Lo studio

Il food italiano cresce più del PIL (+5,9%): export in espansione (+7,3%), imprese familiari al centro del rilancio

Dal vino all’olio, le imprese familiari spingono l'agroalimentare italiano - Attesa crescita anche nel 2025, ma lo spettro dei dazi preoccupa
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Generoso Chiaradonna
26.06.2025 15:50

Il settore agroalimentare italiano si conferma uno dei comparti più dinamici dell’economia nazionale. Lo attesta l’XI edizione del Food industry monitor (FIM), l’osservatorio annuale condotto dall’Università di Scienze Gastronomiche di Pollenzo (USG) in collaborazione con Ceresio Investors, presentato ieri nella storica sede dell’ateneo piemontese.

Secondo lo studio, che analizza i dati di oltre 860 aziende italiane per un fatturato aggregato di circa 87 miliardi di euro (81,6 miliardi di franchi), il food ha registrato nel 2024 una crescita del 5,9%, un ritmo decisamente più sostenuto rispetto al PIL nazionale (+0,7%). Le previsioni per i prossimi anni restano solide: +4,6% nel 2025 e +4,4% nel 2026, trainate da consumi interni in ripresa, dinamica salariale favorevole e un buon livello di investimenti industriali.

«Il 2024 è stato un anno interlocutorio per il food, che ha comunque performato meglio del resto dell’economia. Ma è fondamentale monitorare con attenzione l’evoluzione dei mercati internazionali, soprattutto in caso di nuove tensioni commerciali», ha dichiarato Carmine Garzia, professore di management e responsabile scientifico del FIM presso USG.

L’export e l’incognita dazi

Particolarmente significativo l’andamento dell’export: +8,2% nel 2024 e +7,3% previsto per il 2025, con una stima di crescita del +7% nel 2026. Il vino si conferma capofila con oltre 8 miliardi di euro (7,5 miliardi di franchi)di esportazioni, il 30% dei quali diretti verso gli Stati Uniti. Gli USA rappresentano il principale mercato extra-UE, ma proprio qui si concentra anche la principale fonte di incertezza.

«L’introduzione di dazi da parte dell’amministrazione americana potrebbe incidere negativamente sulle esportazioni – ha spiegato Garzia –. Solo alcune imprese italiane hanno strutture produttive locali e possono quindi aggirare eventuali barriere. Per molte, invece, non è una strada praticabile».

Anche Alessandro Santini, Head of Corporate & Investment Banking di Ceresio Investors, ha sottolineato l’importanza di un cambio di paradigma: «È arrivato il momento per le aziende italiane di spingere su internazionalizzazione e crescita esterna. Dobbiamo iniziare a esportare non solo prodotti, ma know-how e capacità produttiva».

La governance familiare

Un focus particolare di questa edizione del FIM è stato dedicato alla struttura proprietaria e ai modelli di governance. Le imprese familiari costituiscono il 67% del campione analizzato e si distinguono per performance economiche superiori: ROI e ROE mediamente più alti, maggiore longevità e solidità patrimoniale.

I comparti delle farine, distillati, olio e caffè superano l’80% di aziende a controllo familiare. Anche nei segmenti dominati da grandi player internazionali, come surgelati e birra, le imprese familiari restano prevalenti.

Nel 75,8% dei casi, la governance delle imprese familiari è affidata a un Consiglio di amministrazione, e spesso la leadership è condivisa tra più membri, fattore che – secondo l’analisi – migliora sensibilmente la redditività. La presenza di consiglieri-azionisti e di un presidente appartenente alla famiglia fondatrice contribuisce ulteriormente al buon andamento economico.

Interessante anche il dato sulla presenza femminile nei CdA: nelle aziende familiari è al 24,7%, contro il 10,1% delle aziende non familiari.

Il dibattito

La giornata si è articolata in due momenti principali di confronto. A moderare i lavori è stata Silvia Sciorilli Borrelli, corrispondente del Financial Times per l’Italia, che ha aperto il convegno introducendo i saluti istituzionali del Rettore dell’Università di Scienze Gastronomiche, Nicola Perullo, e del Direttore Generale di Banca del Ceresio, Gabriele Corte.

La prima parte dell’evento ha visto la presentazione dei risultati del FIM da parte del Professor Garzia, con un focus approfondito su export, governance e strategie di crescita. A seguire, il professor Michele Fino ha moderato un dibattito sul valore del Made in Italy, con la partecipazione di Matteo Lunelli, Presidente e CEO di Ferrari Trento, e Guido Repetto, Presidente di Elah Dufour.

La seconda sessione, nuovamente condotta da Sciorilli Borrelli, ha affrontato il tema degli strumenti finanziari a supporto della crescita e dell’internazionalizzazione. Tra i relatori: Maria Luisa Miccolis, Head of Sales PMI di SACE, e Alessandro Santini di Ceresio Investors.

A concludere i lavori, come da tradizione, l’intervento appassionato di Carlo Petrini, fondatore di Slow Food e presidente dell’Università di Scienze Gastronomiche, che ha ribadito la centralità del cibo come leva culturale ed economica.