I ribassi sul versante materie prime e le attese sul calo dell'inflazione

Dopo i picchi toccati l’anno scorso, molte materie prime registrano ora quotazioni in discesa. A favorire questi ribassi sono da una parte il rallentamento economico internazionale e dall’altra, anche e soprattutto, il parziale contenimento delle tensioni geopolitiche mondiali, che restano marcate ma non sono più ai livelli dell’anno passato. Nei settori energia e agroalimentare, in particolare, ci sono i riflessi delle misure adottate e degli accordi fatti dopo l’inizio dell’invasione russa dell’Ucraina, che aveva spinto all’insù i prezzi e che ora dà ancora incertezze, ma in modo decisamente meno pesante rispetto a un anno fa.
I dati
Il quadro fornito dal sito investing.com su una selezione di tredici tra le materie prime principali è abbastanza chiaro. Considerando le quotazioni di mercato di quest’ultimo venerdì, in rapporto a dodici mesi prima ben nove di queste materie prime erano in ribasso. A guidare la discesa dei prezzi nel comparto è appunto soprattutto il settore energia, con il gas naturale a -70,5%, il gasolio a -41,2%, il petrolio WTI a -33,9%, il petrolio Brent a -30,9%. C’è poi l’agroalimentare, con il frumento a -45,9%, il mais a -28,3%, il caffè C a -15,2%. Il cotone dal canto suo registrava un -44,6%. Nel campo dei maggiori metalli industriali, il rame aveva un -9,7% rispetto a un anno fa.
I quattro rialzi di prezzo su base annua ancora presenti nella selezione delle tredici materie prime principali riguardano da un lato lo zucchero n.5, bene alimentare che va contro corrente nel settore con un +37,2%, e dall’altro tre metalli preziosi di primo piano. L’oro anzitutto, che ha un utilizzo industriale ma è anche importante investimento e finanziario e un bene rifugio: la sua quotazione rispetto a un anno fa è salita del 10,4%. L’argento, che è in genere più bene industriale e meno investimento finanziario, ha un mercato di minori dimensioni e registrava un aumento del 16,1%. Il platino, che come bene è in una situazione più simile a quella dell’argento, aveva un incremento del 13,6%.
La discesa dei prezzi di molte materie prime si sta riflettendo in parte sull’inflazione, che in questi mesi sta a sua volta calando rispetto ai picchi dell’anno scorso. Tuttavia la flessione dell’inflazione è lenta, anche perché in genere il trasferimento delle minori quotazioni delle materie prime ai prezzi al consumo ha i suoi tempi, visto che le filiere di produzione lavorano su beni acquistati prima, spesso alle quotazioni precedenti. È naturalmente auspicabile che le imprese riconoscano appena possibile il calo dei prezzi delle materie prime su cui lavorano, quando questo c’è, evitando di alzare ulteriormente i prezzi al consumo e/o trasferendo su questi ultimi l’effetto di diminuzione, senza eccessivi ritardi.
Sempre parlando di materie prime, occorre tener presente un altro fattore che sta giocando a favore del contenimento o della diminuzione dei prezzi effettivi per molte di queste, cioè il fattore valutario. La gran parte delle quotazioni delle materie prime è infatti in dollari USA e la valuta statunitense nell’ultima fase ha registrato ribassi non secondari. In rapporto al franco svizzero il dollaro ha perso in dodici mesi circa il 10%, ma anche in rapporto all’euro la moneta americana ha avuto nell’anno trascorso un arretramento, seppur più contenuto, pari a circa il 4%.
Effetto valutario
Il dollaro sta risentendo del fatto di aver corso in precedenza e, anche, del fatto che i rialzi dei tassi di interesse, che in genere spingono il valore della moneta, negli Stati Uniti secondo molti operatori sono abbastanza vicini alla conclusione. Fatto sta che negli ultimi mesi chi ha comprato in dollari partendo da altre monete ha avuto un effetto valutario positivo. Ciò è vero per monete abbastanza stabili come l’euro ed è ancor più vero per una moneta forte come il franco svizzero. Non è questo l’elemento principale sul versante delle materie prime, ma è comunque un elemento da tener presente e da aggiungere nell’analisi del quadro attuale.