Prospettive

«Gli investitori dovranno abituarsi all’incertezza e alla volatilità»

Passate le turbolenze di aprile le Borse hanno ripreso slancio e gli analisti di J.P. Morgan Private Bank vedono i principali listini raggiungere i massimi entro la metà dell’anno prossimo - Con i dazi l’economia USA rischia però la stagflazione
Prima di entrare in un «bull market» gli investitori devono scalare il «wall of worry» © Shutterstock
Dimitri Loringett
31.05.2025 06:00

La tempesta che il «Liberation Day» ha provocato sui mercati finanziari a inizio aprile appare sempre più lontana: i listini azionari nordamericani, che avevano subìto le perdite più consistenti, sono tornati sui livelli di inizio anno, grazie anche alla diffusa convinzione di molti analisti che il «picco di incertezza» legato alla questione dei dazi sia ormai superato.

E ora si aggiunge la possibilità che molte imposizioni tariffarie volute dall’Amministrazione Trump vengano addirittura annullate, o drasticamente ridimensionate, a seguito di quanto stabilito dal Tribunale del commercio internazionale statunitense che mercoledì ha invalidato – ma è pendente una decisione in appello – tutti gli ordini esecutivi firmati da Trump sui dazi che si basavano sull’International Emergency Economic Powers Act del 1977.

Al proprio agio nel disagio

E così, le Borse guardano al futuro con più ottimismo. Ma un vecchio proverbio di Wall Street dice che per entrare in un bull market (mercato rialzista) i mercati azionari devono scalare il wall of worry (muro della paura): le fasi al rialzo in Borsa, infatti, iniziano spesso in un’atmosfera di incertezza e scetticismo, quando prevale ogni sorta di ragione per cui i prezzi non dovrebbero salire.

«Gli investitori dovranno abituarsi all’incertezza e alla volatilità. I mercati incerti potrebbero durare per un po’, ma le principali Borse dei mercati sviluppati (Stati Uniti, Europa, Giappone) dovrebbero raggiungere nuovi massimi entro la metà del prossimo anno». Così scrivono nel loro Mid-Year Outlook pubblicato in questi giorni gli analisti di J.P. Morgan Private Bank, che invitano quindi gli investitori a «sentirsi a proprio agio nel disagio», tant’è che il rapporto è eloquentemente intitolato Comfortably Uncomfortable.

Inflazione «sostenibile»

Anche gli analisti della grande banca americana sostengono che le tensioni commerciali probabilmente si attenueranno. Ma i dazi avranno inevitabilmente un impatto sui prezzi di beni e servizi. Infatti, l’attuale «consenso» degli analisti indica una stima per un’imposizione doganale media attorno al 15%.

Potranno le famiglie statunitensi sopportare ulteriori rincari? «Sebbene le tariffe rappresentino un rischio di aumento dell’inflazione - risponde al CdT Matteo Gianini, responsabile di J.P. Morgan Private Bank in Svizzera - riteniamo che le famiglie statunitensi possano superare la tempesta».

Rischio stagflazione accresciuto

Nel rapporto non si parla di stagflazione, uno scenario che invece molti economisti e analisti ritengono possa realizzarsi negli USA, se confrontata con un’inflazione sostenuta e una crescita debole. «Riconosciamo che i temi recenti hanno accresciuto il rischio di stagflazione negli Stati Uniti - osserva Gianini - e teniamo conto di questi fattori nelle nostre raccomandazioni d’investimento. Pur considerando il rischio di recessione più elevato del normale, ci aspettiamo che l’economia statunitense rallenti, anziché entrare in recessione».

Dominio dollaro, franco debole

Infine, al dirigente di J.P. Morgan Private Bank chiediamo una prospettiva sul dollaro e sul franco svizzero: «Nonostante le preoccupazioni sul debito (si stima che il pacchetto fiscale dell’Amministrazione Trump, approvato dalla Camera dei Rappresentanti e ora al vaglio del Senato, possa incrementare il debito pubblico degli USA fino a 6 mila miliardi dollari nei prossimi dieci anni, ndr), il dominio del dollaro americano nella finanza globale rimane incontrastato. Tuttavia, prevediamo che esso subisca un ulteriore, moderato indebolimento ciclico in prospettiva, pur non prevedendo una perdita del suo status strutturale di valuta di riserva di base».

Riguardo al franco svizzero - continua Gianini - «considerato un bene rifugio in mezzo all’incertezza globale restiamo cautamente ottimisti. Sebbene il franco benefici di un certo grado di de-dollarizzazione dei flussi, il carry trade negativo potrebbe limitarne la forza nei confronti dell’euro. L’atteggiamento accomodante della Banca nazionale svizzera e i tassi guida prossimi allo zero potrebbero portare a interventi sul cambio (vendita di franchi) come prossimo strumento politico se la deflazione dovesse persistere. Questo probabilmente manterrà il franco svizzero più debole nei confronti dell’euro, pur rimanendo forte nei confronti del dollaro come valuta di riserva alternativa», conclude.