Congiuntura

In Europa l’industria frena e in Ticino gli ordinativi sono in lieve calo

In Italia produzione scesa del 3,5% nel 2024, solo in dicembre calo del 7,1% – Forte flessione anche in Germania
In Ticino ci sono molte imprese che producono componenti per l’industria dell’auto. © EPA/Uwe Meinhold
Roberto Giannetti
14.02.2025 00:00

L’industria europea dà preoccupanti segni di debolezza. Il 2024 si chiude in Italia con una diminuzione della produzione del 3,5% rispetto al 2023. In Germania la flessione è stata addirittura del 4,5%.

Il dato italiano è stato comunicato in questi giorni dall’Istituto nazionale di statistica (Istat), il quale ha spiegato che la dinamica tendenziale dell’indice corretto per gli effetti di calendario è stata negativa per tutti i mesi dell’anno, con cali congiunturali in tutti i trimestri. In dicembre l’indice destagionalizzato della produzione industriale è diminuito del 3,1% rispetto a novembre. Al netto degli effetti di calendario, su base annua la flessione è stata del 7,1%.

Ben 23 mesi di flessione

Salgono così a 23 i mesi di caduta consecutiva nel dato tendenziale e questo porta al secondo arretramento annuo consecutivo dopo il -2% del 2023.

Ad abbattere la media sono da tempo due comparti in particolare, auto e settore moda, i peggiori anche in questo caso. Per le vetture si tratta di un output quasi dimezzato (-43%), esito scontato del massiccio ricorso alla Cig del gruppo Stellantis. Nel tessile abbigliamento la frenata supera il 18%.

Anche dalla Germania sono arrivati, già qualche giorno fa, che nel 2024 si è verificata una nuova battuta d’arresto e il Paese ha toccato il livello più basso da maggio 2020. In dicembre su base annua, il calo della produzione industriale è stata del 3,1%. L’andamento negativo della produzione nel mese di dicembre è attribuibile principalmente alla flessione dell’industria automobilistica (-10% rispetto al mese precedente). Il 2024, nel complesso, si è chiuso con un crollo della produzione del 4,5%.

Partner importanti

Come noto, per il Ticino Italia e Germania rappresentano i due principali partner commerciali. E nel cantone sono presenti molte imprese attive nella fornitura di componenti per l’industria automobilistica tedesca, che sta vivendo una profonda crisi. Qual è la situazione dell’industria ticinese? Cosa succederà anche alla luce delle sanzioni americane all’acciaio e all’alluminio europei? Lo abbiamo chiesto a Stefano Modenini, direttore dell’Associazione Industrie Ticinesi (AITI). «Evidentemente - spiega - per una parte significativa dell'industria ticinese la Germania è il mercato più importante e dunque le difficoltà dell'economia tedesca si ripercuotono anche sull'andamento degli ordinativi presso le nostre imprese. A ciò si deve sommare la generale debolezza del mercato europeo, verso il quale indirizziamo la maggior parte delle nostre esportazioni. Quindi sì, c'è un influenza diretta, ad esempio per il settore dell'automotive e della meccanica, ma pure indiretta soprattutto laddove le imprese europee, che riforniamo di semilavorati e prodotti finiti, hanno a loro volta difficoltà ad operare sui loro mercati d'esportazione. In Ticino stimiamo la flessione in termini limitati, solo però se teniamo conto che la debolezza del mercato europeo è bilanciata da situazioni congiunturali migliori, ad esempio negli Stati Uniti».

«Per il momento - precisa - i dazi annunciati dall'amministrazione Trump sono riferiti ad alcuni beni precisi, che non concernono in massima parte le esportazioni svizzere, ma non dobbiamo sottovalutare la situazione in divenire, anche perché noi esportiamo verso gli Stati Uniti molto di più di quello che importiamo».

«Inoltre - illustra - prima ancora dei dazi, preoccupa la fase di incertezza che il loro annuncio crea nelle diverse economie. Non credo che i dazi americani siano la prima minaccia diretta per l'economia svizzera, ma dato che siamo fornitori dell'industria europea ed asiatica dobbiamo preoccuparci dei dazi eventualmente applicati contro le economie dei paesi dove esportiamo».

Il Consiglio federale intervenga

«Siccome - conclude Stefano Modenini - le previsioni di crescita dell'economia per il 2025 sono deboli, attorno all'1-1,5% del PIL, chiediamo al Consiglio federale di avviare trattative proficue con gli Stati Uniti per firmare un accordo di libero scambio. Gli USA sono infatti l'unico importante partner commerciale della Svizzera con il quale non abbiamo ancora sottoscritto un accordo in tal senso. Infine, per quanto concerne l'occupazione nel settore industriale ticinese, prevediamo una sostanziale stabilità».