L’analisi

I progressi dei listini azionari e gli spiragli per le economie

Tensioni geopolitiche e rallentamento mondiale non hanno fermato le Borse, che sin qui sono rimaste in territorio positivo – L’assenza di una recessione internazionale, i successi nella lotta all’inflazione, gli utili aziendali rappresentano fattori a sostegno dei mercati
©Gabriele Putzu
Lino Terlizzi
Lino Terlizzi
30.07.2023 22:45

L’andamento delle Borse mondiali quest’anno è stato sin qui nel complesso positivo. Al di là delle normali oscillazioni, i mercati azionari nella gran parte dei casi hanno mantenuto sinora una tendenza al rialzo. L’indice borsistico mondiale Msci Acwi in dollari settimana scorsa ha chiuso le ultime sedute sopra i 370 punti, per l’esattezza a 371 punti giovedì e a 374 punti venerdì. Quest’ultimo valore rappresenta un progresso del 12,6% rispetto a un anno prima e del 17,8% in rapporto a inizio anno. Le tensioni economiche e geopolitiche presenti nel quadro internazionale in buona sostanza non hanno fermato l’ascesa complessiva delle Borse, che hanno guardato soprattutto ai fattori positivi o quantomeno agli spiragli che pure esistono nello scenario.

Le cifre

L’indice statunitense S&P 500 alla chiusura di quest’ultimo venerdì era in rialzo dell’11,2% in rapporto a un anno prima e del 19,8% rispetto all’inizio dell’anno. I progressi dell’Eurostoxx 50, che fornisce una fotografia borsistica dell’Eurozona, erano rispettivamente del 20,5% e del 15,8%. Il principale indice svizzero, lo SMI, dal canto suo registrava rialzi dell’1,8% su dodici mesi prima e del 3% sull’inizio del 2023; questi progressi sono più contenuti, ma occorre ricordare che la Borsa elvetica ha un carattere prevalentemente «difensivo», tende a perdere meno di altre nelle fasi negative e a risalire meno di altre nelle fasi positive, mantenendo peraltro il trend positivo di lungo periodo. Sul versante asiatico il panorama ora è misto, con la Borsa di Tokyo che ad esempio nei primi sette mesi di quest’anno ha registrato forti guadagni e con le maggiori Borse cinesi che invece sono salite poco o hanno marciato sul posto.

Si diceva dei fattori negativi e dei fattori positivi, o quantomeno di miglioramento, presenti nel quadro internazionale. Tra i principali fattori negativi ci sono le tensioni geopolitiche – che si coagulano soprattutto attorno alla guerra in Ucraina causata dall’invasione russa e alle divergenze economico-politiche tra Occidente e Cina – oltre che il rallentamento delle economie. Tra i maggiori fattori positivi ci sono il fatto che questo rallentamento non si sta trasformando in una recessione annua internazionale e il fatto che gli utili delle aziende quotate nelle Borse nel primo e nel secondo trimestre di quest’anno nel complesso sembrano aver tenuto, pur tra alti e bassi a seconda delle imprese e dei settori. I problemi ci sono e si sentono, ma sin qui non c’è stato il tanto richiamato crollo, né per la crescita di quasi tutte le economie né per la redditività di gran parte delle imprese quotate.

Le evoluzioni

L’inflazione si pone ora a metà strada tra fattori negativi e positivi. Nel senso che da una parte rappresenta ancora un problema ma che dall’altra ci sono miglioramenti, recepiti rapidamente dai mercati. L’inflazione non è ancora rientrata negli argini, resta sopra i limiti stabiliti dalle maggiori banche centrali, ma è gradualmente calata negli ultimi mesi. La battaglia non è terminata, ci saranno probabilmente altri aumenti dei tassi di interesse in funzione anti inflazione, ma la conclusione della fase di rialzo del costo del denaro sembra ormai più vicina, o meno lontana. I mercati azionari hanno registrato i successi, seppur ancora parziali, della lotta al rincaro e questo elemento ha contribuito per la sua parte ai progressi degli indici borsistici.

In attesa di vedere le evoluzioni del quadro generale e dei mercati nella seconda metà di quest’anno, occorre ricordare che in questi ultimi anni le Borse hanno confermato una accentuata capacità di reazione, mantenendo la tendenza al rialzo di lungo periodo. Ciò non significa naturalmente che i listini azionari vadano sempre all’insù, è ovvio che ci siano anche ribassi, ma ciò che più conta è appunto il trend di fondo.

