Finanza

Dal Paris Saint-Germain alla Juve: le cripto sono nel calcio che conta

Il club francese, fresco campione in Champions League, ha ufficializzato di aver convertito in Bitcoin parte delle sue riserve - E Paolo Ardoino, CEO di Tether (ben nota a Lugano), chiede un maggior coinvolgimento nella società bianconera - È già iniziata una nuova era
©EPA/ALESSIO MARINI
Stefano Olivari
17.06.2025 06:00

Nel calcio esistono poche certezze e nella finanza digitale ancora meno: ha quindi senso che questi due mondi abbiano trovato una sintesi nel Paris Saint-Germain che ha vinto la sua prima Champions League battendo 5-0 l’Inter nella finale di Monaco. E da poco il PSG ha ufficializzato, primo club al mondo a farlo, di avere convertito in Bitcoin parte delle sue riserve. Ma i rapporti fra calcio e finanza digitale vanno al di là degli annunci, visto che tanti investitori, soprattutto statunitensi, sono convinti che lo sport abbia un potenziale finanziario ancora inesplorato. Traduzione: sono ancora pochi, in proporzione al proprio coinvolgimento emotivo, i soldi che tifosi e appassionati tirano fuori.

Marketing PSG

L’inserimento della criptovaluta nel bilancio del PSG è stato rivelato alla Bitcoin 2025 Conference di Las Vegas da Par Helgosson, responsabile di PSG Labs, cioè la divisione del PSG che si occupa di tecnologia e venture capital. Un inserimento peraltro avvenuto già l’anno scorso, come asset strategico e non sottoforma di fan token o NFT facendo credere ai tifosi di avere vantaggi o privilegi. Cifre vicine ai 13 milioni di dollari: briciole per chi ha bruciato miliardi, ma ci sono club di Europa League con un monte ingaggi inferiore. In teoria una società dal 2011 di proprietà dello stato del Qatar attraverso la QSI non avrebbe alcun motivo di avere riserve in Bitcoin, infatti è tutto marketing come ha confermato lo stesso Helgosson spiegando che l’80% dei tifosi del PSG ha meno di 34 anni e che proprio per questo il club sosterrà il mondo crypto e i progetti imprenditoriali collegati alla blockchain. Pensando agli incidenti avvenuti a Parigi e in altre città francesi dopo la finale di Champions viene difficile pensare che nelle banlieu tutti si trasformino in investitori digitali, più facile che il PSG voglia apporre il proprio bollino di credibilità a diverse crypto-iniziative, visto che il loro successo è spesso legato a marchi o personaggi famosi. Del resto proprio Helgosson ha sostenuto che i Bitcoin facciano parte di un immaginario e di un lifestyle che il PSG vuole intercettare.

Emozioni in vendita

Il PSG non è certo l’unico club calcistico ad aver esplorato il potenziale delle criptovalute, perché negli ultimi anni sono stati tanti quelli che hanno provato a fare i ‘moderni’. Ad esempio piattaforme come Socios e Chiliz hanno permesso a Juventus, Inter, Milan, Barcellona, Manchester City e Arsenal di lanciare fan token, che danno agli acquirenti-tifosi diritti su questioni marginali (tipo partecipazione a sondaggi o a eventi) e che hanno comunque un valore, con meccanismi simili a quelli del collezionismo. Liverpool, Real Madrid e Bayern Monaco hanno lanciato vere e proprie collezioni di NFT, in collaborazione con piattaforme come Crypto.com, e con gli esempi si potrebbe andare avanti a lungo: l’idea di fondo è quella di vendere emozioni e coinvolgimento virtuale. Quando i soldi li devono prendere i club però gradiscono che siano di tipo tradizionale, sotto l’ombrello delle vituperate banche centrali, come accade con le sponsorizzazioni crypto, che nel calcio rispetto al 2020, quando il PSG arrivò in finale di Champions per la prima volta, sono cresciute di oltre il 70%. Club come il Manchester United con Tezos, il Chelsea con Amber Group e l’Atletico Madrid con WhaleFin non hanno fatto gli schizzinosi.

