L'analisi

I dazi americani, la geopolitica e la crescita economica rallentata

Le cifre dell’OCSE sul Prodotto lordo nei primi due trimestri dell’anno in corso confermano la minore velocità a livello mondiale Le forti tensioni internazionali continuano a pesare e gli effetti del maxi protezionismo targato Trump hanno già cominciano a farsi sentire
©Manuel Balce Ceneta
Lino Terlizzi
Lino Terlizzi
31.08.2025 23:15

La crescita economica internazionale c’è ancora, ma geopolitica e dazi si fanno sentire. Non siamo in un quadro di recessione, ma ci sono i segni di un ulteriore rallentamento per molte economie. È quanto si può vedere anche analizzando i dati dell’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (OCSE) sulle variazioni del Prodotto interno lordo nel primo e nel secondo trimestre di quest’anno. L’OCSE raggruppa una quarantina di Paesi, Svizzera inclusa, e i suoi dati costituiscono uno dei termometri di rilievo per quel che riguarda il quadro economico internazionale.

I numeri

Le variazioni percentuali del PIL per aree e Paesi sono come sempre misurate rispetto sia al trimestre precedente sia allo stesso periodo di un anno prima. In genere l’andamento sul trimestre precedente attira gran parte dell’attenzione di analisti e media. In parte si può capire, ma la variazione a breve dà solo l’idea di ciò che è successo nei mesi più recenti. Se ci si limita a questo, si rischia di non avere un quadro completo; importanti sono infatti anche e soprattutto le variazioni rispetto a un anno prima, perché forniscono meglio la tendenza. Se si guarda ai Paesi del G7, si può vedere come, nel secondo trimestre rispetto al primo, quattro di questi Paesi abbiano avuto un chiaro rallentamento (Canada, Germania e Italia in negativo, Regno Unito) e tre abbiano avuto invece un aumento del PIL (Francia, Giappone, Stati Uniti). L’area OCSE nel suo complesso ha avuto un leggero incremento.

Ciò ricordato, è più interessante appunto passare ai dati che riguardano le variazioni rispetto a un anno prima. L’area OCSE nel suo complesso nel secondo trimestre 2025 ha avuto un 1,7%, la stessa percentuale del primo trimestre. I sette Paesi del G7, che fanno tutti parte dell’OCSE, hanno avuto il segno più nel secondo trimestre, ma in quattro casi con un rallentamento, in due con la stessa percentuale e solo in uno (la Francia) con un lieve aumento. Questa la situazione: Canada 1,7% nel secondo trimestre contro 2,3% nel primo, Francia 0,7% contro 0,6%, Germania 0,2% contro 0,2%, Italia 0,4% contro 0,7%, Giappone 1,3% contro 1,8%, Regno Unito 1,2% contro 1,3%, Stati Uniti 2% contro 2%. Quando in sei su sette di quelle che sono tra le maggiori economie mondiali il passo della crescita diminuisce o comunque non aumenta, il trend di rallentamento è abbastanza chiaro.

Il fardello

Apriamo una parentesi sulla Svizzera, prendendo gli ultimi dati della Segreteria di Stato dell’economia (SECO). Il PIL elvetico - con i valori corretti dagli eventi sportivi - nel secondo trimestre è aumentato dello 0,1% rispetto al trimestre precedente; nel primo trimestre l’aumento era stato dello 0,7%. Ma passiamo anche qui al più interessante raffronto annuale; nel secondo trimestre la crescita elvetica rispetto a un anno prima è stata dell’1,6%, contro il 2% del primo trimestre. Pur continuando a tenere meglio di molte altre, anche l’economia svizzera ha registrato un rallentamento.

I dazi imposti dal presidente USA Trump al resto del mondo hanno assunto contorni più precisi ai primi di agosto, ma una parte di essi aveva già preso forma. Il peso dei dazi sull’economia internazionale, USA compresi, probabilmente sarà maggiore nei prossimi mesi, a meno che vengano tagliati o addirittura fermati da giudici americani, in quella che resta per ora solo un’ipotesi. Ma i dazi si sono appunto già fatti sentire nella prima metà del 2025. Da una parte nel primo trimestre è aumentato l’export verso gli USA, in quanto molte imprese americane importatrici hanno cercato di fare scorte, anticipando l’entrata in vigore dei dazi. Dall’altra l’effetto scorte nel secondo trimestre è venuto meno e l’export verso gli USA ha perso vigore. Più in generale, il protezionismo di Trump ha fatto aumentare le incertezze ed ha quindi frenato le iniziative economiche. Un fardello che si è aggiunto a quello già esistente delle tensioni geopolitiche e dei conflitti bellici, che hanno riflessi negativi anche sul piano economico.

Le previsioni

Con un quadro internazionale di questo tipo è difficile non prevedere un rallentamento economico per l’intero 2025. Nel giugno scorso la stessa OCSE aveva indicato per quest’anno una crescita economica mondiale del 2,9%, contro il 3,3% del 2024; per l’area OCSE la previsione era 1,4% contro 1,8%, per gli USA 1,6% contro 2,8%. Dal canto suo il Fondo monetario internazionale (FMI) in luglio ha indicato per il 2025 una possibile crescita mondiale del 3%, contro il 3,3% del 2024. Senza diminuzioni delle tensioni geopolitiche e senza arretramenti del protezionismo targato Trump, è davvero complicato pensare che ci possa essere una crescita economica più robusta.

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