«Il Parco dell’innovazione? Una locomotiva trainante»

Luca Bolzani, quali sono i principali traguardi da evidenziare in dieci anni di storia?
«Premesso che sono entrato in carica solo due anni fa, fin dalla nascita Fondazione Agire ha promosso lo sviluppo di un sistema di innovazione regionale, sfruttando anche le reti già presenti sul territorio (centri di ricerca, università, incubatori, iniziative private), così da favorire un’azione coordinata e coerente col mandato del Consiglio di Stato. Ad esempio ha istituito Boldbrain, un programma di accelerazione per giovani start-up che ogni anno distribuisce quasi 180.000 franchi in premi. C’è il Tecnopolo a Suglio, l’infrastruttura che Agire riaffitta alle start-up con una serie di servizi, dalla consulenza al mentoring. Lo scorso anno poi abbiamo ottenuto l’approvazione della candidatura per la sede ticinese del Parco dell’innovazione. Il Ticino ora è in partnership con il parco di Zurigo e della Svizzera centrale, su un’asse dell’innovazione che attraversa la Svizzera da Nord a Sud. Inoltre è partita l’iniziativa degli «scouting days», le giornate dedicate a far incontrare le start-up con delle aziende più grandi con specifiche esigenze di R&D (scouting for innovation), rispettivamente con degli investitori privati ticinesi interessati ad investire sul territorio (scouting for investors)».
Quante sono le start-up che effettivamente hanno spiccato il volo?
«Non abbiamo statistiche precise. Al Tecnopolo ci sono una trentina di start-up, oltre un centinaio partecipano a Boldbrain. In dieci anni abbiamo avuto una quarantina di storie di successo, come Humabs, Ticinsect, xFarm, TissueLabs. In generale la percentuale di sopravvivenza è abbastanza alta».
Ad oggi quali sono i settori su cui si punta di più?
«Non è tanto una questione di settori perchè l’innovazione può essere di diverso tipo: di prodotto, di processi industriali, di approccio alla vendita. Per questo il Parco dell’innovazione si basa sul concetto dei centri di competenza tematici, che creano legami tra gli enti di ricerca pubblici e privati del territorio. Tra questi i droni, le Scienze della vita, un ramo molto importante per il Ticino, e le tecnologie dell’informazione e comunicazione (ICT). Ce ne sono altri ma ancora in stato più embrionale, come la blockchain, la mobilità e le energie alternative».
In passato Agire ha ricevuto varie critiche per il numero più in calo che in crescita delle sue start-up: cos’era successo e cosa è stato fatto?
«È vero, ma Suglio ha un’attrattività che dipende molto dalle esigenze di location delle singole start-up e oggi siamo tornati a un’occupazione dell’80%. Inoltre il Tecnopolo è solo una delle varie attività di Agire e sarebbe sbagliato misurare il successo del nostro operato dal grado di occupazione degli stabili. In Ticino ci sono più di 200 start-up, il nostro compito è quello di rafforzare la rete dell’innovazione ticinese e darle la giusta visibilità, così da raggiungere fisiologicamente le nuove iniziative. Probabilmente questo punto è stato migliorato».
Quindi Agire come definisce il suo successo?
«In questo caso è davvero difficile rispondere con numeri e indicatori: non tutto il successo dell’innovazione cantonale dipende da Agire e per qualunque parametro (ad esempio numero di start-up, finanziamenti ottenuti, posti di lavoro, etc..), ci sono tanti attori che contribuiscono. Noi ci impegniamo molto per portare avanti i progetti che ho citato prima. Probabilmente il successo di Agire si misurerà dallo sviluppo economico del cantone dei prossimi anni, nell’evoluzione tecnologica, nel PIL, nel grado di occupazione».
A livello di concorrenza territoriale spesso si guarda a Zurigo, ma anche i vicini Grigioni hanno degli ottimi atout per attirare start-up. Il Ticino cosa deve continuare a fare bene, o meglio?
«Si è molto parlato di perdita di competitività del Ticino, che è legata a vari aspetti: fiscalità, disponibilità di spazi industriali e di manodopera qualificata, il rapporto con la ricerca...Rispetto ai Grigioni abbiamo una fiscalità meno competitiva e meno spazi disponibili. D’altra parte in Ticino ci sono edifici che andrebbero ristrutturati, c’è un grande fermento in termini di competenze grazie alle università e ai centri di ricerca (tra cui IRB, Bios+, IOR, Istituto Dalle Molle,...) e poi c’è la possibilità di avere manodopera qualificata dal bacino della Lombardia. Ci sono ottime carte per attirare l’innovazione».
Lo scorso anno nonostante la pandemia le start-up svizzere hanno raccolto 3,1 miliardi di investimenti in venture capital, un miliardo in più rispetto al 2020. Anche il Ticino ne ha beneficiato?
«Si anche in Ticino sono aumentati gli investimenti in start-up. La nostra iniziativa «scouting for investors» vuole appunto favorirli, rivolgendosi a persone fisiche alla ricerca di un investimento alternativo, magari affine ai propri interessi e sul territorio. L’anno scorso a queste giornate hanno partecipato una ventina di aziende e di investitori. Il riscontro è stato ottimo, per cui vorremo fare 3-4 incontri l’anno».
Quali altri obiettivi si è posta Agire per il 2022 e per i prossimi dieci anni?
«La priorità ora va alla costituzione del Parco dell’Innovazione: il progetto approvato ha bisogno di una struttura giuridica indipendente e di un finanziamento proprio. Per questo bisogna raccogliere l’interesse delle aziende, sul territorio e al di fuori del Ticino. I centri di competenza dovranno perciò essere di ottimo livello. Il concetto che vogliamo sviluppare è quello di innovazione aperta: alcuni progetti di interesse comune possono essere condotti in maniera più efficace se condivisi con altre aziende con una problematica simile. Un esempio? Creare in laboratorio dei tessuti cellulari su cui applicare le prime fasi della ricerca preclinica. A lungo termine, se il Parco si consolida diventerà probabilmente la locomotiva trainante dell’innovazione cantonale».