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La Svizzera non cade in recessione e conferma la sua buona tenuta

La resilienza elvetica è mostrata dai dati sulla crescita nel terzo trimestre e dalle previsioni per quest’anno e il prossimo - Considerando le tante tensioni presenti attualmente nel quadro internazionale, l’economia rossocrociata si sta difendendo bene
©Gabriele Putzu
Lino Terlizzi
Lino Terlizzi
04.12.2023 06:00

La Svizzera sta evitando la recessione. È questo il punto principale che sta emergendo dai dati sulla crescita nel terzo trimestre e dalle previsioni per l’intero anno in corso e per i prossimi due anni. Un punto che è positivo e che non era per nulla scontato, considerando l’intreccio tra il rallentamento internazionale e la forte apertura economica della Svizzera, che incassa circa un franco su due proprio grazie ai rapporti con l’estero. La Confederazione è a sua volta inevitabilmente in rallentamento, ma sta confermando la sua capacità di tenuta. Merito dell’economia elvetica e del sistema Paese più in generale.

Le cifre

La Segreteria di Stato dell’economia (SECO) ha indicato che nel terzo trimestre di quest’anno la crescita economica svizzera è stata dello 0,3% sul trimestre precedente e dello 0,9% rispetto al terzo trimestre dell’anno scorso (valori corretti dagli eventi sportivi). Dopo la leggera flessione del secondo trimestre sul primo non c’è stata quindi un’altra contrazione e la Svizzera ha così evitato la recessione tecnica, data da due trimestri consecutivi con il segno negativo. Ma, ciò che è più importante, salvo molto improbabili soprese in questo quarto trimestre la Confederazione eviterà la vera recessione, cioè quella per l’intero anno.

Se si guarda alla serie dei dati 2023 della crescita su base trimestrale, si può vedere come nei tre trimestri ci siano stati nell’ordine 0,9%, -0,1% e 0,3%. Se si guarda poi alla serie della crescita su base annua, più significativa perché meglio rappresenta la tendenza di fondo, si può vedere come ci siano stati 1,8%, 0,9% e ancora 0,9%. Insistere sul fatto che ci sia un rallentamento anche in Svizzera è fuorviante perché ciò era scontato considerando il contesto internazionale, l’importante era ed è rimanere in territorio positivo. Ricordiamo, rimanendo in Europa, che ci sono alcuni Paesi, tra i quali l’Olanda e l’Austria, che quest’anno hanno avuto il segno negativo per più di un trimestre.

Guardando avanti

Uno dei punti di forza della Svizzera è l’ampia diversificazione delle attività, con un mix di industria, commerci, finanza. In genere questo permette maggiore solidità, perché spesso succede che quando alcuni rami dell’economia vanno meno bene ce ne sono altri che invece vanno meglio. Anche su questo versante è fuorviante insistere troppo sui settori che in una certa fase più frenano, prestando poca attenzione a quelli che tengono. Quello che conta di più alla fine è il risultato complessivo dell’economia, in termini di Prodotto interno lordo e poi anche di disoccupazione (che rimane bassa in Svizzera) e di inflazione (si paga il costo di tassi di interesse non più ai minimi, ma il rincaro sta scendendo grazie anche a questi).

E veniamo alle previsioni. Nelle prossime settimane la SECO aggiornerà le sue, intanto è interessante vedere quelle dell’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (OCSE), pubblicate nei giorni scorsi. Alla Svizzera l’OCSE attribuisce una crescita annua dello 0,8% per il 2023, dello 0,9% per il 2024, dell’1,4% per il 2025. È tanto, è poco? Vale quanto sopra e cioè che se così andrà si tratterà di una buona tenuta, pensando alle incertezze geopolitiche ed economiche presenti nel quadro internazionale.

Ricordiamo che nelle previsioni alla Germania viene assegnato un -0,1% per il 2023, uno 0,6% per il 2024 e un 1,2% per il 2025; l’Eurozona nel suo complesso dovrebbe registrare rispettivamente 0,6%, 0,9% e 1,5%. Bisogna considerare da un lato che la Svizzera tiene, dall’altro che non è possibile che il nostro Paese – che è ai primi posti nel mondo per PIL pro capite – cresca ai ritmi di economie, come quelle degli Emergenti, che partono da livelli ben diversi. In tempi per così dire normali la Svizzera registra una crescita annua di circa il 2%, restare vicini all’1% o superarlo in una fase complicata come questa è un risultato che non si presta a catastrofismi e che va al contrario apprezzato.

