L’intervista

«In Ticino sono in arrivo alcuni nuovi marchi orologieri»

Secondo Oliviero Pesenti, presidente uscente dell’Associazione ticinese dell’industria orologiera (ATIO), il settore nel cantone sta tenendo e sta mostrando segni di vitalità
Dal lusso all’entrata gamma: in Ticino l’industria orologiera oggi genera circa 3.700 posti di lavoro. ©cdt/archivio
Erica Lanzi
29.12.2021 18:43

Si chiude un anno particolare anche per il settore orologiero, emblema dello Swiss-made all’estero. Ne parliamo con Oliviero Pesenti, presidente uscente dell’associazione mantello in Ticino ATIO.

Signor Pesenti, che bilancio si può tracciare per il settore orologiero ticinese nel 2021?

«C’è stata una ripresa generale a livello svizzero e di conseguenza ticinese, grazie al fatto che i Paesi hanno gradualmente tolto le misure di confinamento. Il turismo internazionale è ripartito dopo un 2020 catastrofico. L’industria ticinese ha beneficiato del buon andamento degli orologi di alta gamma (sopra i 3.000 franchi) mentre gli orologi di entrata gamma hanno faticato, soppiantati dagli smartwatch. Infatti il valore del fatturato è superiore al 2019 ma le quantità sono inferiori».

Quali sono le maggiori sfide che vi aspettate dal 2022?

«Le prospettive sono molto buone in tutti i settori meno che per l’entrata gamma. Le ordinazioni in Ticino stanno aumentando rispetto al 2020 e 2021. Il rischio maggiore ora arriva dall’evoluzione della pandemia. Bisogna che Paesi come la Cina rimangano aperti senza introdurre politiche per privilegiare la produzione di orologi cinesi per il mercato interno».

Rispetto ai problemi di approvvigionamento mondiale, prevedete una normalizzazione nel 2022?

«La mancanza di materie prime preoccupa soprattutto per le forniture di acciaio inox, meno per le pietre preziose. Probabilmente il problema delle supply chain perdurerà per tutto il prossimo anno, con una normalizzazione della situazione a partire dal 2023. Le aziende ticinesi, per lo più contoterziste di grandi marchi svizzeri, stanno cercando di aumentare le scorte per poter garantire la consegna degli ordini del 2022. E poi ci sarà il problema dei costi maggiori da affrontare».

Si teme pure un ulteriore rincaro del franco.

«Dato che il settore orologiero svizzero esporta oltre il 90% della merce, il franco forte non è certo una bella notizia. Ci rende meno competitivi, in un momento in cui Paesi come la Cina spingono sui propri prodotti. Il franco forte è uno dei fattori contingenti che potrebbero offuscare le buone prospettive del 2022».

Le vendite di orologi svizzeri all’estero a novembre del 2021 erano superiori per fatturato (+2,1%) rispetto al 2019, ma nettamente inferirori per quantità (-13%). Con l’inflazione che cresce c’è da aspettarsi un rincaro del prezzo degli orologi?

«Nel 2021 non ci sono stati aumenti di prezzo, il fatturato è aumentato grazie al volume più alto degli orologi di alta gamma venduti. Non sappiamo se ci saranno rincari. Ma nell’entrata e media gamma i prezzi andrebbero piuttosto abbassati perché c’è troppa concorrenza, soprattutto da parte degli smartwatch».

Come mai la Svizzera, sempre in cima alle classifiche per livello diinnovazione, è poco concorrenziale sul fronte smartwatch?

«Perché i grandi marchi hanno perso troppo tempo, sostenendo che non avrebbero mai sostituito l’orologio meccanico svizzero, mentre Apple e Samsung hanno investito miliardi ed eroso la nostra entrata gamma. Adesso i marchi svizzeri fanno fatica a recuperare il terreno perso. Ancora una volta l’orologeria elvetica ha fatto un errore di valutazione».

Cosa intende con: «Ancora una volta»?

«Si, già negli anni ’70 era stato ignorato a torto il cambio di paradigma imposto dal movimento al quarzo, sviluppato in Giappone. Ci è voluta la nascita di Swatch negli anni ‘80 per rimettere in carreggiata il settore orologiero svizzero, che intanto aveva perso migliaia di posti di lavoro. Nel caso dello smartwatch non si è capito che anche se non crea emozioni, tuttavia è polifunzionale e utile: qualità molto attrattive per i giovani (e non solo)».

La pandemia invece quanto è costata in termini di posti di lavoro al settore orologiero?

«Grazie agli aiuti di Berna e del Cantone le perdite sono state limitate, purtroppo non azzerate. A livello svizzero lo scorso anno sono stati cancellati 3.000 impieghi, in Ticino oltre 200 (su circa 3.900 totali). I tagli hanno colpito soprattutto le donne perché in gran parte si è trattato di impieghi di assemblaggio, colpiti dal calo dei volumi».

D’altra parte in Ticino nei mesi della pandemia hanno trovato nuova linfa marchi storici come Longville, Cuervo y Sobrinos: come si spiega questo trend?.

«Si, oltre a questi ci sono almeno altri due o tre marchi che stanno arrivando in Ticino e mi fa molto piacere! Significa che la terra ticinese sta tornando di attualità per chi fa orologi. Piace la vicinanza con l’Italia e i suoi designer, ma anche le competenze di manodopera qualificata in loco, nonché l’appoggio delle istituzioni cantonali. Aiuta anche la ripresa del turismo. Non è da poco neppure la presenza dell’associazione mantello ATIO con il centro di formazione. Tutti ingredienti che stanno aiutando a far nascere un cluster di marchi. I primi risultati li vediamo con Lonville e Cuervo y Sobrinos, nei prossimi mesi ci saranno più dettagli sugli altri marchi in arrivo. Sono ottime notizie di cui essere fieri!»