La crisi di fiducia

È Deutsche Bank l'anello debole finito nel mirino dei mercati

Le turbolenze finanziarie non abbandono le banche europee - Gli investitori, nonostante le rassicurazioni delle autorità di regolamentazione, temono che la tempesta non sia terminata
©ARMANDO BABANI
Red. Economia
24.03.2023 20:30

Le banche in profondo rosso (-4,2% l’Euro Stoxx 600 di settore), con Deutsche Bank nel mirino, hanno tenuto in scacco le Borse europee. Gli indici, vittime dell’ansia sulla tenuta del sistema finanziario, hanno chiuso la settimana in netto ribasso, pur riducendo i cali rispetto ai minimi della sessione: Milano ha ceduto il 2,23%, Parigi l’1,74%, Francoforte l’1,66%, Londra l’1,26%, Madrid l’1,98% e Amsterdam l’1,58%.

Gli investitori, nonostante le «corsa alla rassicurazione» di autorità di regolamentazione, istituzioni e Governi, sono andati a caccia degli anelli deboli della catena. È successo negli Stati Uniti - dove traballano altri istituti di credito come Comerica e Keyport e la segretaria al Tesoro Janet Yellen ha convocato una riunione di urgenza del Consiglio di supervisione sulla stabilità finanziaria - e in Europa, dove sotto tiro sono finite appunto Deutsche Bank (-8,6%), che riscatterà in anticipo i titoli Tier 2 subordinati da 1,5 miliardi di dollari a tasso fisso con scadenza al 2028, e due altre banche tedesche, che non rimborseranno i titoli AT1 (quelle costate 16 miliardi agli obbligazionisti di Credit Suisse, ndr) che avevano l’opzione «call» in arrivo: una scelta a discrezione degli istituti ma che sorprende il mercato perché continuando a tenere in vita quei titoli gli istituti dovranno riconoscere ai possessori rendimenti nettamente più elevati. Il cancelliere tedesco Olaf Scholz ha comunque voluto ribadire la stabilità di Deutsche Bank e dell’intero sistema bancario ma le sue parole non hanno sopito il malumore delle piazze finanziarie.

Nel corso dell’Eurosummit - cioè l’incontro dei capi di stato o di governo dei venti stati membri della zona euro - svoltosi oggi a Bruxelles i partecipanti hanno chiesto e ottenuto rassicurazioni alla presidente della Banca centrale europea (BCE) Christine Lagarde sulla solidità delle banche dell’Eurozona, soprattutto rispetto al possibile impatto della crisi di Silicon Valley Bank (SVB) e di Credit Suisse (CS).

Dopo la presentazione delle ultime decisioni sulla politica monetaria, spiegano fonti a conoscenza dei lavori, per circa un’ora e mezza l’ex ministra francese ha risposto alle domande dei venti capi di stato e di governo su un eventuale rischio sistemico innescato dalle vicende legate a SVB e CS.

La politica federale si interroga

Il «terremoto» causato dal salvataggio di Credit Suisse ha messo in subbuglio il mondo politico che vuole vederci più chiaro su quanto accaduto: entro metà maggio, la Commissione della gestione del Consiglio degli Stati intende chiarire varie questioni circa l’esecuzione della legislazione vigente, la vigilanza sulle banche interessate, l’esame di soluzioni alternative nonché l’applicazione del diritto di necessità e la gestione dei rischi da parte della Confederazione.

Per compiere questo esame, la Commissione ha incaricato le sue sottocommissioni tematiche competenti di procedere a primi accertamenti e di informare sui risultati la commissione plenaria entro l’inizio di maggio 2023, specifica una nota dei servizi parlamentari. Inoltre, ha deciso di sentire, in occasione delle sedute plenarie comuni con l'omologa commissione del Nazionale previste per l'8-9 e il 15 maggio i capi dei Dipartimenti interessati (ossia finanze nonché giustizia e polizia) come pure l'Autorità federale di vigilanza sui mercati finanziari (Finma) e la Banca nazionale svizzera. Sulla base dei risultati che emergeranno nei due rami del Parlamento, si deciderà presumibilmente verso metà maggio sul seguito della procedura e sulla sua posizione in merito a una possibile commissione parlamentare d’inchiesta.

Intanto, la Commissione degli affari giuridici del Nazionale chiede un'analisi legale al fine di accertare eventuali responsabilità dei precedenti e attuali organi direttivi di Credit Suisse, dal punto di vista dello Stato e dei privati. Due altri postulati, precisa una nota dei servizi parlamentari, domandano al Consiglio federale di esaminare le basi legali e i limiti del diritto di necessità e l'applicabilità effettiva della normativa «too big to fail».

«Rischi esigui per le finanze»

Il rischio che la Confederazione sia chiamata alla cassa per la garanzia concessa al Credit Suisse - 109 miliardi di franchi in totale - «è molto esiguo». Lo hanno dichiarato rappresentanti del Dipartimento federale delle finanze (DFF) ai membri della Commissione delle finanze del Consiglio degli Stati che è stata informata dalla consigliera federale Karin Keller-Sutter su quanto accaduto: quest’ultima era accompagnata da collaboratori della Finma, dal direttore della ComCo e dal professor Aymo Brunetti (tra i padri della legislazione «too big tio fail», n.d.r). Tale seduta ha consentito alla commissione parlamentare di comprendere la posta in gioco e le conseguenze, in particolare quelle a livello nazionale e internazionale in caso di fallimento della banca. La commissione ha poi discusso dei due crediti urgenti a titolo di garanzia pari a 109 miliardi di franchi che le saranno sottoposti a breve, dicendosi preoccupata per gli importi in gioco che superano il bilancio federale annuale (pari a circa 80 miliardi). Per l'occasione, però, i rappresentanti del DFF hanno precisato «che il rischio finanziario di un esborso effettivo da parte della Confederazione è molto esiguo».

Petizione contro i licenziamenti

Blocco dei licenziamenti sino alla fine del 2023: è quanto chiede una petizione lanciata dall’Associazione svizzera degli impiegati di banca (ASIB) dopo l’annuncio dell’acquisizione di Credit Suisse da parte di UBS. Le direzioni dei due istituti devono evitare di rescindere i contratti di lavoro con i dipendenti «in modo avventato e frettoloso», afferma l’organizzazione in un comunicato. L’incertezza fra gli impiegati, sia di Credit Suisse sia di UBS è enorme.