L’intervista

«Helsinn: grandi investimenti in Ticino»

Riccardo Braglia, amministratore delegato e vicepresidente del Gruppo Helsinn, spiega la strategia della società e i suoi progetti di espansione: «In programma anche lo sbarco in Borsa»
La Helsinn Advanced Synthesis di Biasca al centro di importanti progetti di crescita per i prossimi anni.  ©helsinn
Erica Lanzi
04.06.2021 06:00

Quest’anno il Gruppo Helsinn compie 45 anni. Riccardo Braglia, che rappresenta la terza generazione di una storia di impresa familiare di successo, ci parla del percorso fatto finora e soprattutto dei piani per il futuro. Dall’IPO agli importanti investimenti previsti nel nostro Ticino.

Helsinn fu costituita a Chiasso nel lontano 1976. Come è cresciuta l’azienda in quasi mezzo secolo?

«Quando mio padre, Gabriele Braglia, fondò con mia madre Anna Braglia la Biex Solaris (oggi Helsinn) l’intento era di creare una semplice attività di licensing farmaceutico. Negli anni ‘80 entrammo poi nella produzione dei principi attivi farmaceutici. Seguendo questi due filoni, oggi Helsinn è diventata un gruppo internazionale riconosciuto nelle cure oncologiche, presente a Lugano e Biasca e con filiali negli Stati Uniti, Cina e Irlanda. In Lussemburgo, con filiale operativa a Monaco, il gruppo di recente ha creato il secondo fondo 3B Future Heath II per migliorare il futuro del settore sanitario, fornendo finanziamenti e sostegno strategico alle aziende innovative. Sono immensamente orgoglioso di tutto ciò che il gruppo ha ottenuto negli ultimi quarantacinque anni, grazie alla visione di mio padre Gabriele, e spero che continueremo per i prossimi anni con la quarta generazione della famiglia con i miei figli. Ora l’obiettivo è di accelerare ulteriormente la crescita attraverso un ampio portafoglio di terapie innovative specifiche per i tumori rari (Targeted therapies) e le malattie rare. Sempre seguendo la nostra filosofia che mette al centro i nostri valori di rispetto, qualità e integrità».

Veniamo all’ultimo anno: il coronavirus ha colpito il settore farmaceutico in modo eterogeneo. Quale bilancio per Helsinn?

«La pandemia ha avuto un duplice effetto sugli affari. A Biasca, dove produciamo principi attivi di cui il 70% per conto terzi, abbiamo registrato un forte aumento degli ordini. Con il lockdown molti gruppi hanno deciso di riposizionare la catena delle forniture in Paesi geograficamente vicini e al contempo di accumulare più scorte del normale. Biasca tra l’altro è al centro di un importante piano di crescita. Nella produzione farmaceutica invece abbiamo subito un calo del 7-8%. Questo perché quando è scoppiata la pandemia, molti pazienti oncologici hanno deciso di rimandare le cure. A fine anno c’è poi stato un recupero, che finora si è confermato anche nel 2021».

Ci spiega meglio il piano di crescita per Biasca?

«Il sito produttivo di Biasca ha visto uno sviluppo molto importante dagli anni ‘80, diventando una realtà con 205 collaboratori. L’anno scorso abbiamo inaugurato il nuovo impianto oncologico con un investimento di 20 milioni di franchi. Oggi invece stiamo presentando alle istituzioni un piano da 50-60 milioni per raddoppiare la palazzina dei laboratori entro il 2023 e la produzione oncologica entro il 2025. Chiaramente questo avrà un impatto rilevante anche a livello di organico nella regione delle Tre Valli. Siamo molto orgogliosi anche dei risultati ottenuti in termini di rispetto dell’ambiente. Due anni fa il vettore energetico della produzione è passato dal gasolio al vapore grazie all’allacciamento al termodotto NET di Biasca (alimentato dai pellets di legna ticinese): ciò ha reso possibile una forte riduzione di emissioni di CO2. Inoltre abbiamo installato ovunque pannelli solari e ci siamo dati obiettivi forti per la riduzione degli sprechi di acqua, carta, rifiuti e solventi con risultati molto soddisfacenti. Come imprenditore, sono convito che si debba sempre cercare di coniugare innovazione e sostenibilità, favorendo l’ambiente (e la comunità nel quale si è inseriti».

Passando alle terapie, l’oncologia negli ultimi anni si è diretta verso cure sempre più mirate con la medicina di precisione. Helsinn come vuole posizionarsi ?

«Inizialmente siamo entrati nell’oncologia partendo dalla sintesi di molecole per combattere la nausea da chemioterapia. E poi gradualmente abbiamo deciso di focalizzarci sulle terapie per i tumori rari, sia per poter sviluppare un’innovazione mirata, sia perché il mercato è più dinamico. Anche la medicina di precisione (o medicina personalizzata) per noi è molto interessante: è un approccio innovativo che invece di prescrivere una cura generalizzata individua il trattamento giusto per il singolo paziente con le sue peculiarità. Quindi ci permette di essere ancora più focalizzati nell’innovazione - grazie anche al recente accordo con l’azienda californiana BridgeBio. La produzione in Svizzera e Irlanda, e la commercializazzione in tutto il mondo sono ben avviate. L’obiettivo ora è di sviluppare ulteriormente la ricerca nelle malattie rare e nella medicina di precisione. Abbiamo già quattro o cinque progetti di ricerca nella pipeline, che stanno riscuotendo interesse anche negli USA. Questo ci porterà sicuramente ad un incremento del personale qualificato e specializzato, che aiuterà il Gruppo ad affrontare questa nuova evoluzione e crescita con una base solida e strutturata».

