Confronti 2023

Grande dilemma: la sostenibilità e la sua accettazione sociale

La transizione energetica verso fonti rinnovabili non sempre fa l’unanimità tra le comunità coinvolte a ospitare una struttura - Far convergere gli interessi di istituzioni, investitori e fasce interessate la sfide per il cambio di paradigma
La professoressa Barbara Antonioli Mantegazzini, vicedirettrice dell'IRE. © Ti-Press/Alessandro Crinari
Generoso Chiaradonna
28.11.2023 22:30

«Sostenibilità è crescere, conservare l’ambiente e condividere il benessere». È la definizione dell’economista premio Nobel Joseph Stiglitz citata dalla professoressa Barbara Antonioli Mantegazzini, vicedirettrice dell’IRE (Istituto di ricerche economiche dell’USI), durante i lavori del convegno ‘Confronti’ tenutosi oggi presso l’Aula Magna dell’Università della Svizzera italiana. Il tema dell’edizione di quest’anno - la ventunesima, la prima si tenne nel 2003 al Monte Verità di Ascona - era dedicato sì alla sostenibilità, declinata in tutte e tre le componenti: sociale, ambientale ed economica, ma anche alla sua accettazione non sempre scontata.

Se la definizione di Stiglitz ben rappresenta le sfide con cui politica, società civile e mondo imprenditoriale sono chiamati a confrontarsi, il tema, quello della sostenibilità, in realtà è divisivo. Una frattura che percorre tutta la società perché, come ha spiegato bene la professoressa Antonioli Mantegazzini, le generazioni attuali potrebbero chiedersi perché devono impegnarsi per quelle future quando quelle passate non lo hanno fatto per le presenti?

Eppure viviamo in un mondo di risorse finite. Anzi, di limitida non superare se si vuole dare una chance alle generazioni che verrano, come ha ricordato in apertura la rettrice dell’USI la professoressa Luisa Lambertini. Limiti sociali, economici e ambientali che devono far riflettere sulle dinamiche attuali dello sviluppo. La professoressa Lambertini ha anche ricordato che l’Università della Svizzera italiana, proprio in ragione del suo legame con il territorio e in tema di sostenibilità, la prossima primavera inaugurerà ad Airolo la ‘Casa della sostenibilità’ dove ricercatori si confronteranno con la questione del riscaldamento climatico e della produzione di energia.

Il consigliere di Stato Christian Vitta, nel suo saluto, ha fatto presente la sostenibilità sia da tempo al centro delle relazioni tra Cantone Ticino, imprese e mondo accademico. Il Piano Energetico e Climatico cantonale - sottolineando la parola clima - mira a rendere il Ticino entro il 2050 indipendente dal punto di vista energetico anche grazie allo sfruttamento in proprio, attraverso l’AET, degli impianti idroelettici man mano che le relative concessioni - ora a favore di società di oltre San Gottardo - giungeranno a scadenza. Un fattore strategico, quest’ultimo, accettato da popolazione e politica. Cosa però che non sempre succede con altri fonti energetiche come è il caso dello sfruttamento del vento attraverso impianti eolici o altri fonti rinnovabili. Il principio NIMBY, Not in my backyard (Non nel mio cortile) è ancora molto sentito tra la popolazione non solo per le tecnologie, diciamo così, meno innovative.

Il triangolo dell’accettazione

Il professor Rolf Wüstenhagen, dell’Università di San Gallo, ha portato proprio l’esempio dell’accettazione sociale come chiave di successo della transizione energetica spesso frenata da dubbi e paure. Negli ultimi 20 anni, per esempio, in Svizzera hanno visto la luce 47 turbine eoliche (tre in Ticino sul San Gottardo, ndr). Nella vicina Austria, paese dal paesaggio alpino molto simile a quello svizzero e con una dimensione territoriale e di popolazioni analoghi, nello stesso arco di tempo sono sorti invece oltre 1.400 i pali eolici. Come mai queste differenze? Il professor Wüstenhagen le spiega prima di tutto con la diversità istituzionale che permette, per esempio in Svizzera, di accedere a tutti i livelli di ricorso dei contrari che prima di gettare la spugna giungono fino all’ultimo grado di giudizio. La soluzione non sarebbe però quella di limitare il diritto di ricorso o addirittura rinunciare all’istituto del referendum o dell’iniziativa popolare a uno solo o addirittura a tutti e tre i livelli istituzionali (Comune, Cantone e Confederazione). Wüstenhagen propone il «Triangolo dell’accettazione sociale» composto da tre vertici (mondo istituzionale; comunità di riferimento e mercato) che devono trovare un accordo. Solo se tutti e tre i vertici sono soddisfatti, l’accettazione di un progetto è destinata al successo. Quindi, ha concluso il professor Wüstenhagen, sono tre i fattori su cui puntare per aumentare la produzione di energia da fonti rinnovabili che siano il vento o il sole: coinvolgere le persone; applicare una giustizia distributiva tra costi e benefici (i primi non devono pesare su molti e a beneficio di pochi) oltre a un eventuale coinvolgiemento finanziario aumentando il grado di fiducia e mantenendo le promesse iniziali.