Il punto

Il senso di Lufthansa in Italia (e in Svizzera)

L'Europa dei cieli è, e sarà, sempre più tedesca, anche se all'orizzonte si profila l'ennesima spaccatura fra Roma e il Nord – Che cosa cambierà per i viaggiatori, anche ticinesi?
© Shutterstock
Stefano Olivari
20.01.2023 11:30

Lufthansa sta per diventare padrona della principale compagnia aerea italiana, così come lo è di quella svizzera. I tedeschi hanno infatti presentato ufficialmente un’offerta al Ministero dell’Economia italiano per rilevare il 40% di ITA Airways, con l’obbiettivo dichiarato di comprarsi tutto. La novità rispetto ai decenni e alle offerte passate, anche della stessa Lufthansa, è che il governo italiano quasi certamente dirà di sì. Che cosa significa tutto questo per Italia e Svizzera?

Alitalia addio

ITA Airways, dove ITA sta per Italia Trasporto Aereo e altro non è che la vecchia Alitalia, nata nel 1946 e così ribattezzata nel 2020 alla fine della sua lunga agonia e dell’amministrazione controllata. È quindi a tutti gli effetti la compagnia di bandiera dell’Italia, che con questo escamotage ha provato a ripulire la vecchia Alitalia dai debiti, dalle risoluzioni della Commissione Europea contro gli aiuti di Stato e anche da molte tratte improduttive. Più di qualche analogia con quanto avvenuto 21 anni fa con l’operazione Swissair diventata Swiss… La ITA attuale copre soltanto 39 destinazioni, contro le 100 dell’Alitalia, con 52 aerei di flotta iniziale contro i 116 del passato. Fra l’altro ITA ha anche riacquistato il marchio Alitalia e si è quindi preparata o per funzionare sul serio o per essere venduta. Siccome finanziariamente continua a non funzionare, per usare un eufemismo, riecco lo scenario della vendita.

Europa francese e tedesca

Lufthansa punta a un 40% iniziale, attraverso un aumento di capitale riservato la cui entità è ancora incerta ma comunque vicina ai 300 milioni di euro. E dopo un periodo di assestamento l’idea di tutti è quella di arrivare al 100%, con una valutazione di 750 milioni. Il mercato italiano del trasporto aereo vale 20 miliardi di euro all’anno, ma non è che per le spoglie di Alitalia si sia nelle ultime settimane scatenata un’asta: quella di Lufthansa è ora l’unica, nel caso si continui sulla strada della privatizzazione. Air France-KLM aveva proposto una collaborazione commerciale, ma ha tenuto a specificare di non voler acquistare ITA Airways né per intero né in parte. Via libera quindi a Lufthansa, cioè a un gruppo che già comprende Swiss, Austrian Airlines, Brussels Airlines, Eurowings e Air Dolomiti. L’Europa dei cieli diventerà quindi tedesca, francese e poco altro, ragionando secondo vecchie logiche e quindi senza tenere conto delle compagnie low cost, peraltro sempre meno low.

Da Malpensa a Zurigo

In quale modo Lufthansa riporterà ITA, già Alitalia, al pareggio? Ricordiamo che nel 2022 il margine operativo lordo, cioè il vero indicatore della gestione operativa (non si contano imposte, interessi e ammortamenti) è stato negativo per 466 milioni di euro. Il gruppo Lufthansa nello stesso periodo ha, tutto compreso, avuto un risultato positivo di 1,5 miliardi e quindi ha le spalle abbastanza larghe per ristrutturare una situazione che è sempre stata in rosso in ogni epoca e con governi italiani di qualsiasi tendenza, da Alcide De Gasperi a Giorgia Meloni. L’idea già espressa dai tedeschi per ITA è quella di puntare al turismo di fascia alta, rendendo Roma Fiumicino un hub di primo livello, con lo stesso rango di Francoforte, Monaco, Vienna e Zurigo. Un’idea che piace molto ai sindacati e alla maggioranza degli attuali 2.800 dipendenti (fino a pochi anni fa erano 11.500) di ITA, quasi tutti con base a Roma, mentre molto meno piace al Nord Italia: non sarebbe una buona notizia per Linate e soprattutto per Malpensa, tanto per essere chiari. L’hub naturale della Lombardia, per quanto riguarda le grandi tratte, potrebbe quindi diventare Zurigo, come del resto già in parte è. 

Il vero prezzo

Non occorre essere Nostradamus per prevedere che il Nord Italia, non solo nella sua parte industriale, si metterà in qualche modo di traverso, visto che la parte più produttiva del Paese sarà premiata con qualche scomodità in più: da Milano i treni più veloci sia per Roma sia per Zurigo sono poco sopra le tre ore, anche se è chiaro che Malpensa e soprattutto la più cittadina Linate avrebbero una seconda vita «triangolando» passeggeri su Roma o Zurigo. Senza contare i tanti servizi di taxi-elicottero che nasceranno nei prossimi anni. Il grande argomento a favore della vendita a Lufthansa rimane il prezzo pagato dagli italiani per mantenere in vita una Alitalia che per gran parte della sua storia è stata un «postificio» per raccomandati e una produttrice di baby-pensionati. Dalla nascita fino al commissariamento del 2007 Alitalia è, secondo uno studio di Mediobanca, costata 3,3 miliardi di euro fra aumenti di capitale e aiuti vari. Da allora, quindi da quando nel 2008 Berlusconi appena tornato al governo fece saltare la vendita ad Air France, sono stati spesi per i vari salvataggi 4 miliardi, a cui aggiungere i 900 milioni di prestito del governo Gentiloni e altro, compresa la dotazione iniziale di ITA. Calcoli al ribasso, che non tengono conto di prepensionamenti o anche dei pensionamenti facili dei presunti bei tempi. Insomma, Alitalia è tutto compreso costata all’Italia non meno di 15 miliardi.

Un anno dopo

Le ultime mosse di Lufthansa arrivano a un anno dalla trattativa condotta dagli stessi tedeschi in partnership con MSC, proprio quelli delle crociere. Allora la cordata per l’80% di ITA aveva proposto al governo Draghi 1,4 miliardi di euro. E aveva anche dei concorrenti, come i fondi americani Certares (con sullo sfondo Air France e Delta) e Indigo Partners. A un certo punto, sul finire del governo Draghi, sembrava potesse prevalere Certares, ma poi si è preferito rimandare tutto e comunque privilegiare un’operazione di tipo industriale, così si dice sempre. Questa di Lufthansa in solitario sembra sia la volta buona, ma rimane un fatto: in un anno il valore di ITA si è dimezzato e non facendo niente il fallimento nel giro di un paio d’anni sarebbe d’attualità. A meno di non voler continuare a spendere per l’orgoglio di poter dire «abbiamo una compagnia di bandiera». Sono logiche politiche, tutte da capire, perché quelle finanziarie sono invece chiare come non mai.

 

In questo articolo: