«I giovani hanno bisogno di incoraggiamento»

«I giovani hanno bisogno per prima cosa di fiducia. Non è solo una questione di competenze acquisite o ancora da apprendere a fare la differenza tra un successo e un insuccesso nella vita. Se non c’è chi per prima li mette alla prova, cercando di infondere sicurezza nelle proprie capacità, la macchina - per usare una metafora - non si mette in moto e non inizia nessun viaggio». Così Siegfried Alberton, responsabile regionale del dipartimento della formazione continua della Scuola universitaria federale per la formazione professionale (SUFFP) che giovedì prossimo, il 21 di novembre, interverrà al convegno «Giovani e mondo del lavoro». Un evento che si tiene al Palazzo dei Congressi di Lugano a partire dalle 9 del mattino e voluto dalla piattaforma Check Your Chance, principale organizzazione mantello specializzata nella prevenzione della disoccupazione giovanile e nell’integrazione dei giovani disoccupati. Ulteriori informazioni si trovano sul sito check-your-chance.ch.
L’ostacolo è il primo impiego
«Ma quando si parla di giovani e di problematiche legate al mercato del lavoro bisogna anche intendersi cosa intendiamo», continua Alberton che precisa: «Un conto sono i problemi di un ragazzo alla fine della scuola dell’obbligo e che magari fa fatica o semplicemente non è ancora pronto ad affacciarsi alla formazione professionale, un altro quelli di un giovane di 25 anni o più che pur avendo seguito un percorso di studi e formazione canonico non riesce a trovare un primo impiego o anche solo uno stage formativo».
Eppure, si parla spesso nel discorso pubblico di penuria di manodopera, di aziende che cercano personale e non lo trovano. «Spesso è un problema di mismatch, di disequilibrio tra la domanda e l’offerta. Non sempre le competenze che le aziende richiedono sono allineate a quelle offerte dal mercato del lavoro locale», risponde Alberton che solleva anche una diversità di valori tra le generazioni: tra chi è alla testa delle imprese oggi e chi ci è entrato da poco. «È un dato di fatto difficile da ribaltare, ma i giovani di oggi non vedono il lavoro come la realizzazione massima della loro vita», spiega l’esperto. «Il tempo parziale, il giusto equilibrio tra vita privata e lavoro, ma anche un ambiente stimolante, un capo meno dirigista e più simile a un coach in grado di stimolarli, una cultura aziendale centrata sulla formazione continua, sono fattori in grado di trattenere più a lungo i giovani in azienda e paradossalmente l’aspetto economico del salario - pur importante e sacrosanto - è meno importante di quanto si pensi per i giovani di oggi». Al convegno si parlerà anche di apprendistato e insuccesso. Una risposta per aumentare le chance di chi fa più fatica potrebbe essere l’apprendistato a tempo parziale. «Parlo a titolo personale. È una proposta che ha senso se il tempo recuperato dalla scuola o dal lavoro viene valorizzato con altre attività che completano per esempio il proprio sviluppo, l’adempimento di attività sportive o la cura della famiglia. Ma anche qui si torna al tema iniziale: la fiducia. Che sia la famiglia, la scuola, l’impresa o altre associazioni a darla ai giovani non importa. L’incoraggiamento è ancora più importante proprio quando si pensa che il futuro è ineluttabilmente in mano a qualcun altro».