L'analisi

Ermotti: «Tre scenari per i dazi e per la crescita internazionale»

Al momento l’ipotesi più probabile è che l’iniziativa USA porti a tariffe medie attorno al 15%, assorbibili nei prossimi anni – Se alla fine le nuove barriere commerciali dovessero invece essere più elevate, sarebbero nettamente maggiori i rischi di recessione
©URS FLUEELER
Lino Terlizzi
Lino Terlizzi
25.05.2025 23:45

Sergio Ermotti, CEO di UBS Group, è intervenuto a Zurigo a un evento organizzato in occasione dell’Assemblea generale della Camera di commercio italiana per la Svizzera. Durante l’evento lo abbiamo intervistato, ponendogli domande sia sul panorama internazionale sia sul quadro svizzero. Oltre che del settore bancario e delle strategie di UBS (vedi CdT del 23 maggio), il top manager ticinese ha quindi parlato ampiamente anche dei contrasti nei commerci mondiali, degli scenari possibili per i dazi e per l’economia internazionale, dei riflessi eventuali di questa guerra dei dazi sulla Svizzera e dell’andamento della crescita economica elvetica.

Le cifre

Per i commerci globali Ermotti vede in prospettiva tre possibili scenari, con gradi di probabilità abbastanza diversi tra loro. «Con le iniziative del presidente americano Trump sui dazi - dice il CEO di UBS Group - ha trovato conferma un cambiamento di paradigma, che in parte era atteso. Per quel che riguarda in particolare le relazioni con la Cina, negli Stati Uniti era già stata più volte sottolineata in passato, in modalità bipartisan, la necessità di ricalibrarle. Trump ha poi agito con il suo metodo, nei dazi verso il resto del mondo come in altri capitoli. Guardando avanti, si può attribuire il 60% di probabilità a uno scenario in cui i dazi medi saranno attorno al 15%, con alcuni settori, tra i quali quello dell’auto, in cui la percentuale potrebbe essere del 20-25%; i dazi verso la Cina dovrebbero essere più alti, del 30-40% in questo scenario. Se questo fosse il quadro, questi pur non facili cambiamenti potrebbero essere comunque metabolizzati nei prossimi anni».

Se il primo scenario potrebbe dunque essere nel complesso gradualmente digerito dall’economia globale, il secondo scenario potrebbe creare invece maggiori preoccupazioni. «Si può dare il 30-35% di probabilità - spiega Ermotti - a una media complessiva dei dazi più alta, per intenderci del 20-25%, con la Cina sempre con una percentuale maggiore rispetto ad altre aree, pari al 50% circa. In questo caso potrebbe salire nettamente il rischio che il rallentamento economico peggiori sino a diventare recessione o stagflazione (mancanza di crescita economica unita a inflazione più alta, ndr)».

Il terzo scenario, infine, è meno preoccupante, anche se al momento non parrebbe avere grandissime possibilità di concretizzazione, salvo colpi di scena, peraltro sempre possibili con Trump, nel percorso dei negoziati. «Si può attribuire un 5-10% di probabilità - aggiunge Ermotti - a una media complessiva dei dazi che rimanga attorno al 10%. Si tratterebbe di un quadro per alcuni aspetti più equilibrato rispetto ad altri, in cui potrebbero convivere l’esigenza degli Stati Uniti di ridurre il loro deficit commerciale e l’esigenza di crescita dell’economia mondiale nel suo complesso».

I mercati finanziari

Difficile ora dire se la spirale dei dazi USA e dei controdazi degli altri Paesi rimarrà contenuta, anche grazie ai negoziati in corso, o se i contrasti nei commerci resteranno invece acuti. «In ogni caso - afferma il CEO di UBS Group - bisogna considerare anche la salvaguardia fornita di fatto dai mercati finanziari, che come si è già visto danno chiari segnali quando si va troppo in là con i contrasti. Le Borse ad esempio sono chiaramente cadute, a partire da quella americana, quando i dazi annunciati erano molti alti e sono invece risalite quando ci sono stati sospensioni dei dazi e negoziati tra gli Stati Uniti e diversi Paesi. Anche i titoli di Stato americani hanno subito turbolenze, in particolare nei momenti in cui i conflitti nei commerci si sono fatti più intensi. Credo che tutti debbano tenere conto anche delle reazioni dei mercati finanziari».

La Svizzera

In tutto questo, la Svizzera ha mantenuto sin qui la sua resilienza. La Confederazione ha da tempo un PIL pro capite alto e non può quindi avere crescite economiche annue molto ampie, ma si è difesa, rimanendo in territorio di crescita, anche navigando in acque agitate. «È vero che la Svizzera ha la sua forza - afferma Ermotti - e che al tempo stesso ha il limite di non poter crescere annualmente più di quel tanto. La Svizzera tende, ancor più nei periodi di crisi, ad essere più resiliente di altri, ma non bisogna scordare che anche il nostro Paese è passato da fasi di difficoltà, occorre sempre tenerlo presente. Per quel che riguarda i dazi americani, penso che negoziando la Svizzera alla fine potrebbe assorbirli in modo tutto sommato accettabile. Ciò che non potrebbe assorbire in modo altrettanto accettabile sarebbe invece una ampia escalation di dazi tra Stati Uniti ed Europa, con contrasti forti e prolungati tra due aree così importanti per le relazioni economiche».

