I dazi NATO sulla Cina? «Una tecnica di Trump per non fare nulla»

Il presidente americano Donald Trump sta cercando di influenzare i suoi alleati dell’Alleanza atlantica per fare pressioni sulla Cina per allentare le sue relazioni con la Russia e quindi riuscire a mettere termine alla guerra in Ucraina. In un post su Truth Donald Trump ha chiesto ai Paesi NATO non solo di smettere di acquistare petrolio russo - come condizione per varare sanzioni USA a Mosca - ma anche di «imporre dazi dal 50% al 100% alla Cina, da ritirare completamente dopo la fine della guerra» in Ucraina. «La Cina ha un forte controllo, e persino una presa, sulla Russia, e questi potenti dazi spezzeranno quella presa», ha affermato. «Se la NATO fa come dico, la guerra finirà rapidamente e tutte quelle vite saranno salvate! Altrimenti, state solo sprecando il mio tempo, e il tempo, l’energia e il denaro degli Stati Uniti», ammonisce.
Pechino: «Atto di prepotenza»
Dal canto suo il portavoce del ministero degli Esteri cinese Lin Jian, sulle notizie secondo cui gli USA hanno esortato i Paesi di G7 e NATO a imporre dazi aggiuntivi su Pechino per gli acquisti del greggio russo, ha affermato che «la mossa degli Stati Uniti è un tipico atto di prepotenza unilaterale e coercizione economica». E ha aggiunto che la normale cooperazione economica ed energetica «della Cina con i Paesi di tutto il mondo, inclusa la Russia, è legittima, legale e irreprensibile». Il pressing dell’amministrazione Trump è una mossa «che mina seriamente le regole del commercio internazionale e minaccia la sicurezza e la stabilità delle catene industriali e di approvvigionamento globali», ha aggiunto Lin, nel corso del briefing quotidiano.
«I fatti hanno dimostrato che coercizione e pressione sono impopolari e non risolveranno il problema». La posizione della Cina «sulla crisi ucraina è coerente e chiara. E dialogo e negoziati sono l’unica via d’uscita praticabile», ha osservato il portavoce, secondo cui Pechino, «fin dal primo giorno della crisi, ha assunto una posizione obiettiva e imparziale, insistendo sulla promozione dei colloqui di pace».
Manca chiarezza
Ma come giudicare le richieste fatte da Trump agli alleati? Sono realistiche? «Penso che la Cina - commenta Giovanni Barone Adesi, professore emerito di Teoria finanziaria all’USI - anche a livello di alleanze geopolitiche, faccia sempre prima di tutto i suoi interessi, e quindi sarà difficile spezzare la relazione con la Russia. Inoltre non credo che sia realistico pensare che i Paesi occidentali introducano questi dazi contro la Cina, anche perché gli stessi Stati Uniti proprio oggi stanno discutendo con la Cina a Madrid (vedi articolo sotto), e quindi fino a quando non faranno chiarezza sui loro rapporti con Pechino, è perlomeno difficile che tutti i Paesi occidentali siano d’accordo nell’introdurre dazi sulla Cina».
«In generale, io credo - prosegue - che la Cina abbia poco interesse a staccarsi dalla Russia, perché rappresenta un grande cliente e nel contempo un grande fornitore, e quindi considero questo programma di Trump solo una “tecnica” per non fare nulla. Per esempio questo è vero anche quando dice che, come ha fatto qualche giorno fa, non introdurrà nuove sanzioni sulla Russia fino a quando tutti i Paesi europei smetteranno di acquistare il petrolio russo, mentre sa bene che in realtà Slovacchia e Ungheria hanno pochissima intenzione di farlo. Quindi si tratta di una grande “operazione alibi” per Trump». Dal canto suo l’Unione europea, sul fronte sanzioni alla Russia, sta mettendo a punto il suo 19. pacchetto e a Bruxelles sarebbero molto lieti se Trump convincesse Viktor Orban e Robert Fico a rimuovere i vari veti che incartano l’UE sul sostegno all’Ucraina.
Trump va oltre i suoi poteri
In termini generali, la strategia di introdurre dazi sulle importazioni non rappresenta un pericolo per gli stessi Stati Uniti? «In realtà il presidente Trump è andato oltre i suoi poteri imponendo i dazi, e la Corte Suprema ora dovrà giudicare la validità di questa decisione. Per Trump in questo ambito la strada maestra sarebbe di sottoporli al Congresso far approvare una legge apposita. Ma non è facile. Infatti, nonostante la maggioranza repubblicana, Trump teme defezioni da parte di deputati del suo partito, e quindi questo progetto fallirebbe. È vero che i dazi sono già in vigore, ma è difficile che gli altri Paesi seguano questa politica sapendo che entro un mese la Corte Suprema dovrà pronunciarsi sulla loro validità».
«Potrebbe anche darsi - sottolinea - che la Corte Suprema, arrampicandosi sugli specchi, approvi i dazi. Ma ritengo molto difficile che sosterrà che esiste una emergenza nazionale tale da giustificare questa decisione».
«Quindi penso - conclude Giovanni Barone Adesi - che i dazi non saranno approvati dalla Corte Suprema e quindi Trump dovrà farli approvare dal Congresso, il che richiederà ancora più tempo. E tutto questo cozza con l’idea di un’emergenza che va avanti da un anno, mentre le cose non sono cambiate molto dagli anni precedenti. In buona sostanza, Trump cerca di prendere iniziative al di là dei poteri normalmente esercitati da un presidente. Che riesca a farlo è ancora da vedere, e dipenderà dai tribunali americani e possibilmente dal Congresso».