Vini

Italia prima per volumi, ma non per valore: il vino tricolore deve «esportare cultura»

Dal Food Industry Monitor 2025 emerge la sfida strategica del comparto vitivinicolo: margini sotto pressione e internazionalizzazione ancora limitata, nonostante una crescita media annua dell’export del 4,8%
©Gabriele Putzu
Red. Online
24.10.2025 06:00

L’Italia resta il primo esportatore mondiale di vino in termini di volumi, ma non di valore. È quanto emerge dalla prima edizione verticale del Food Industry Monitor (FIM) dedicata al vino, realizzata da Ceresio Investors in collaborazione con l’Università di Scienze Gastronomiche di Pollenzo (UNISG), presentata alla Biblioteca Internazionale La Vigna di Vicenza con il patrocinio di Confindustria Veneto.

Secondo l’analisi, nel 2024 il Belpaese ha esportato 21,8 milioni di ettolitri di vino – più di ogni altro Paese – per un valore complessivo di 8,1 miliardi di euro. Tuttavia, il prezzo medio per litro resta significativamente inferiore rispetto a quello francese. La Francia mantiene infatti la leadership in valore, con 33 miliardi di euro contro i 16 dell’Italia.

Tra il 2019 e il 2024 l’export del vino italiano è cresciuto in media del 4,8% l’anno, con una redditività commerciale (ROS) del 5,9%. I dati raccolti su 165 imprese vinicole italiane mostrano inoltre un incremento dei ricavi del 2,5% nel 2024 e una buona solidità finanziaria, con un indebitamento medio contenuto (1,04).

L’indagine evidenzia però forti differenze tra i modelli di business: i trader risultano i più redditizi, con un ROIC medio 2020–2024 dell’8,96%, seguiti da produttori integrati e cooperative. Una trasformazione strutturale che, secondo gli esperti, spinge il settore a ripensare il proprio posizionamento.

«Il comparto vino italiano ha bisogno di un salto strategico: non basta più esportare bottiglie, serve esportare valore, cultura e modelli produttivi», ha dichiarato Carmine Garzia, professore di Management e responsabile scientifico del FIM. «La sfida è passare da una logica di volume a una logica di posizionamento».

Nonostante il 28% dell’export sia diretto agli Stati Uniti, solo poche aziende italiane controllano direttamente la distribuzione, un limite che espone il settore alle incertezze geopolitiche e alle politiche doganali.

La giornata si è chiusa con una tavola rotonda moderata dal professor Michele Fino (UNISG), alla quale hanno partecipato Luca Giavi (Consorzio DOC Prosecco), Fabrizio Polegato (UIV), Marzia Varvaglione (CEEV, AGIVI, UIV) e Alessandro Santini (Ceresio Investors), per un confronto su internazionalizzazione, innovazione e sostenibilità nel futuro del vino italiano.