Economia

Il rallentamento dell'orologeria: «Purtroppo non è solo ciclico»

La Convenzione padronale dell'industria svizzera ha recentemente segnalato una preoccupante riduzione degli occupati - Si fanno sentire, in particolare, la contrazione dei volumi e il rallentamento di alcuni segmenti
©CHRISTIAN BEUTLER
Paolo Galli
31.12.2025 06:00

Negli scorsi giorni, la Convenzione padronale dell’industria orologiera svizzera ha presentato una situazione piuttosto preoccupante per tutto il settore, uno dei settori che rappresentano al meglio la storia e la tradizione della nostra economia, oltre che della nostra cultura. L’associazione segnala, per la prima volta dall’era post-COVID, una riduzione degli occupati nell’industria orologiera. «Nonostante gli sforzi delle aziende e il ricorso a misure di riduzione dell’orario di lavoro, la contrazione dei volumi e il rallentamento di alcuni segmenti si fanno sentire nella maggior parte del tessuto industriale orologiero». E le prospettive non sono rosee. «Le prospettive per il 2026 rimangono incerte, con una pressione prevista sull’occupazione al termine delle misure di sostegno». Ne abbiamo parlato con Angelo Piritore, co-presidente dell’Associazione di categoria ticinese, la ATIO.

«Più drammatico»

Subito, Piritore cancella la tentazione di interpretare il tutto come qualcosa di passeggero, o di ciclico. «Purtroppo non può essere considerato un rallentamento ciclico. Nonostante l’orologeria di alta gamma abbia sempre subito rallentamenti ciclici, di regola ogni 10-12 anni, questo rallentamento si annuncia essere più drammatico». E diversi sono i fattori a determinarlo: «Incertezze geopolitiche, fluttuazioni economiche e costante pressione sulle catene di approvvigionamento». La Convenzione padronale parla, in realtà, di un aumento dei «colletti bianchi», ma di un fortissimo calo nelle professioni legate alla produzione. Come se l’industria cercasse, a fronte di una produzione in crisi, altri modi per rilanciare il settore. «Sì, paradossalmente si è constatato uno spostamento di personale da “colletti blu” a “colletti bianchi”, il quale non è facilmente spiegabile, in quanto l’orologio ha una certa complessità tecnica che deve essere coperta da tecnici e specialisti di produzione e non da personale amministrativo».

«Capacità di innovazione»

Ci sono anche differenze a livello regionale. E il Ticino? Piritore spiega: «Il Ticino conferma la propria solidità, mantenendo al centro la qualità, la competenza e la cultura del prodotto svizzero, nonostante l’alto tasso di frontalierato. Viviamo in un contesto di servizio, nonostante ci siano unità produttive molto attive. Con l’eccezione delle lancette - dette sfere - il Ticino possiede le tecnologie per sviluppare e produrre tutti i componenti esistenti in un orologio. A livello di movimenti meccanici e quartz ci sono aziende che le assemblano con “kit di assemblaggio” ricevuti dalle manufatture orologiere. La versatilità e flessibilità sono e devono essere i fattori trainanti per non subire troppo questi cali di unità produttive». Il co-presidente dell’associazione ticinese approfondisce: «Il Ticino occupa circa tremila persone attive nell’orologeria e affini, suddivise in una trentina di aziende. Lo stesso Swatch-Group, con un effettivo di circa seicento persone, rappresenta una realtà molto importante nel Mendrisiotto. Il settore ha dimostrato e tuttora dimostra resilienza e capacità di innovazione, investendo in processi, formazione e competenze, valorizzando la tradizione con un approccio sempre più orientato alla sostenibilità». Uno dei problemi, in termini di prospettive, riguarda l’attrattività del settore. I dati nazionali mostrano una crescente quota di personale altamente qualificato e un aumento degli apprendisti, nonostante il calo complessivo dell’occupazione. «L’attrattività di questo affascinante mestiere purtroppo viene meno, probabilmente, per la sua intrinseca staticità: l’orologiaio tipicamente si muove molto lentamente e si sposta poco. Attitudini non proprio tipiche per i nostri giorni. Ovviamente l’offerta per la formazione prevede due tipi di attestati federali di capacità: orologiaio di produzione, con tre anni di formazione duale, o orologiaio riparatore con quattro anni di formazione.

I mercati critici

La congiuntura economica globale è citata come fattore chiave di questa crisi. Basti pensare al rallentamento della domanda mondiale e alle complessità legate ai mercati strategici. Il Ticino, in questo senso, non fa eccezione rispetto alle dinamiche globali. «I mercati critici sono uguali per il Ticino come il resto della Svizzera. Due su tutti: la Cina in caduta libera, o quasi, e Hong Kong, con un -11% in soli tre anni. Mercati cruciali. Il loro rallentamento, che perdura già da qualche anno ha un effetto importante sull’orologeria. In compenso sono stabili, o crescenti, USA, Giappone e Italia, contro mercati stabili sono Germania, Singapore, Francia, Emirati Arabi e Regno Unito. L’India come mercato emergente è molto interessante ma non ancora al livello della Cina. Purtroppo la politica dei dazi statunitensi, molto altalenante, non è che agevoli la situazione economica, già molto perturbata, e non permette alle aziende di agire in maniera mirata». In vista del 2026, e poi oltre, è difficile pensare di poter stravolgere le proprie strategie e le proprie tradizioni. Spiega ancora Piritore: «Ci dobbiamo attenere ai nostri valori di base e lavorare con il Centro di formazione dell’Industria orologiera che ha proseguito con continuità l’offerta dei propri corsi, contribuendo a rafforzare le competenze tecniche e specialistiche che rappresentano un pilastro per la competitività delle nostre imprese. In parallelo, le iniziative rivolte al pubblico e agli appassionati - come i workshop esperienziali - continuano a essere un efficace strumento di valorizzazione del sapere artigianale e di promozione della cultura orologiera, alimentando interesse e motivazione anche in ottica di ricambio generazionale».

Dal Natale nessun salvagente

Neppure il periodo natalizio, che tradizionalmente permette al settore di registrare un picco per le vendite di orologi di lusso, ha cancellato i guai. Con un contesto economico più lento e politiche commerciali variabili, le attese di vendita per questo Natale non hanno trovato grandi risposte. Piritore, a nostra precisa domanda - «Vede un comportamento diverso dei consumatori rispetto agli anni precedenti?» -, ha risposto: «Ne sono convinto. In particolare, la situazione geopolitica inibisce gli acquisti, a meno che non si tratti di beni di rifugio. Ma già il fatto stesso che si siano abbassati parzialmente i prezzi degli orologi Rolex, dovrebbe dirla tutta. Non ricordo ce ne siano mai stati prima».