«La piazza svizzera si è difesa bene, e noi puntiamo sul Ticino»

Zeno Staub ha alle spalle una carriera di ventidue anni in Vontobel, di cui è CEO dal 2011. Svizzero, classe 1969, Staub è tra i top manager elvetici che più hanno avuto esperienza diretta dei molti cambiamenti intervenuti nel settore bancario. Gli abbiamo posto alcune domande sull’acquisizione di Credit Suisse da parte di UBS, sulle prospettive della piazza svizzera e di quella ticinese, sulle strategie di Vontobel.
Qual è la sua valutazione dell’operazione di acquisizione del Credit Suisse da parte della UBS?
«Sono fiducioso sulle possibilità di affermazione del nuovo gruppo UBS, che sta nascendo attraverso l’integrazione del Credit Suisse. Sino a non molto tempo fa la Svizzera aveva due grandi banche e la seconda, Credit Suisse appunto, ha avuto problemi consistenti come si è visto. Il fatto che una banca di tale rilievo cada in una crisi certo non è un fatto positivo. Ma è positivo il fatto che sia stata trovata in tempi molto brevi una soluzione valida, in grado di rassicurare sia a livello svizzero sia a livello internazionale. Naturalmente un’integrazione di queste dimensioni ha sempre delle complessità non indifferenti, ma penso che il vertice del nuovo gruppo UBS, guidato da un manager di esperienza come Sergio Ermotti, potrà e saprà affrontarle, attuando il progetto di unione».
Si è diffusa la preoccupazione che un’unione di queste dimensioni possa limitare in modo eccessivo la concorrenza. Lei come vede questo capitolo?
«Non credo che ci siano problemi di concorrenza non sufficiente causati da questo nuovo gruppo. Per quel che riguarda la gestione di patrimoni a livello globale la situazione è chiara, UBS aveva una sua leadership già in precedenza e ora ha l’opportunità di rafforzarla, ma ci sono altri grandi attori internazionali e la concorrenza da questo punto di vista certo non manca. Quanto al mercato svizzero, è vero che il nuovo gruppo somma due posizioni importanti nel credito tradizionale a famiglie e imprese, ma è altrettanto vero che su questo terreno ci sono anche altri protagonisti di rilievo, tra i quali ad esempio il gruppo Raiffeisen e il sistema delle banche cantonali. Inoltre, anche nel campo dei servizi finanziari per le imprese c’è pure una concorrenza internazionale, essendo la Svizzera un mercato fondamentalmente aperto. Il problema a questo proposito semmai è l’inverso, cioè la Svizzera deve riuscire a ottenere il pieno libero accesso ai mercati esteri per tutte le sue attività bancarie e finanziarie, a cominciare dai mercati europei, per poter fare una concorrenza ancora più ampia fuori dai suoi confini».
L’emergere della crisi del Credit Suisse a suo parere è un fattore che potrà indebolire in maniera consistente le prospettive della piazza finanziaria svizzera?
«Non penso che questo capitolo della crisi di Credit Suisse e della conseguente acquisizione da parte di UBS indeboliranno la piazza finanziaria svizzera nel suo complesso. Come detto, è stata trovata una soluzione valida in tempi molto brevi e ciò è stato apprezzato anche a livello internazionale. Più in generale credo che la piazza elvetica, che pure ha dovuto affrontare negli anni scorsi problemi e cambiamenti, abbia saputo mantenere comunque i suoi punti di forza principali, tra i quali ci sono la competenza, il know how, l’affidabilità, a cui occorre aggiungere il buon funzionamento e la stabilità del sistema Paese. Credo che la leadership svizzera, in particolare nella gestione di patrimoni, sia stata nel complesso sin qui ben difesa e che ci siano le condizioni perché possa rimanere».
Quali sono, in sintesi, i punti maggiori della strategia di Vontobel?
