Politica monetaria

La lotta all'inflazione e il convitato di pietra: la fusione UBS-Credit Suisse

La Banca nazionale svizzera prosegue la sua stretta per moderare le aspettative di aumento dei prezzi – Thomas Jordan: «Non intervenire avrebbe causato problemi più ampi all'economia globale»
© KEYSTONE / MICHAEL BUHOLZER
Generoso Chiaradonna
23.03.2023 20:15

La decisione di politica monetaria della Banca nazionale svizzera era attesa. Ma l’attenzione era tutta per le parole di Thomas Jordan sul salvataggio di Credit Suisse il cui eventuale fallimento «avrebbe avuto gravi conseguenze per la stabilità finanziaria nazionale e internazionale, nonché per l’economia svizzera: rischiarlo sarebbe stato irresponsabile». Ricordiamo che la Banca nazionale svizzera sta sostenendo con ampia liquidità (200 miliardi di franchi più altri nove della Confederazione) l’acquisizione di Credit Suisse da parte di UBS.

La soluzione è stata elaborata in tempi strettissimi, affinché potesse essere pronta prima dell’apertura dei mercati asiatici, ha spiegato l’economista nella conferenza stampa a Zurigo dopo le decisioni trimestrali di politica monetaria (il tasso guida è stato alzato dall’uno all’1,5%, ndr).

Secondo Jordan, con le loro misure, la Confederazione, l’Autorità federale di vigilanza sui mercati finanziari (Finma) e la Banca nazionale hanno posto fine alla crisi di Credit Suisse. L’aiuto concesso è in linea con il suo compito di contribuire alla stabilità del sistema finanziario. «Le nostre misure di liquidità sono prestiti garantiti e con interessi, non regali», ha sottolineato esplicitamente Jordan che ha relativizzato i rischi, per la stabilità del sistema finanziario svizzero, di avere una mega banca. Il fattore decisivo non è solo la dimensione di un istituto, importante è anche il suo modello di affari, ha detto.

«Una banca - secondo Jordan - può essere grande, ma i rischi possono essere limitati; oppure un istituto può avere dimensioni ridotte, ma i rischi possono essere molto più vasti». Bisogna però «ovviamente» esaminare la questione, ha aggiunto. Il vicepresidente della BNS Martin Schlegel ha ricordato la normativa in vigore: più un istituto diventa grande, maggiore capitale deve detenere in proporzione. Condizioni, del resto, rispettate anche da Credit Suisse e che non l’hanno messa al sicuro.

Per quanto riguarda i rischi di una possibile posizione dominante, Jordan si è detto non preoccupato al momento. «Ma è molto importante garantire una concorrenza sufficiente per tutti i servizi bancari nel medio e lungo termine». La Commissione per la concorrenza (ComCo) avrà la responsabilità di questi aspetti.

A proposito dell’ulteriore aumento del tasso guida, per il presidente della BNS l’ulteriore inasprimento della politica monetaria era «assolutamente necessario». «Più l’inflazione si consolida, più diventa difficile combatterla», ha affermato Jordan. Agli occhi della BNS l’ultima stretta non avrà un impatto negativo sull’economia elvetica. Nel decidere sul costo del denaro l’istituto ha peraltro «naturalmente» valutato anche la situazione delle banche commerciali, ha precisato Jordan.

«Se ci astenessimo dall’aumentare i tassi di interesse avremmo un problema più grande», si è detto convinto l’economista. «Se stringiamo troppo tardi, dovremo stringere molto di più in seguito, con tutte le conseguenze negative che ne derivano», ha aggiunto. Jordan ha sottolineato che i tassi d’interesse di riferimento in Svizzera sono ancora a un livello molto basso, soprattutto nel confronto internazionale. Le stime sul PIL svizzero di quest’anno sono state riviste al rialzo all’1% mentre l’inflazione in calo al 2,6% quest’anno e al 2% l’anno prossimo.

Aumenti non ancora terminati

La decisione della BNS, come detto, era attesa dagli analisti. «Ha mantenuto la rotta sulla lotta all’inflazione, nonostatante le recenti turbolenze del settore finanziario», afferma GianLuigi Mandruzzato, economista senior presso EFG, il quale si attende un ulteriore aumento dei tassi, probabilmente già a giugno. «Uno scenario supportato dalla revisione al rialzo delle previsioni condizionate di inflazione della BNS, che ora prevedono che l’inflazione rimanga al di sopra della fascia obiettivo dello 0-2% fino alla fine del 2025». Per Mandruzzato la BNS ha deciso di separare completamente la lotta all’inflazione dalle preoccupazioni pe la stabilità finanziaria. «Poiché le condizioni di finanziamento per il settore non finanziario sono già peggiorate a causa dei costi di finanziamento delle banche, il rischio è che la politica della BNS sia troppo aggressiva, penalizzando la crescita più del necessario».

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