Discesa nel segno negativo per Stati Uniti e Giappone, sostanziale tenuta per l’Unione europea e il Canada, accelerazione per il Regno Unito. È quanto emerge dai dati dell’OCSE (Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico) sulla crescita del Prodotto interno lordo (PIL) nel primo trimestre del 2025 rispetto ai tre mesi precedenti, dati relativi ad alcune delle maggiori economie. Le cifre comprendono sia la crescita sul trimestre precedente, sia la crescita in rapporto a un anno prima. Cominciamo dalle prime, quelle del primo trimestre del 2025 rispetto all’ultimo trimestre del 2024. L’area OCSE, che raggruppa 38 Paesi Svizzera inclusa, nel suo complesso ha registrato un aumento trimestrale del PIL pari allo 0,1%, in rallentamento. Gli Stati Uniti sono scesi in territorio negativo, con un -0,1%, e lo stesso dicasi per il Giappone, con un -0,2%. Anche l’OCSE, come altre istituzioni economiche, fa notare che il segno negativo degli USA è legato soprattutto a un balzo dell’import, dovuto all’intenzione di imprese e consumatori USA di anticipare l’entrata in vigore dei nuovi dazi voluti dall’Amministrazione Trump. L’Unione europea è rimasta invece in zona crescita, con uno 0,3%; stessa percentuale per la sola Eurozona, che ha accelerato leggermente. Il Canada si è attestato allo 0,4%, il Regno Unito ha accelerato nettamente e ha registrato uno 0,7%. Per quel che riguarda le tre maggiori economie dell’Unione europea, il segno è moderatamente positivo. La Germania è uscita dal precedente segno negativo ed è approdata allo 0,2%; la Francia pure ha lasciato il segno negativo e si è attestata allo 0,1%; l’Italia ha leggermente migliorato la sua crescita trimestrale, con uno 0,3%. Passando alle cifre della crescita nel primo trimestre del 2025 in rapporto allo stesso periodo del 2024, dunque su una base annua, la fotografia cambia. L’’OCSE nel suo complesso ha registrato un 1,6%, in rallentamento. Gli Stati Uniti hanno registrato un 2%, pure in rallentamento, il Giappone ha invece accelerato con il suo 1,6%. L’Unione europea ha mantenuto il suo 1,4% e lo stesso dicasi, al suo interno, per l’Eurozona con il suo 1,2%. Il Canada ha rallentato poco e ha registrato un buon 2,3%. Per quel che riguarda le tre maggiori economie dell’UE, solo la Germania ha registrato il segno negativo, con un -0,2%; la Francia ha mantenuto il suo 0,8% e l’Italia ha avuto un lieve miglioramento con il suo 0,6%. Le cifre su base annua rappresentano meglio la tendenza di fondo, quelle su base trimestrale indicano meglio i movimenti più recenti. Va ricordato che la stessa OCSE nel marzo scorso aveva pubblicato stime per l’intero 2025 che indicavano una crescita mondiale leggermente inferiore a quella delle previsioni precedenti. Per l’esattezza, la crescita globale annua veniva vista al 3,1% e non più al 3,3%. Per gli Stati Uniti, la stima di marzo per l’intero 2025 era 2,2%, per il Giappone 1,1%; per l’Eurozona era 1%, per il Canada 0,7%, per il Regno Unito 1,4%. Per quel che concerne le tre maggiori economie dell’UE, le previsioni erano 0,4% per la Germania, 0,8% per la Francia, 0,7% per l’Italia. I dati del secondo trimestre del 2025, che sta registrando un’alternanza continua di spiragli e peggioramenti sui contrasti nei commerci, diranno meglio se questa direzione di marcia individuata dall’OCSE potrà essere confermata oppure no. Sul versante della Svizzera, bisogna ricordare che la Segreteria di Stato dell’economia (SECO) ha pubblicato una stima flash sul PIL elvetico, visto in aumento dello 0,7% rispetto al trimestre precedente. All’inizio di giugno verrà diffusa la stima definitiva. Assumendo che quest’ultima non sia molto diversa, si può dire che la crescita svizzera trimestrale per ora si piazza ancora bene, considerando il contesto internazionale. Nel marzo scorso la SECO ha pubblicato le sue previsioni sulla crescita annua elvetica, che nello scenario di base erano, al netto degli eventi sportivi, di 1,4% nel 2025 e di 1,6% nel 2026.