Leadership

«Essere compassionevoli è utile anche ai manager»

Secondo la Ven. Thubchen Dechen, monaca buddista e formatrice aziendale, i dirigenti possono utilizzare competenze di intelligenza emotiva per migliorare l'armonia in azienda
Per i manager è importante acquisire competenze legate all’intelligenza emotiva. ©SHUTTERSTOCK
Roberto Giannetti
19.11.2025 00:00

I manager sono sempre più sotto pressione. Necessitano di competenze organizzative e tecniche a cui si aggiungono ora anche competenze di empatia (intelligenza emotiva). E come poter migliorare i rapporti umani, utilizzando anche termini come «consapevolezza» e «compassione»? Ne abbiamo parlato con la Ven. Thubten Dechen, monaca buddista e insegnante FPMT, laureata in giurisprudenza.

Dopo un’esperienza nell’investment banking, Thubten Dechen ha guidato programmi umanitari in Asia e Africa. Inoltre è formata come life coach e ha seguito corsi in psicologia positiva a Yale, Harvard e Berkeley. La Ven. Thubten Dechen, sarà presente il 28 e 29 novembre in Ticino per un seminario sul tema «Self-care & Team-care: il vantaggio competitivo invisibile. Leadership consapevole tra benessere, relazione e performance», organizzato da SUPSI e ALMA Impact. Per informazioni consultare il sito: https://www.supsi.ch/self-care- and-team-care-il-vantaggio- competitivo-invisibile.

Ven. Thubten Dechen, in che modo la dimensione spirituale le può essere utile nei suoi dialoghi con i manager?
«Prima di tutto, bisogna chiarire cosa intendiamo per “spirituale”. Essere spirituali non significa essere distaccati dalla vita quotidiana. La spiritualità dovrebbe aiutarci a vivere meglio. Tutti noi vogliamo essere felici. Il lavoro è una parte fondamentale della nostra vita, un luogo in cui possiamo contribuire al mondo. Il modo in cui ci presentiamo al lavoro influisce non solo sulla nostra felicità, ma anche su quella delle persone che ci circondano. Quando stiamo bene e viviamo in sintonia con i nostri valori interiori, trattiamo meglio gli altri, affrontiamo le difficoltà con maggiore resilienza e diventiamo un esempio positivo, contribuendo a creare una cultura lavorativa più sana. In questo modo favoriamo un ambiente in cui gli altri si sentono felici di offrire il meglio di sé. Il benessere fisico e la prosperità sono importanti per la felicità, ma non bastano. Tutti abbiamo bisogno di sentirci apprezzati, riconosciuti, curati, e di sapere che il nostro contributo conta. Questo livello di attenzione e partecipazione tocca valori interiori come la gentilezza e l’altruismo. Valori che nutrono un ambiente di lavoro in cui tutti possono crescere e prosperare».

Mindful leadership, il titolo del seminario a cui lei prenderà parte, si riferisce al concetto di «leadership consapevole». Cosa si intende esattamente con questo termine?
«La leadership consapevole riguarda la consapevolezza: dell’organizzazione, del team e di se stessi. Ha anche una componente di memoria, di «non-dimenticanza». Se dimentico dove ho messo gli occhiali o le chiavi, nella lingua comune potremmo dire «non sono stato molto mindful». Il compito di un leader è ricordare a sé stesso e al proprio team perché il team esiste: trasmettere quella visione, quello scopo e quel senso di significato. Mettiamo il caso che l’azienda

produca componenti in plastica o alluminio. Potrebbe non sembrare molto entusiasmante, ma se quelle buste servono per una banca del sangue o quei componenti vengono utilizzati negli aerei… anche se produciamo semplici chiodi, il team sta contribuendo al benessere di moltissime persone. Il leader è il custode di quella visione e di quell’impatto, aiutando il team a vedere la differenza che il proprio lavoro fa nel mondo».

Lei nei suoi corsi utilizza degli insegnamenti spirituali adattati ai manager. Quali sono i principali? Perché sono importanti anche nel mondo dell’economia?
« Le ricerche mostrano che quando le persone vedono il valore e l’impatto del loro lavoro, la produttività e la soddisfazione professionale aumentano. La mindfulness implica anche consapevolezza. Un leader consapevole sa rispondere con calma invece che reagire impulsivamente. Quando siamo attenti al nostro paesaggio interiore, riconosciamo se emozioni come rabbia o frustrazione stanno per emergere e, idealmente, ci fermiamo prima di dire qualcosa che potremmo poi rimpiangere».

