Il lusso è in crisi, e non basterà un rebranding a salvarlo

Il settore dei beni di lusso sta attraversando una crisi senza precedenti, secondo gli osservatori del mercato. A loro avviso sarà difficile invertire la tendenza nel medio termine, ma vi sono marchi meglio posizionati di altri.
«È la prima volta che i due principali motori della domanda nel ramo, gli Stati Uniti e la Cina, si fermano allo stesso tempo: è una cosa senza precedenti», indica Olivier Abtan, esperto presso AlixPartners Paris, all'agenzia Awp. «i consumi stanno rallentando in tutte le regioni del mondo», spiega. «E non si vede una fine di questa fase, almeno nei prossimi sei mesi». A suo avviso gli operatori devono adattarsi «alla non crescita o alla bassa crescita per i prossimi anni».
Anche Bain & Company parla di un «periodo di turbolenza senza precedenti». «Le tensioni geopolitiche, il rallentamento dell'economia, le guerre commerciali e la volatilità dei mercati finanziari stanno attualmente scuotendo il comparto dei beni di lusso», afferma Marie-Therese Marek, specialista della società di consulenza.
Da parte sua l'analista di Vontobel Jean-Philippe Bertschy descrive il settore come «moribondo e molto difficile»: oltre alle incertezze geopolitiche e al rallentamento della Cina e degli Stati Uniti, «anche le valute giocano un ruolo, in particolare il calo del dollaro». Inoltre la sensazione di benessere che spinge i consumatori ad acquistare non c'è più, nemmeno in Svizzera, dove le condizioni politiche ed economiche sono stabili.
Alcuni marchi come Hermès, Brunello Cucinelli, Rolex, Cartier e Loro Piana stanno però andando molto bene, sottolinea il professionista. «Si distinguono per la qualità dei loro prodotti, con un'attenzione particolare all'artigianato e ai materiali più pregiati». Questi articoli, progettati per durare nel tempo, aumentano di valore nel corso degli anni, come nel caso dei gioielli. Sono considerati beni rifugio.
I gruppi che rimangono solidi «puntano su marchi che raccontano una storia, che sono altamente desiderabili e che favoriscono il contatto diretto con i clienti», continua Bertschy, citando come esempio Cartier, parte di Richemont.
Anche secondo Abtan esiste «un lusso senza tempo, che ha un posizionamento molto autentico e una capacità di resistere alle mode». A prescindere dal clima economico, sta andando bene, attirando i ricchi, ma anche la classe media. I marchi in ascesa hanno anche un forte potere di determinazione dei prezzi e saranno quindi meno colpiti dall'imposizione di dazi doganali da parte degli Stati Uniti.
Altre aziende di moda più all'avanguardia, come Balenciaga, un marchio di Kering, Dior, che appartiene al gruppo LVMH, e Burberry, invece, hanno visto diminuire le loro vendite dall'era post-Covid. «Più volatili, hanno registrato crescite fenomenali ma anche cali molto bruschi», osserva Abtan. Ad esempio Gucci di Kering è di nuovo sulla bocca di tutti, visto che le sue vendite sono calate del 24% nel primo trimestre del 2025.
A questo proposito Marek sottolinea il fatto che, all'interno dello stesso gruppo, «le performance delle diverse case sono molto differenti». Segmenti come la gioielleria, l'abbigliamento di alta gamma, gli occhiali e i profumi sono in progresso, mentre i vini e gli alcolici, l'orologeria e la pelletteria, che non presentano una forte innovazione, sono in declino. L'analista raccomanda ai marchi in difficoltà di «tornare ai fondamentali», con un posizionamento di prezzo più equo.
Alcuni di loro, tra cui Gucci, ci stanno lavorando, «ma l'inversione di tendenza non avviene da un giorno all'altro», puntualizza Bertschy. «Per alcuni è un circolo virtuoso, per altri è un circolo vizioso; è difficile guadagnare credibilità e l'aumento dei prezzi non aiuta», conclude l'esperto.