Gli ultimi anni

Guardando agli anni interi, nell’ultimo decennio il citato indice borsistico mondiale Msci Acwi tra il 2013 e il 2022 è sceso tre volte ed è salito sette volte. Nel dettaglio, l’indice è calato del 2,3% nel 2015, del 9,4% nel 2018 e del 18,3% nel 2022, anno in cui si sono concentrati inizio della guerra in Ucraina, effetti delle strettoie post pandemia, impennate dell’inflazione. Dalla parte dei rialzi annui i numeri sono ben più consistenti: 22,8% nel 2013, 4,1% nel 2014, 7,8% nel 2016, 23,9% nel 2017, 26,6% nel 2019, 16,2% nel 2020, 18,5% nel 2021. Il segno positivo del 2020, vale la pena ricordarlo, è stato ottenuto nonostante quello fosse l’anno dell’esplosione della pandemia; quest’ultima ha provocato una forte caduta delle Borse nell’immediato, a cui però ha fatto seguito dopo poco tempo un ampio recupero dei mercati, con un netto progresso al termine dei dodici mesi.

Materie prime, prezzi non più ai picchi contribuiscono alla discesa del rincaro

Molte tra le principali materie prime continuano ad avere quotazioni inferiori rispetto ai picchi dell’anno scorso. Nonostante alcuni rimbalzi dei prezzi nell’ultimo mese, aumenti che hanno toccato soprattutto petrolio e derivati, nel quadro complessivo delle quotazioni prevale una tendenza al ribasso. I prezzi rimangono certamente più alti rispetto ad anni passati, ma restano in molti casi nettamente al di sotto dei livelli raggiunti con le impennate registrate in particolare nel corso del 2022, sull’onda del post pandemia e della guerra in Ucraina causata dall’invasione russa.

I ribassi

Se si guarda alla selezione di tredici materie prime rilevanti messa a punto da Investing.com, si può vedere come otto tra queste mostrino ribassi rispetto ad un anno fa. Ai valori indicati ieri il petrolio Brent era a -23,3% in rapporto a dodici mesi prima, il petrolio greggio a -18,2%, il gasolio a -18,4%, il gas naturale a -67,8%, il caffè C a -25,8%, il mais a -13,6%, il frumento a -13,8%, il cotone n.2 a -18,3%. Sul versante delle materie prime che sono ancora in rialzo rispetto a un anno fa occorre citare lo zucchero n.5 a +28,7%, il rame a +9,6%, l’oro a +9,9%, l’argento a +21,1%, il platino a +5,8%. Per quel che riguarda questi ultimi tre metalli preziosi bisogna peraltro tener conto del fatto che oltre ad essere beni industriali sono investimenti finanziari e ciò vale in particolare per l’oro, da sempre importante bene rifugio per una parte non secondaria degli investitori.

La riduzione dell’offerta di petrolio dei maggiori produttori ha contribuito all’aumento dei prezzi del greggio nelle ultime settimane. Ma le quotazioni dell’oro nero sono in sostanza agli stessi livelli di inizio anno e restano come visto comunque nettamente inferiori a quelle di dodici mesi fa. Sul settore agroalimentare pende la spada di Damocle del mancato rinnovo dell’accordo tra Russia e Ucraina sulle esportazioni di cereali, e in effetti nell’ultimo mese c’è stato un rialzo del prezzo del frumento, materia prima che comunque resta in ribasso rispetto sia ad inizio anno sia ad un anno fa. Il mais ha sin qui risentito meno del mancato rinnovo. L’auspicio è naturalmente che la Russia accetti di proseguire con l’accordo, in modo da non far aumentare ulteriormente le tensioni nel settore.

Il calo dell’inflazione registrato in questi mesi nelle maggiori aree economiche è stato favorito anche dai ribassi delle quotazioni di molte materie prime. È auspicabile che questa tendenza continui, anche perché l’inflazione, seppur in riduzione, non è ancora scesa sotto le soglie massime indicate dalle banche centrali. Il trasferimento delle minori quotazioni dalle materie prime ai prezzi al consumo non è immediato, anche perché spesso le filiere di produzione lavorano su beni acquistati in precedenza. Tuttavia è importante che il calo dei prezzi delle materie prime, quando c’è, venga appena possibile trasferito dalle imprese ai prezzi al consumo, diminuendo questi ultimi o evitando di alzarli ulteriormente, a seconda dei casi.

Le valute

Parlando di materie prime, occorre anche tener presente che la gran parte di queste sono quotate in dollari USA. L’andamento della valuta americana dunque influisce anche sul prezzo effettivo che deve pagare per molte materie prime chi parte da altre valute. Da questo punto di vista è interessante notare che nell’ultimo anno il dollaro statunitense ha ceduto chiaramente terreno. Il biglietto verde negli ultimi dodici mesi è ad esempio sceso di circa l’8% nei confronti dell’euro e di circa il 9% nei confronti del franco svizzero. Il dollaro sta risentendo della lunga corsa della fase precedente e anche del fatto che gli aumenti dei tassi di interesse, che in genere spingono il valore di una moneta, secondo molti operatori sono negli USA vicini alla conclusione. Anche in Europa la fine dei rialzi dei tassi pare vicina, ma non come negli Stati Uniti.

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