La Juventus di Tether

Il primo grande club calcistico a essere identificato con una criptovaluta non è comunque il PSG, ma la Juventus, che ieri ha annunciato la sua partnership triennale con WhiteBIT, piattaforma per scambio di criptovalute: il logo comparirà sulle maniche juventine già dal Mondiale per club appena iniziato. Una Juventus il cui secondo azionista, dietro a Exor (cioè gli Elkann-Agnelli) che ha il 65,4% del capitale sociale, è Tether Investments con il 10,12% e con chiare ambizioni di salire, se le sarà consentito. Una storia recente visto che Tether è entrata nel capitale della Juventus lo scorso 10 febbraio, con un primo acquisto dell’8,2%, valutato circa 75 milioni di euro, diventati poi 90 con ulteriori operazioni. Poca cosa per Tether, che è la società che emette USDT, cioè la stablecoin più utilizzata al mondo, con una capitalizzazione (teorica, visto che non è quotata in Borsa) di mercato di oltre 140 miliardi di dollari e circa 400 milioni utenti (dichiarati), e un ultimo esercizio chiuso con un profitto netto di 14 miliardi di dollari. Una società che ha come personaggi chiave due italiani e juventini come Giancarlo Devasini, ex chirurgo plastico ma anche fondatore e maggiore azionista, e il più mediatico Paolo Ardoino, il CEO che si è inventato lo slogan «Make Juventus Great Again» e che qualche giorno fa si è lamentato via social network del trattamento ricevuto dall’azionista di maggioranza: «Da quando Tether ha annunciato il suo investimento in Juventus, e soprattutto nei giorni scorsi, a seguito delle frustrazioni crescenti dei tifosi sullo stato attuale della squadra, tanti di voi mi hanno chiesto quando Tether caccerà il grano per sostenere la Juventus, acquistare nuovi giocatori, etc... Tether non vede l’ora di poter partecipare alla crescita ed al futuro della squadra. Ma ad oggi la società non ha nemmeno permesso a Tether di partecipare all’aumento di capitale annunciato un mese fa (circa 15-110M). Semplicemente non possiamo contribuire se non ci è permesso dalla società». Non è più una curiosità il rapporto di Tether con Lugano, iniziato nel 2022 con il Plan B di cui più volte il Corriere del Ticino ha parlato, con l’obiettivo di fare del Canton Ticino la terra promessa della blockchain.

USA e getta

Come al solito gli Stati Uniti sono un mondo a parte, visto che lo sport USA sfrutta i fan token meno di quello europeo mentre invece considera le criptovalute monete serie, al punto che qualche squadra NBA ha provato a pagare parte degli ingaggi in Bitcoin. Nel 2021 fece scalpore il tentativo dei Sacramento Kings, i cui biglietti si possono pagare in criptovaluta dal 2014, con risposta gelida da parte di molti giocatori. Infinite le sponsorizzazioni, trainate dai vari Crypto.com, Kraken, Bitpanda e OKX. In particolare Crypto.com ha acquisito i naming rights dello Staples Center di Los Angeles, casa dei Lakers di LeBron James e Doncic, ribattezzato Crypto.com Arena: solo una parte degli investimenti in immagine di un’azienda che fra le mille cose sponsorizza anche le revisioni VAR della Serie A italiana (!) e la Mercedes di Formula 1. Forse non finirà male come FTX, che prima del fallimento nel 2022 aveva investito sui Miami Heat, sulla Major League di baseball e anche sul Super Bowl. Sulla NBA ha puntato anche Coinbase ed è inutile proseguire con un elenco che arriva fino a college sconosciuti, che da un anno, da quando è iniziata l’era NIL (in pratica gli atleti vengono pagati sottoforma di diritti di immagine), maneggiano cifre incredibili. Scontato poi l’utilizzo delle criptovalute per bookmaker e esports, con la seconda presidenza Trump a dare accelerazione un po’ a tutte, in particolare a quelle legate al dollaro come la citata Tether. Una nuova era è iniziata ed è già chiaro chi pagherà il conto.