Obiettivi ambiziosi. Finanziati come?

«Per fare questo salto di qualità il prossimo passo sarà la capitalizzazione in Borsa. La decisione era già giunta a maturazione nel 2019, ma è stata rimandata a causa della COVID-19. Ogni progetto di ricerca infatti costa tra i 60 e i 150 milioni, che sono tanti per una società come la nostra. Infatti miriamo a raccogliere sul mercato nuovi finanziamenti importanti. Stiamo studiando una IPO per la prima metà del 2022 ma non sappiamo ancora se a Zurigo o negli USA. Per contro, per mantenere integra l’identità e la natura del gruppo, la famiglia Braglia vorrà mantenere la maggioranza».

L’innovazione di Helsinn passa anche dagli investimenti. Ci parla del nuovo fondo?

«Il fondo di investimento del Gruppo, 3B Future Heath Fund, è basato su una strategia incentrata sulla costruzione, appunto, dell’innovazione. Il nostro scopo è quello di aiutare giovani aziende in oncologia a crescere grazie alle nostre esperienze e competenze, con l’obiettivo di portare sul mercato trattamenti che cambiano la vita ai pazienti. Dall’altra parte questo ci permette di entrare in stretto contatto con i trend della ricerca innovativa. Con il primo fondo abbiamo effettuato 13 investimenti, con due exit e due quotazioni in Borsa, in aziende che operano nel campo oncologico o delle malattie rare. Di queste, due sono svizzere mentre le altre sono basate in EU e USA . Credo sia giusto investire tempo e risorse in giovani start-up brillanti e innovative, così come nella vita privata ho sempre investito sui miei figli, e, nel contesto della grande famiglia Helsinn, ho sempre investito sul prezioso capitale umano. Visto il successo del primo fondo, abbiamo appena lanciato il 3B Future Health Fund II».

Riguardo alla commercializzazione da pochi anni Helsinn è presente anche in Cina. Una scelta azzeccata?

«Finora assolutamente sì. In Cina abbiamo aperto una sede prima a Pechino e poi a Shanghai. Nonostante Helsinn sia una società relativamente piccola nel panorama locale, ci ha aiutato molto l’aver cercato il rapporto diretto con le autorità cinesi presentandoci fin da subito con il nostro piano di sviluppo. Ad oggi abbiamo registrato due prodotti e stiamo registrando il terzo. Il potenziale è sicuramente enorme - solo Shanghai conta 30-35 milioni di persone. La pandemia ha rallentato lo sviluppo degli affari, ma a preoccuparmi è soprattutto il conflitto commerciale con gli USA. La Cina, come l’India, produce la maggior parte delle componenti di base anche nella farmaceutica. Nonostante la pandemia abbia anche generato un forte ripensamento della globalizzazione, non è pensabile un futuro in cui i Paesi non collaborano».

Una domanda rispetto alla quarta generazione. Entrerà con il debutto in Borsa?

«In effetti prima: il mio primogenito Gabriele entrerà in Helsinn già a settembre, per gli altri figli vedremo. In ogni caso ad oggi tutti hanno adempito alle condizioni per poter entrare nel gruppo secondo il nostro patto di famiglia, che prevedevano studi ed esperienze lavorative fuori casa».

Il patto di famiglia suggerisce un suo pensionamento a 70 anni, come già per suo padre?

«Il patto di famiglia dovrà essere rinegoziato ora (ride, ndr). In ogni caso sì, penso di rimanere fino a 70 anni, anche se una volta avrei voluto ritirarmi anche prima. Ho veramente tanti altri interessi nel sociale e culturale, per cui di certo non mi annoierei neanche un minuto...».

Da una piccola realtà basata in Ticino alla scena mondiale

La storia della famiglia Braglia nella farmaceutica affonda le sue radici nell’ottobre del 1945, quando Riccardo Braglia, intraprese una carriera nel settore farmaceutico fondando la LPB Laboratorio Prodotti Biologici a Milano.

In seguito, il figlio Gabriele Braglia ne prese le redini. Nel 1976, assieme alla moglie Anna e con l’aiuto di qualche collaboratore, fondò poi la Biex Solaris a Chiasso, divenuta successivamente la Helsinn. Oggi il gruppo ha sede pricipale a Lugano. La sua missione è quella di offrire una quotidianità migliore ad un numero crescente di pazienti oncologici attraverso un portafoglio di terapie innovative di qualità per il cancro e per le malattie rare. Questo sia attraverso un modello di business unico che propone un sistema integrato di licensing in oltre 190 Paesi, sia attraverso la commercializzazione diretta negli USA e in Cina. Complessivamente il gruppo, guidato oggi dal figlio di Gabriele, Riccardo Braglia, occupa 700 persone, di cui 210 nella sede di Lugano (Helsinn Healthcare), 205 a Biasca (Helsinn Advanced Synthesis), e il resto nelle filiali internazionali. Ovvero Dublino, Iselin (New Jersey), Pechino e Principato di Monaco.