La banca è ancora più solida dopo l'intervento della BNS

«La banca è solida e solvibile. Non ci sono mai stati dubbi su questo. I vertici lo hanno ribadito a lungo nei mesi scorsi, ma ora c’è la dichiarazione ferma e decisa della Finma, l’autorità federale di vigilanza sui mercati finanziari, che ha ricordato che non solo la banca rispetta tutti i parametri di capitalizzazione previsti dalle regole del “too big, too fail”, ma li supera». A parlare è Marzio Grassi, direttore regionale di Credit Suisse per il Ticino. «Gli ultimi giorni di questa settimana li ho trascorsi - e come me ogni collaboratore e consulente - a spiegare questo sia ai nostri clienti, sia ai partner commerciali, sia agli imprenditori: siamo solidi e questo al di là dell’evoluzione attuale dalla quotazione del titolo in Borsa. I depositi della clientela non sono stati a rischio», ribadisce Grassi.
Azione che dopo il forte rimbalzo di giovedì, all’indomani dell’annuncio della linea di credito da 50 miliardi aperta dalla Banca nazionale svizzera (BNS), ieri è scesa a 1,86 franchi (-8,01%). Ma in questo momento quel prezzo non rispecchia il reale valore del Gruppo Credit Suisse nel suo complesso che è composto, tra le altre cose, anche dall’entità nazionale - Credit Suisse (Svizzera) SA - che presenta risultati più che buoni (1,4 miliardi di utile nel 2022). Ed è questa la struttura - fatta di consulenti e impiegati che vivono in Svizzera - con cui si confrontano quotidianamente risparmiatori e imprese che operano dalla Svizzera. Non siamo a Wall Street, per intenderci che ha altre logiche. «Come ad altre logiche finanziarie e regolatorie rispondono le banche californiane all’origine della bufera di questa settimana», commenta il dirigente di Credit Suisse.
«Il limite di credito messo a disposizione dalla BNS – denominata Covered Loan Facility, dunque garantito da attivi di elevata qualità di Credit Suisse – serve principalmente per rafforzare la liquidità e poter così anche proseguire nella trasformazione strategica di Credit Suisse. Trasformazione che è sulla buona strada e per certi versi in anticipo rispetto alla tabella di marcia prefissata», continua Marzio Grassi. Insomma, si usano questi soldi, coperti da attivi di elevata qualità del Credit Suisse, per rafforzare ulteriormente la liquidità della banca e dare fiducia . «Inoltre, Credit Suisse ha lanciato offerte pubbliche per riacquistare fino a circa tre miliardi di franchi di titoli di debito a prezzi più bassi. Ciò sostiene ulteriormente la trasformazione di Credit Suisse in una banca più semplice e più focalizzata, costruita intorno alle esigenze dei clienti, nell’intento di ricostruire la fiducia perduta».
Lontani dalla crisi del 2008
Dopo il sostegno a Credit Suisse, il professore di Economia Aymo Brunetti non vede la necessità di adeguare il concetto di «too big to fail» (troppo grande per fallire). Secondo l’esperto, uno dei padri di queste regole per le banche sistemiche, la vicenda attuale dell’istituto di credito zurighese non è un segnale di crisi finanziaria. «Quanto è stato fatto ora è un sostegno di liquidità da parte della BNS per una banca rilevante dal punto di vista sistemico e solvibile. È una cosa prevista per questi casi di crisi», afferma il professore di Economia in un’intervista ai giornali dell’editore Tamedia pubblicata ieri.
Le norme «too big to fail» entrerebbero in gioco solo nel caso in cui la banca disponesse di un capitale proprio insufficiente, cosa che attualmente non si verifica. Non si tratta di un salvataggio statale della banca, sottolinea. Inoltre, dichiara Brunetti, l’operato della BNS non è un segnale di una crisi finanziaria come quella che portò al salvataggio di UBS. «A oggi, la situazione è ben lungi dall’essere paragonabile alla grande crisi finanziaria del 2008».
Le speculazioni sul futuro
Per gli analisti della banca d’investimento statunitense KBW, una scissione dell’istituto e ulteriori vendite di parti dell’azienda sono «la soluzione più probabile». In primo piano vi sono le attività in Svizzera, che sono ancora considerate forti. Gli analisti stimano il valore di questa attività a 10-12 miliardi di franchi in caso di scorporo. Si tratta di una cifra superiore all’attuale valore di borsa dell’intero Credit Suisse, pari a circa 7,2 miliardi di franchi. Anche l’attività di gestione patrimoniale di Credit Suisse resta attrattiva: nonostante i deflussi di patrimoni e le recenti cifre in rosso, gli esperti di KBW vedono per questa un valore di ben 9 miliardi di franchi.
L'Ocse non vede rischi sistemici
Con il fallimento di Silicon Valley Bank e con la vicenda Credit Suisse «attraversiamo un periodo di turbolenza ma non vediamo rischi sistemici». Così il capo economista Ocse, Alvaro Pereira rispondendo ai giornalisti nel corso della presentazione dell’Outlook dell’organizzazione internazionale in merito alla situazione della banca californiana e di quella svizzera.