Strategie

«Gli Stati Uniti si confrontano con rischi economici enormi»

Secondo l’analista Maurizio Novelli il governo di Washington sta valutando misure straordinarie, come il passaggio della Federal Reserve sotto il Ministero del Tesoro e eventuali controlli contro la fuga di capitali
Il dollaro rischia di essere la prima vittima di una eventuale crisi statunitense. © shutterstock
Roberto Giannetti
29.07.2025 06:00

Per gli Stati Uniti la situazione economica si complica sempre più. Infatti gli occhi di tutti in questi giorni sono rivolti verso i dazi, che non saranno facili da gestire, visto anche l’impatto che avranno sull’inflazione. Ma ci sono molte altre variabili che potrebbero sfuggire di mano. Ne abbiamo parlato con Maurizio Novelli, Vice President di Lemanik Invest a Lugano.

«Gli Stati Uniti - spiega - dispongono attualmente di tre aree di supremazia globale: tecnologica, militare e finanziaria, ma storicamente tali vantaggi non sono una garanzia di tenuta della leadership come si tende a credere. Il paradosso è che i primi due punti di forza fondamentali per il mantenimento della leadership sono strettamente dipendenti dal terzo. Quindi se sbagli a gestire le variabili finanziarie rischi di compromettere i flussi di capitale che finanziano i primi due. Le variabili finanziarie rischiano di essere più nocive di un nemico esterno».

«Gli Stati Uniti - prosegue - sembrano vivere un momento storico estremamente delicato che ha tutte le caratteristiche di coincidere con l’inizio di una crisi strutturale della leadership globale. I disperati interventi fiscali di sostegno all’economia, per evitare a tutti i costi una crisi finanziaria latente da tempo, rischiano di innescare una crisi di fiducia sul dollaro e sui flussi di capitale dall’estero che finanziano il debito. Ma mentre il dibattito del mainstream si focalizza noiosamente sui dazi, per distrarre gli investitori dai veri problemi, l’amministrazione USA si prepara al controllo della Federal Reserve. Il progetto è quello di mettere la Fed alle dipendenze del Ministero del Tesoro, il quale detterà le politiche monetarie più adeguate a sostenere il debito pubblico, regolerà quanta liquidità dovrà fornire la Fed per agevolare la sottoscrizione delle aste dei titoli pubblici e gestirà la regolamentazione bancaria. Una norma recente del governo ha già svuotato la Fed delle competenze sulla vigilanza bancaria».

Crisi di fiducia valutaria?

«Poiché c’è l’evidente rischio che tali provvedimenti possano innescare una crisi di fiducia sul dollaro - illustra - l’amministrazione USA, tramite i poteri speciali attribuiti al Presidente degli Stati Uniti, può, in caso di emergenza nazionale, bloccare qualsiasi uscita di capitali dagli Stati Uniti e cancellare le linee Swap tra Banche Centrali. Questi provvedimenti servirebbero a sostenere temporaneamente il dollaro in caso di crisi valutaria, sebbene gli effetti conseguenti sarebbero poi quelli di una totale perdita di fiducia nel sistema finanziario USA da parte degli investitori internazionali».

«A me è abbastanza chiaro - sottolinea - che gli Stati Uniti si stanno preparando a fronteggiare una potenziale crisi valutaria e fiscale. Sebbene tutto il sistema finanziario cerchi di focalizzare l’attenzione su quello che fa la borsa (di fatto nazionalizzata da almeno 4 anni) e sui dazi, quello che appare evidente è che le banche centrali mondiali continuano ad accumulare oro e chiedono al governo USA la consegna delle riserve auree detenute a Fort Knox, nel timore che un blocco dei capitali possa bloccare la disponibilità di tali riserve».

Quali sono i rischi che questa situazione provoca? «Il rischio principale è che ci si troverà di punto in bianco davanti al rischio di una ristrutturazione dell’assetto valutario definito a Bretton Wood, che ha stabilito il dollaro al centro dell’architettura valutaria globale. Un evento di questo tipo si è già verificato nell’agosto del 1971. In quel periodo la Fed di Arthur Burns, governatore eletto dalla Casa Bianca, era stata di fatto sottoposta al controllo della presidenza Nixon, esattamente come vuole fare Trump oggi».

Misure contro la fuga di capitali

«Credo che questa volta però la fuga di capitali non verrà consentita, dato che già ora si stanno implementando provvedimenti mirati a impedirlo. Il sistema USA è oggi molto più vulnerabile di allora e oltre il 30% degli asset finanziari americani è detenuto da investitori esteri».

Ma a suo avviso quando potrebbe verificarsi una eventuale crisi economica americana?«È piuttosto probabile che già qualche mese prima della scadenza del mandato di Powell (maggio 2026), si possano innescare ulteriori pressioni al ribasso sul dollaro, che personalmente vedo a 1,40 rispetto euro entro 12 mesi».

Quali asset potranno essere considerati un bene rifugio in caso di crisi del dollaro?«È chiaro che l’attuale rialzo dell’oro è legato a questi probabili eventi futuri. Per tale motivo ho rivisto il mio target sull’oro da 3.500 a 3.800 dollari l’oncia per fine anno, ma con possibile ulteriore rafforzamento del trend con obiettivi a 5000 dollari in caso di crisi del biglietto verde»