«Le attività di Vontobel rimangono centrate sul wealth management e sull’asset management, cioè rispettivamente sulla gestione di patrimoni privati con servizi connessi e sulla gestione di patrimoni istituzionali. La nostra strategia per quel che riguarda le attività rimane questa, naturalmente con gli aggiornamenti e i bilanciamenti richiesti dalle differenti fasi. Si può dire che abbiamo due vantaggi importanti rispetto a molti dei nostri concorrenti. Abbiamo tempo, perché abbiamo una situazione di azionisti di maggioranza che ci ha dato e continua a darci una grande stabilità. Siamo inoltre abbastanza piccoli da poter dire “no”, cioè da poter andare per la nostra strada senza essere coinvolti in operazioni non ottimali; in realtà non siamo poi così piccoli, ma il concetto di fondo è che possiamo decidere agevolmente sul nostro cammino autonomo».
Quanto puntate in questa fase sulla crescita organica, cioè per linee interne, e quanto invece sulle acquisizioni?
«Bisogna sempre cercare di avere la taglia adatta alla propria attività e alla propria strategia. Nel nostro caso una taglia non troppo grande, come detto, ma che consenta al tempo stesso di avere la massa critica necessaria. Nella nostra linea di sviluppo il punto principale rimane quello della crescita organica. È soprattutto attraverso questo tipo di crescita che si può cercare di rispondere al meglio alle esigenze dei clienti e dei dipendenti. Ciò detto, ci possono essere di volta in volta opportunità di acquisto da cogliere, in modo da integrare lo sviluppo delle attività. Negli anni scorsi abbiamo fatto in effetti acquisizioni e non escludiamo di farne altre in futuro. Si deve sempre però trattare di acquisti che siano coerenti con la nostra strategia complessiva e con la nostra cultura».
Quali sono ora i mercati principali per il gruppo Vontobel?
«Il nostro mercato principale è e rimarrà la Svizzera. Per quel che riguarda i mercati esteri, in Europa noi puntiamo soprattutto su Italia, Germania, Regno Unito. A proposito di quest’ultimo, con la Brexit per noi è cambiato poco o nulla, perché abbiamo appunto una presenza diretta anche nell’Unione europea e dunque non risentiamo degli ostacoli ora esistenti tra Londra e Bruxelles; è auspicabile peraltro che si faccia un nuovo accordo tra Svizzera e Regno Unito, per rendere ancor più agevoli le attività in campo finanziario. Abbiamo da tempo attività di rilievo anche negli Stati Uniti, costruite passo dopo passo. Guardiamo naturalmente pure all’Asia, dove abbiamo una presenza in Giappone e a Singapore; a questo bisogna aggiungere la presenza in Australia, a Sydney».
Tornando alla piazza elvetica, quali sono adesso in particolare le prospettive della piazza ticinese, a suo avviso?
«Nel quadro dello sviluppo delle nostre attività, noi puntiamo chiaramente anche sul Ticino, come abbiamo dimostrato. Il Ticino è interessante sia per la sua clientela locale sia per la sua vicinanza all’Italia. La piazza ticinese ha dovuto affrontare cambiamenti importanti ed è ora impegnata in un processo di adattamento. Non condividiamo però il pessimismo sul Ticino, che oltre a rimanere appunto un mercato tutt’altro che secondario può oggi contare su nuove opportunità legate allo sviluppo di Alptransit. Puntiamo al tempo stesso su una presenza diretta in Italia, a Milano, dove da tempo siamo attivi nell’asset management e dove abbiamo anche creato negli ultimi anni un ramo di wealth management».
Recentemente ha annunciato la sua decisione di candidarsi per il Consiglio nazionale nelle prossime elezioni federali, nelle file de Il Centro. Quali sono le motivazioni di questa sua scelta?
«Credo che sia giusto cercare di utilizzare le proprie conoscenze, la propria professionalità anche per dare una mano all’interno della comunità di cui si fa parte. Il voler entrare in politica e nelle istituzioni per me si basa principalmente su questa considerazione. D’altro canto in Svizzera nella gran parte dei casi i parlamentari non sono politici professionisti, dunque la nostra è una realtà politica che consente di conservare rapporti con il proprio ambito professionale, magari assumendo un ruolo diverso rispetto a prima. Infatti, lascerò la carica di CEO di Vontobel nell’aprile dell’anno prossimo, ma è previsto che io venga proposto nel 2025 come membro del Consiglio di Amministrazione della banca».
