Gli USA rilanciano la sfida alla Russia (e ai suoi alleati)

Il presidente USA Donald Trump ha minacciato pesanti misure tese a portare la Russia al tavolo delle trattative, indicando in particolare sanzioni secondarie, cioè destinate a colpire quelle entità che fanno affari con Mosca e importano i suoi prodotti, a iniziare da petrolio e derivati. In realtà l’economia russa ha resistito relativamente bene ai precedenti round di sanzioni imposte da Stati Uniti ed Europa ma ora, secondo gli esperti, queste sanzioni secondarie potrebbero risultare più efficaci delle precedenti, incidendo significativamente su quella che ormai viene considerata da molti una «economia di guerra».
Nel 2023 la crescita del PIL russo è stata del 4,1% e nel 2024 del 4,3% ma ora le stesse istituzioni di Mosca, inclusa la banca centrale, indicano un rallentamento, prevedendo un incremento del PIL fra l’1% e il 2% per il 2025 e un rallentamento ulteriore nell’anno successivo. Peraltro si tratta di dati in linea con quelli dei Paesi europei stessi che sono stati all’origine delle sanzioni.
Tuttavia il rapporto di cambio fra rublo e dollaro ha guadagnato oltre l’11% negli ultimi 12 mesi e l’avanzata è stata ancor più accentuata da inizio 2025, con un mercato finanziario moscovita che si è mostrato particolarmente attivo e con le società di carte di credito USA che hanno lasciato la Russia, favorendo lo sviluppo del sistema di pagamento MIR e della relativa card MIR Image.
Ora, su indicazione di Trump, a Washington il Senato è al lavoro nel predisporre un pacchetto di sanzioni secondarie rivolte soprattutto agli importatori di prodotti energetici russi, che costituiscono una porzione rilevante delle entrate del Paese.
Nel mirino vi sono soprattutto Cina e India. Pechino, che si è rifiutata di applicare le sanzioni occidentali, è il principale partner commerciale di Mosca, con il 40% di importazioni e il 30% del suo export (250 miliardi di interscambio nel 2024), mentre i suoi porti, compreso quello di Hong Kong, sono vie di accesso verso la Russia per molti materiali del settore tecnologico e militare.
Un ruolo importante sia sul piano commerciale, sia su quello geopolitico, alla luce della sua dichiarata «neutralità» è quello dell’India, la cui quota di import petrolifero russo è notevole. Più ambigua è la posizione della Turchia, che non aderisce alle sanzioni pur essendo membra della NATO e dell’unione doganale facente capo a Bruxelles.
Le sanzioni sul greggio russo e i suoi derivati, legate ai prezzi di mercato, si legano alle vicende della cosiddetta «shadow fleet» (flotta fantasma), che ne trasporta una quota elevata. La sua composizione è andata crescendo nel tempo e non è omogenea. Una parte di essa viene definita nel gergo marittimo «grigia», visto il suo operare ambiguo e semi-legale, l’operatività in porti e terminali secondari, i trasbordi di prodotto effettuati in alto mare o altri aspetti più o meno opachi. Vi è poi la componente detta «dark», alle quale si attribuiscono azioni illegali, come la neutralizzazione o la manipolazione dei sistemi di rilevamento e di comunicazione, i cambi di nome e di bandiera durante la navigazione, la mancanza di assicurazione e altre irregolarità. Tutte soluzioni adottate, già prima della Russia, da altri Paesi quali Iran e Venezuela.
Spesso si tratta di navi vecchie, vere «carrette», alcune di 30 e più anni, addirittura avviate alla demolizione e tornate a nuova vita, con ingenti profitti per gli armatori. Battono per lo più bandiere di Panama, Liberia, Isole Marshall, Iran, Gabon, Venezuela, della Russia stessa o di Malta, membra peraltro dell’Unione europea. Destinazioni principali Cina, India, Libia, ma anche Turchia, Emirati, Arabia Saudita, Taiwan, Singapore, Malaysia. In molti terminali di tali destinazioni, Turchia, Emirati e altrove, il prodotto russo viene mescolato con quello di altre provenienze e fa quindi rotta, in forma semi-legale verso i porti europei e perfino verso alcune raffinerie USA del Golfo del Messico.
Sul fronte finanziario, i canali di pagamento russi, già sotto pressione, risulteranno ancora più compromessi alla luce delle nuove iniziative, anche se un’applicazione rigida delle sanzioni secondarie dovrà, da parte americana, fare i conti con l’asse geopolitico russo-cinese e con il nuovo sistema di pagamenti lanciato dalle maggiori banche russe e cinesi, denominato «The China Track». La rete è stata definita dagli esperti un’evoluzione rilevante nel sistema finanziario globale e potrebbe contribuire a eludere le sanzioni.
Il sistema «China Track» sostituisce il tradizionale SWIFT, evitando il monitoraggio occidentale e opera attraverso una rete di intermediari. I pagamenti relativi alle varie transazioni commerciali vengono consolidate e compensate all’interno di ogni banca del circuito. Quindi il saldo viene liquidato settimanalmente senza l’intervento di banche occidentali e sistemi di trasmissione. Le banche garantiscono i pagamenti e si evitano blocchi di fondi. Ogni pagamento è soggetto ad approvazione e le commissioni sono dell’1% per i soggetti importatori e dello 0,5% per gli esportatori. In precedenza, l’elusione attuata attraverso procedure complesse, triangolazioni e altri espedienti, portava spesso a costi addizionali che potevano raggiungere anche il 12%.
In Cina il sistema è già operante nelle undici province più coinvolte nel commercio con la Russia e, da quando è in funzione, si è rivelato sicuro ed efficiente.