Finanza

Credit Suisse, l’integrazione richiederà ancora molto tempo

Un anno fa il Consiglio federale decideva l’acquisto da parte di UBS – Nasceva così una «super- banca» – Natalia Ferrara (ASIB): «Per ora i tagli occupazionali sono limitati, ma ci vorranno anni per avere il bilancio finale»
© KEYSTONE / MICHAEL BUHOLZER
Roberto Giannetti
20.03.2024 14:24

È passato un anno dal «salvataggio » del Credit Suisse. In una domenica al cardiopalmo, il 19 marzo 2023, il Consiglio federale annunciò un piano che prevedeva l’acquisizione del secondo istituto elvetico da parte di UBS, il primo in classifica, mettendo sul tavolo anche enormi garanzie statali, per un totale di 259 miliardi di franchi. La vicenda non si è ancora conclusa, visto che l’integrazione è in corso e ci sono anche delle azioni giudiziarie da parte dei detentori di obbligazioni AT1, che si sono visti azzerare il loro investimento.

Uno degli aspetti più importanti è quello occupazionale, visto che il Credit Suisse in Svizzera impiegava oltre 30 mila persone. Il bilancio finale dei tagli non è ancora noto e molto probabilmente non lo sarà ancora per alcuni anni. «Non è come utilizzare un foglio Excel», aveva detto Sergio Ermotti, CEO di UBS, in una intervista al Corriere del Ticino.

«Ci vuole tempo»

Come sta andando l’integrazione dal punto di vista occupazionale? Per il momento esiste un impegno da parte di UBS, che finora è stato rispettato, di tagliare al massimo 3.000 posti in Svizzera sull’arco di diversi anni. Ma cosa possiamo ancora aspettarci? Lo abbiamo chiesto a Natalia Ferrara, direttrice nazionale dell’Associazione svizzera degli impiegati di banca (ASIB). «Le nostre trattative con UBS spiega - sono il risultato di un partenariato sociale che per fortuna di solito in Svizzera funziona. Noi, come associazione impiegati di banca, fin dal primo giorno abbiamo avanzato le nostre richieste e chiaramente la prima era di salvaguardare il più possibile i posti di lavoro».

Si può trarre un bilancio su quanto successo? «È troppo presto - risponde -. Potremo fare un bilancio solo alla fine dell’integrazione, perché ora siamo all’inizio di un lungo processo che durerà anni. Ci vorrà molto tempo anche per capire come sta andando il trasferimento della clientela fra le due banche, visto che l’obiettivo è di integrare il Credit Suisse in UBS mantenendo più clienti possibili del Credit Suisse. Sarà questo alla fine dei conti a determinare quanti posti di lavoro avrà in Svizzera la nuova grande UBS».

Molte partenze spontanee

«Comunque - prosegue - è un dato di fatto che dal Credit Suisse finora ci sono state molte partenze spontanee in tutto il mondo e non solo in Svizzera e c’è stata un’uscita di decine di miliardi di franchi di patrimoni legata a queste partenze. Ma circa 37 mila lavoratori in Svizzera sono rimasti nel Credit Suisse, perché credono nel progetto della grande banca e vogliono dimostrare che è possibile».

La nuova grande UBS ormai è salpata. Ma non tutti i dubbi sono stati fugati. Secondo Teodoro Cocca, professore di economia all’Università di Linz (Austria) e al Swiss Finance Institute (SFI) di Zurigo, il giorno che UBS si troverà in difficoltà non ci sarà più alcuna banca elvetica in grado di aiutarla: il Governo svizzero si troverà così a negoziare con una superpotenza, per cui di fatto le decisioni saranno prese a Washington.

Se UBS dovrà essere salvata, è improbabile che un cosiddetto cavaliere bianco sarà alle porte, afferma il 52.enne in un contributo su Finews.ch. L’istituto oggi guidato da Sergio Ermotti si era infatti preparato per mesi a quel momento e sapeva esattamente quali impegni voleva dalle autorità per concludere l’affare.

La prossima volta se le trattative saranno possibili solo con banche meno preparate le autorità svizzere potrebbero dover fornire garanzie di rischio ancora maggiori per attirare i potenziali salvatori. «In tal caso, ci si potrebbe addirittura trovare nella situazione di dover decidere su un’assunzione di rischio statale completa entro 48 ore», afferma lo specialista.

Quale cavaliere bianco?

Ciò solleva fra l’altro la questione di chi debba o possa effettivamente prendere una decisione così importante in un lasso di tempo molto breve e sulla base di quali informazioni: va infatti tenuto conto di aspetti quali i rischi legali latenti o il problema della valutazione dei derivati. La prossima volta il cavaliere bianco per una UBS in crisi non sarà di certo una banca elvetica, sostiene l’esperto. «Nessuna delle altre banche svizzere sarebbe in grado anche solo lontanamente di rilevare un’impresa delle dimensioni di UBS: questo cambia parecchio la situazione », conclude.