Industria dell'auto

La preoccupazione europea non sta contagiando il Ticino (per ora)

La crisi del settore automobilistico sta mettendo in difficoltà le aziende in Lombardia e nella Bassa Sassonia - Nel «minidistretto» svizzeroitaliano le prospettive a medio termine sono positive
Stellantis non esclude tagli occupazionali, né chiusure di stabilimenti. © Ansa

Il vento contrario sull’industria dell’automobile in Europa si è alzato e si fa più insistente: dopo le indiscrezioni di stampa di un mese fa riguardo a possibili esuberi alla Volkswagen in Germania (la cifra paventata è di 30 mila impieghi) e addirittura alla chiusura di alcuni stabilimenti (anche nella storica sede centrale dell’azienda a Wolfsburg), ora è Stellantis - gruppo italo-franco-statunitense erede di FIAT - che accenna a tagli occupazionali. «Non scarto nulla», ha dichiarato ieri il CEO del gruppi automobilistico, Carlos Tavares, intervistato da radio RTL al Salone dell’Auto di Parigi. Già nel fine settimana, in un’intervista rilasciata al quotidiano economico parigino «Les Echos», Tavares non ha escluso chiusure di stabilimenti Stellantis in Europa mentre i costruttori cinesi di veicoli elettrici moltiplicano gli annunci sull’apertura di siti di produzione in Europa. «Chiudere le frontiere ai prodotti cinesi - avverte Tavares - è una trappola - aggireranno le barriere investendo in stabilimenti in Europa. Stabilimenti che verranno in parte finanziati da sovvenzioni statali, nei Paesi a basso costo».

Automotive e metalmeccanica

Gli effetti della crisi dell’automotive in Europa, un settore che contribuisce per circa il 7% del PIL dell’Unione europea e dà lavoro, direttamente e indirettamente, a quasi 14 milioni di persone, non tardano a farsi sentire. Nella vicina Lombardia, per esempio, i sindacati hanno lanciato l’allarme negli scorsi giorni per il significativo aumento dei lavoratori in cassa integrazione (equivalente al regime di lavoro ridotto in Svizzera, ndr), soprattutto nel settore metalmeccanico, fra quelli direttamente legati all’industria dell’automobile.

In Svizzera, dopo gli ulteriori e importanti tagli annunciati la settimana scorsa dalla storica acciaieria Stahl Gerlafingen, ulteriori segnali negativi per l’industria svizzera sono giunti dalla Bossard, storico gruppo (quotato alla Borsa svizzera) con sede a Zugo attivo nel settore dell’assemblaggio (viti, bulloni, rondelle ecc.): l’azienda, che impiega oltre 2.900 dipendenti in oltre 30 Paesi, nei primi nove mesi dell’anno ha registro un calo del fatturato del 9%. «Le difficili condizioni economiche che si sono manifestate a partire dal secondo trimestre del scorso anno si sono protratte anche nel terzo trimestre del 2024, con una domanda che è rimasta contenuta», afferma la dirigenza in una nota, aggiungendo di aspettarsi che la stessa tendenza proseguirà anche nell’ultima parte dell’anno.

Prospettive regionali

In Ticino, la chiusura di aziende come la Mubea di Bedano (entro marzo 2025) o la Tri-Star a Bioggio (nel 2023) hanno destato preoccupazione. «La congiuntura nel settore industriale cantonale è in flessione già da qualche tempo e le previsioni per i prossimi mesi sono negative; attendiamo tuttavia una certa ripresa nel corso del 2025, per il momento è ancora difficile dire quando», osserva Stefano Modenini, direttore di AITI. «Le chiusure di aziende nel settore industriale - continua - sono e restano piuttosto un fenomeno limitato e lanciare un allarme in Ticino per la perdita di attività economiche non mi pare giustificato a breve-medio termine. A più lungo termine occorre invece essere consapevoli che i fattori strutturali potrebbero indurre diverse imprese a spostarsi o spostare parte dell’attività altrove, dove però non mancano le difficoltà». Il riferimento del direttore dell’AITI è, da una parte, sull’evoluzione demografica che nei prossimi dieci anni porterà decine di migliaia di persone a uscire dal mercato del lavoro per raggiunti limiti di età, con l’effetto di accentuare il fenomeno della penuria di manodopera specializzata e no. Dall’altra, Modenini sottolinea come un settore prevalentemente votato alle esportazioni dipenda anche dall’andamento dei mercato internazionali e, in tal senso, «la debolezza attuale dell’economia tedesca colpisca particolarmente parte della nostra economia». Anche quest’anno il PIL della Germania diminuirà. È il secondo calo consecutivo.

Umori contrastanti

Per quanto riguarda l’ottimismo degli imprenditori misurato dall’Ustat attraverso l’indagine congiunturale, l’andamento degli affari nel settore manifatturiero ticinese è tornato a peggiorare nel mese di settembre. Il saldo in Ticino risulta negativo, con oltre un imprenditore su cinque che giudica lo stato attuale degli affari come cattivo. Un risultato analogo si registra anche a livello nazionale: il saldo, che era tornato a migliorare dopo un lungo periodo negativo iniziato un anno fa, è peggiorato.

Nonostante il clima attuale sia segnato da giudizi poco favorevoli, per i prossimi mesi non si intravedono segnali di peggioramento. E nemmeno dal punto di vista del lavoro ridotto. A luglio, ultimi dati disponibili, in Ticino erano 15 le aziende in lavoro ridotto per un totale di 135 lavoratori e 8.224 ore perse. A livello nazionale, nello stesso periodo, erano 198 le aziende in crisi per un totale di 3 mila lavoratori e 143.112 ore perse. Dati dimezzati rispetto a mesi precedenti.

«La Seco ha stretto i requisiti per l’ottenimento del lavoro ridotto», afferma Nenad Jovanovic, vicesegretario dell’OCST industria per il Mendrisiotto. «Le aziende legate all’automotive europeo occupano circa un migliaio di persone nel Mendrisiotto. È stato più difficile lo scorso autunno che questo», continua Jovanovic che precisa come in questo periodo, paradossalmente, gli ordini legati al motore endotermico siano in ripresa.