Camera di commercio

Digitalizzazione, le imprese non lesinano sul personale

La trasformazione tecnologica legata all’intelligenza artificiale non è vista dalle aziende ticinesi come un modo per sostituire le loro maestranze con le macchine – Servono però figure professionali adatte ai tempi
È un processo avviato che proseguirà nel tempo. ©Keystone/Beutler
Generoso Chiaradonna
19.12.2023 06:00

Non passa giorno in cui non si parli di digitalizzazione e di intelligenza artificiale e delle possibili ripercussioni economiche. Tra articoli di stampa, proposte di regolamentazione internazionale, timori apocalittici da una parte e visioni di un futuro tutto robot e lavoro come modalità per occupare il tempo libero di un’umanità non più costretta alla fatica fisica dall’altra, si corre il rischio di perdere di vista la realtà. Ci ha pensato la tradizionale inchiesta congiunturale 2023-2024 della Camera di commercio del Cantone Ticino (Cc-Ti) - realizzata in contemporanea con le Camere consorelle della Romandia - a cercare di capire quanto le imprese del territorio si stiano preparando al cambiamento tecnologico. Dal rapporto - spiega Luca Albertoni, direttore della Cc-Ti «si constata come praticamente tutte le aziende interpellate investano su questa trasformazione, sebbene la percentuale degli investimenti totali rappresenti una parte abbastanza contenuta per il 64% di esse (massimo 15%)». Gli investimenti risultano leggermente superiori nel settore terziario rispetto al secondario».

Fra i vantaggi della trasformazione digitale, nelle risposte spiccano la semplificazione dei compiti (73%) e il miglioramento della produttività (58%). Seguono lo sviluppo di nuovi prodotti e servizi (29%) e la riduzione dei costi di produzione (20%). I limiti della digitalizzazione sono invece individuati nella difficoltà a integrare la tecnologia nell’attività (47%), nei costi di investimento (43%) e nella difficoltà dei dipendenti di familiarizzare con il sistema (33%), elemento quest’ultimo che chiama quindi in causa anche il tema della formazione, di base o continua.

L’inchiesta congiunturale è svolta ogni anno su un campione rappresentativo della struttura economica ticinese: 305 imprese associate alla Cc-Ti- che impiegano oltre 18.500 dipendenti, suddivise tra industria e artigianato (88) e commercio e servizi (217).

La digitalizzazione, continua ancora Albertoni, «non è vista come opportunità per sopperire alla carenza di manodopera dal 71% delle risposte, il che evidenzia come il fattore umano resti per ora decisivo». «Per contro, la trasformazione è considerata dal 70% come opportunità per migliorare la posizione competitiva», si precisa. L’utilizzo di strumenti di intelligenza artificiale come ChatGPT è però ancora limitato. L’uso sistematico nel contesto aziendale viene rilevato solo dal 23% delle aziende interpellate (24% nel terziario, 20% nel secondario, 30% nelle aziende medio-grandi) e soprattutto nell’ambito del marketing (70%), nella digitalizzazione del prodotto/servizio (31%), nell’applicazione nei processi produzione e nella logistica (31%) e nell’organizzazione (finanze, risorse umane, 24%).

Per agevolare il processo, il 53% delle aziende sentite ritiene che lo Stato dovrebbe prevedere incentivi fiscali per gli investimenti nel digitale e prevedere un maggiore sostegno all’innovazione (45%), anche nel senso di creare e mantenere condizioni generali idonee all’imprenditorialità. Lo sviluppo dell’infrastruttura è pure considerato un elemento impostante dal 29% delle risposte e lo sviluppo dei corsi di informatica viene citato dal 28%. Ma anche la formazione professionale pubblica dovrà occuparsi del tema sempre di più in futuro con apprendistati mirati come dell’esperto in digital business. «Una figura professionale che sta tra l’informatico e l’economista aziendale», spiega da parte sua Michele Merazzi, vicedirettore della Cc-Ti che anticipa che i primi quattro apprendisti sono già in formazione grazie anche alla rapida e buona collaborazione con la Divisione della formazione professionale del DECS.

Le aziende non vedono nero

Dal punto di vista congiunturale, le aspettative e la retrospettiva delle imprese ticinesi non si discostano rispetto alla media degli anni scorsi: sostanziale stabilità degli affari e dell’occupazione nonostante il contesto difficile per il 2023 (costi energetici, conflitti geopolitici che condizionano le scelte di mercato). Luca Albertoni non nasconde che «il franco forte e soprattutto le difficoltà economiche della Germania, primo mercato svizzero, si stanno facendo sentire e condizioneranno le prospettive almeno del prossimo semestre». «La struttura produttiva ticinese è però ben diversificata e ha imparato a reagire in modo rapido ai cambiamenti, anche del tasso di cambio e questo soprattutto per le imprese orientate all’export».

Eppure mancheranno 83 mila dipendenti

L’industria delle macchine, elettrotecnica e metallurgica (MEM) si sta dirigendo verso un periodo di grave carenza di manodopera. Entro il 2031 sarà necessario assumere circa 83 mila nuovi collaboratori, pari al 29% della forza lavoro attuale, indica l’istituto di ricerca economica BAK Economics. Alla base dell’elevato bisogno di personale vi sono l’espansione produttiva e i prossimi pensionamenti. Per fronteggiare il fenomeno, il BAK nel suo Skilled Labour Monitor (monitor della manodopera qualificata) varie vie: aggiornamento professionale, pensionamento posticipato, digitalizzazione e immigrazione.