.
Il quadro generale è buono
E ora? A livello di mercati cosa può succedere? Le variabili in campo sono numerose. Ne abbiamo parlato con Mario Cribari, partner e responsabile della strategia di investimento di BlueStar Investment Managers a Lugano. «Il quadro generale è buono - spiega - perché si partiva già da una situazione molto positiva a inizio anno e quindi la tendenza era favorevole anche prima che Trump intervenisse con la questione dei dazi».
«Poi - aggiunge - tra aprile e maggio è subentrato il timore che gli Stati Uniti potessero entrare in recessione a causa della guerra commerciale. Inoltre, era uscito il dato del PIL americano del primo trimestre, che è stato negativo (-0,5%) e che aveva alimentato le paure di recessione. Tuttavia, successivamente si è capito che si trattava per lo più di una contrazione tecnica, legata al fatto che molte aziende avevano anticipato le importazioni per timore di un’escalation dei dazi. Così, al netto di questa anomalia statistica, è emerso che lo stato dell’economia americana è ancora piuttosto solido. Ecco perché dico che lo scenario economico negli Stati Uniti è positivo».
Inflazione in calo
«Anche sul fronte dell’inflazione - precisa - gli ultimi dati confermano una tendenza in diminuzione. Quindi negli USA l’economia è robusta e l’inflazione è sotto controllo. Quindi tutto sommato i fondamentali dell’economia americana sono buoni».
Allargando l’obiettivo, anche il resto del mondo presenta un quadro positivo. «La Cina - nota - è in fase di espansione economica, grazie a numerosi stimoli governativi sia fiscali, sia monetari. E anche in Europa lo scenario è simile: le banche centrali sono da mesi in modalità espansiva, con tagli dei tassi. E questo vale anche per la Svizzera, come sappiamo. Inoltre, come reazione alle minacce di Trump e grazie alla consapevolezza crescente che gli Stati Uniti non sono più un alleato così affidabile, anche i governi europei hanno cominciato ad aprire un po’ il portafoglio. La Germania, ad esempio, ha allentato il suo vincolo sul debito pubblico, aumentando la spesa, inclusa quella per la difesa. Così, se sommiamo la politica monetaria espansiva della BCE con questa ritrovata apertura fiscale, le prospettive per l’economia europea sono buone».
Per il nostro Paese, invece, il discorso è un po’ diverso.
«La Svizzera, invece, è un po’ un caso a parte. La Banca nazionale ha adottato una politica monetaria espansiva e si parla addirittura di tassi negativi. Tuttavia all’appello manca, ancora una volta, la leva fiscale: il vincolo di bilancio resta molto stringente e viene mantenuto da anni. Per questo motivo la Svizzera parte da una situazione di vivacità e interventismo inferiore rispetto all’Europa e ciò si riflette in un franco che continua a essere fortemente sopravvalutato, che penalizza l’economia».
Nessun cambiamento in vista
«A questo si aggiunge - illustra - il carattere difensivo della Borsa svizzera, con il peso del settore farmaceutico che da qualche tempo è in difficoltà. Tutti questi fattori messi insieme fanno sì che Zurigo, al momento, non sia tra i mercati più brillanti. E le previsioni, purtroppo, non sono particolarmente positive. Non vedo grandi cambiamenti all’orizzonte. È chiaro che se le Borse mondiali salgono, anche Zurigo seguirà, ma oggi non è certo uno dei listini più attraenti».
Difficile un accordo con Trump
«Senza contare che sui dazi e sugli accordi commerciali con gli Stati Uniti la Svizzera non sembra in una posizione favorevole. Per questo non sono molto ottimista sulle prospettive di un accordo con Trump. Così il franco resterà forte e non vedo come potrebbe svalutarsi, anche se sarebbe auspicabile. La BNS rema controvento, perché da sola non può invertire la tendenza: serve un intervento della politica fiscale, che però non c’è».
«Se si aumentasse la spesa pubblica e si accettasse un po’ più di debito - conclude Mario Cribari - il franco si indebolirebbe e potremmo uscire dall’impasse dei tassi negativi. Oggi la Svizzera è talmente virtuosa da essere al limite del martirio. Io credo che un aumento della spesa possa essere positivo, perché i tassi non esploderebbero e così si eviterebbe il rischio che tornino in territorio negativo».