I riflettori sulla Banca nazionale e i tre capitoli di riflessione

La Banca nazionale svizzera (BNS) ha tagliato nuovamente il tasso di interesse guida, facendolo scendere dallo 0,25% allo 0%. Dietro questa mossa si vedono tre obiettivi principali: supportare la crescita economica elvetica; non far abbassare troppo un’inflazione svizzera che è già molto bassa; frenare l’ascesa del franco, che continua ad essere moneta molto forte. È opportuno trasformare i tre obiettivi in altrettanti capitoli di riflessione, per cercare di capire se per ciascuno di questi la linea che la BNS sta seguendo sia la più valida, la più adatta.
Il Prodotto lordo
Cominciamo dalla crescita economica. Tre giorni prima della mossa della BNS di giovedì scorso, la Segreteria di Stato dell’economia (SECO) ha reso note le sue nuove previsioni sull’aumento del Prodotto interno lordo (PIL) elvetico. Secondo la SECO il PIL al netto degli eventi sportivi dovrebbe salire dell’1,3% nel 2025 e dell’1,2% nel 2026; le previsioni precedenti erano migliori, ma siamo ancora sopra l’1% del 2024. La stessa BNS parla di una crescita tra l’1% e l’1,5% sia nel 2025 sia nel 2026. Il contesto internazionale attuale - che purtroppo è fatto molto di forti tensioni geopolitiche, di conflitti bellici, di guerra dei dazi - pesa anche sulla Svizzera, che però sta confermando ancora una volta la sua capacità di tenuta. Serviva un altro taglio a un tasso guida che era già molto basso, allo 0,25%? In sintesi, si può dire che non era strettamente necessario, ma che un costo del denaro ancora più basso qualcosa in più - anche se non molto - può dare in termini di supporto alla crescita.
I prezzi
Passiamo all’inflazione, o rincaro. Qui il quadro si fa più complicato, perché la BNS vuole sì un’inflazione media annua bassa, tra lo 0% e il 2%, ma vuole anche evitare che si vada sotto lo zero in modo prolungato. In quel caso, ci sarebbe deflazione, cioè prezzi in ampia e perdurante discesa, che creerebbero difficoltà alle imprese, con riflessi negativi sul PIL e sul mercato del lavoro. L’inflazione elvetica in maggio è stata -0,1% e ciò probabilmente ha fatto riemergere l’allarme. Ma per la Svizzera c’è un rischio di vera deflazione? In realtà, il rischio pare contenuto. L’inflazione bassa è positiva, perché tutela il potere d’acquisto. Se c’è una piccola deflazione in alcuni mesi, e in altri no, la situazione può restare buona. Ciò che più conta è la media annua e la SECO aveva già indicato 0,1% per il 2025 e 0,5% per il 2026; la BNS dopo il nuovo taglio al tasso guida prevede 0,2% per quest’anno e 0,5% per il prossimo. Serviva azzerare il costo del denaro nel capitolo inflazione/deflazione? L’impressione di una parte degli operatori è che la mossa dal punto di vista dei prezzi in realtà non fosse una vera priorità.
Export e import
Veniamo alla forza del franco. Qui il quadro si fa ancora più complicato. Avere una valuta molto robusta presenta svantaggi e vantaggi. Tra gli svantaggi ci sono i maggiori ostacoli che deve affrontare l’export, visto che merci e servizi (svizzeri in questo caso) sono di fatto più cari per chi compra dall’estero. Tra i vantaggi c’è il fatto che l’import ha meno problemi, visto che le merci e i servizi esteri sono di fatto meno cari; ciò tra l’altro contribuisce a tenere bassa l’inflazione. Dunque ci sono anche importanti aspetti positivi nell’avere una moneta forte. Tornando all’export, bisogna poi aggiungere che i prodotti elvetici hanno spesso un valore aggiunto alto, che li rende meno sensibili al fattore valutario. Inoltre, molte imprese svizzere hanno saputo ben adattarsi nel tempo alla moneta forte, diversificando i prodotti e i mercati.
Occorre anche dire che il Sistema Svizzera - stabile politicamente, con conti pubblici in ordine, competitivo sul piano economico e finanziario - è la base positiva su cui continua a poggiare l’interesse di molti investitori verso il franco. La BNS ha gonfiato in passato il suo bilancio con acquisti di valute estere e ha praticato a lungo i tassi negativi. Il risultato è stato relativo, l’ascesa della valuta è stata ritardata ma non evitata. C’è un limite oltre il quale non si può andare contro il mercato, come ha mostrato anche la vicenda della fine della soglia di cambio euro/franco a 1,20. Da questo punto di vista, pure, non era una priorità l’azzeramento del tasso guida. La BNS dovrebbe pensarci non una ma cento volte prima di tornare in futuro ai tassi negativi, perché questi rischierebbero di non frenare il franco e di creare problemi maggiori al settore bancario e finanziario e ai risparmiatori. Alla fine, secondo molti è meglio cercare di gestire la moneta molto forte piuttosto che impiegare altre risorse nel tentativo probabilmente inutile di indebolirla.