Quanto conta la consapevolezza nel management?
«Quando siamo consapevoli del nostro team, quando ci prendiamo cura delle persone, ascoltiamo davvero; osserviamo cosa sta succedendo e rispondiamo nel modo giusto affinché possano dare il meglio di sé. A volte questo significa concedere un giorno di pausa a chi è esausto, invece di spingere ancora di più. Non faresti correre la tua macchina fino a distruggerla, e allo stesso modo non dovresti «consumare » il tuo team. La leadership consapevole include anche la consapevolezza delle dinamiche di potere e del loro impatto sull’esperienza del gruppo. Essere un capo è un po’ come stare in cima a una montagna mentre il team è a valle: la vista è diversa. Un leader consapevole è attento a sé stesso, al team e alla direzione complessiva del viaggio, in modo da poter sostenere il gruppo nel raggiungere gli obiettivi aziendali con efficacia, intenzione e cura»

Lei parla apertamente di compassione. Qual è la differenza rispetto all’empatia, termine molto utilizzato in psicologia e anche nel management, e quale ruolo può giocare nella gestione del personale e di un’azienda?
«L’empatia è la nostra capacità di comprendere ciò che un’altra persona sta vivendo. La compassione è il desiderio di aiutarla a liberarsi dalla sua difficoltà. La compassione può nascere dall’empatia, ma non è la stessa cosa. Adottare un atteggiamento costruttivo e chiedersi «cosa posso fare?» è un atto di compassione. Anche solo offrire a qualcuno uno spazio sicuro in cui esprimersi è un gesto concreto. Domandare «come posso sostenerti al meglio? Di cosa hai bisogno in questo momento?» è un modo pratico di esprimere compassione. Spesso proiettiamo sugli altri ciò che pensiamo stiano provando e finiamo per condividere la loro sofferenza — ma questo non aiuta nessuno. Immagina se ogni oncologo si limitasse a «empatizzare» con il dolore dei suoi pazienti, senza agire: non sarebbe utile né per il paziente né per il medico. La compassione implica comprensione, ma anche azione quando è possibile».

Nel management viene sempre più presa in considerazione la nozione di benessere dei lavoratori, che può rappresentare un vero e proprio fattore competitivo fondamentale per un’impresa. Ma questo concetto è relativamente nuovo, e spesso viene utilizzato più come strumento di marketing che come effettiva strategia aziendale. A suo modo di vedere, a che punto sono veramente le aziende a questo livello?
«Le ricerche mostrano che quando i dipendenti sentono che l’organizzazione «è alle loro spalle» e si prende davvero cura di loro, questo ha un impatto fortissimo sulla produttività. Questo sostegno può assumere molte forme: manager che si interessano sinceramente alla crescita dei propri collaboratori, che sono disposti a promuoverli e ad aiutarli a svilupparsi; che danno riconoscimento quando è dovuto, celebrano i successi del team e offrono aiuto nei momenti difficili. Quando le persone si sentono sostenute, gli studi dimostrano che mostrano maggiore lealtà e sono più disposte a dare il massimo: lavorano con più impegno, partecipano con motivazione e restano più a lungo nell’organizzazione. Se vuoi un team che remi tutto nella stessa direzione, devi dimostrare che ti importa davvero delle persone. Non è un atteggiamento sdolcinato o ingenuo: è una leadership saggia. Mostrare equità, interesse per lo sviluppo e compassione crea un ambiente di lavoro sano e solidale, che fa bene sia ai dipendenti sia all’azienda».

Qual è il messaggio principale che lei cerca di trasmettere quando tiene dei seminari?
«Che la cura di sé non è un lusso inutile. La compassione, la gentilezza e l’attenzione verso il proprio benessere hanno un effetto a catena: si estendono alla nostra famiglia, alla comunità, ai colleghi e al mondo. Quando ci prendiamo cura di noi stessi, siamo più capaci di prenderci cura degli altri, di guidare con saggezza e di creare ambienti in cui tutti possano prosperare».