L’ascesa del franco

Anche nei mercati finanziari molti vedono la resilienza della Svizzera. Uno dei segnali da questo punto di vista è l’avanzata del franco. Ai valori di quest’ultimo venerdì per 1 euro ci volevano 0,94 franchi e per 1 dollaro USA 0,86 franchi. Ciò significa che la valuta elvetica, che era già forte in precedenza, nell’ultimo anno ha guadagnato ancora, il 4% sull’euro e il 7% sul dollaro. È vero che il rialzo dei tassi da parte della Banca nazionale svizzera ha aiutato il rafforzamento. Ma è anche vero che i tassi non sarebbero bastati se non ci fosse stata ancora molta fiducia nel sistema Paese. Una parte degli investitori vede chiaramente la tenuta economica e i conti pubblici in ordine della Svizzera, quindi continua a puntare sulla moneta elvetica.

PIL mondiale in territorio positivo

Non è uno scenario di recessione internazionale quello che viene delineato dall’ultimo Outlook dell’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (OCSE), pubblicato nei giorni scorsi. È uno scenario di rallentamento economico, questo sì, ma non di caduta generalizzata del Prodotto interno lordo (PIL). Il peso di tensioni geopolitiche, guerre, incertezze economiche si fa sentire. Ma le previsioni dell’OCSE per quest’anno e per i prossimi due mostrano anche chiaramente una resilienza diffusa nelle maggiori aree economiche.

USA, Asia, Europa

Dell’OCSE fanno parte 38 Paesi, tra i quali la Svizzera, e l’analisi dell’Organizzazione riguarda questi membri ma anche altri 10 Paesi che sono comunque realtà economiche di rilievo, tra queste la Cina. Dunque sono 48 i Paesi analizzati, la gran parte dei quali non viene vista in recessione annua, né quest’anno né nei prossimi due. I Paesi per i quali viene indicato il segno negativo annuo per il 2023 sono 11, meno di un quarto. Per più di tre quarti si prevede il segno positivo, pur all’interno di un rallentamento. Solo 1 Paese tra quelli analizzati - l’Argentina - viene vista con il segno negativo sia nel 2023 sia nel 2024. Gli altri “bocciati” di quest’anno vengono indicati in positivo l’anno prossimo. Tra le 10 principali economie a livello mondiale, solo la Germania viene vista in recessione annua nel 2023, con una lieve ripresa nel 2024 e una maggiore risalita nel 2025.

L’OCSE vede l’economia mondiale in crescita del 2,9% quest’anno, del 2,7% il prossimo e del 3% nel 2025. Siamo sotto il 3,3% del 2022, ma le percentuali indicate restano buone, soprattutto se si considera il grado di complicazione del contesto geopolitico ed economico. Per gli Stati Uniti, maggior motore economico mondiale, è indicata una crescita del 2,4% per il 2023, dell’1,5% per il 2024 e dell’1,7% per il 2025 (le cifre per il 2023 e per il 2024 sono superiori a quelle delle previsioni precedenti). Per la Cina le percentuali sono rispettivamente 5,2%, 4,7% e 4,2%; per l’India sono 6,3%, 6,1% e 6,5%. Per il Giappone le previsioni sono 1,7%, 1% e 1,2%.

Venendo al Vecchio continente, l’OCSE prevede per l’Eurozona una crescita dello 0,6% quest’anno, dello 0,9% il prossimo e dell’1,5% nel 2025. All’interno dell’Eurozona, questa la serie prevista per l’Italia: 0,7%, 0,7%, 1,2%. Il Regno Unito dal canto suo dovrebbe crescere dello 0,5% nel 2023, dello 0,7% nel 2024 e dell’1,2% nel 2025. Va ricordato che per la Svizzera l’OCSE prevede 0,8% quest’anno, 0,9% il prossimo, 1,4% nel 2025, percentuali queste apprezzabili, sempre considerando la situazione del quadro internazionale.

Interessante è anche osservare come l’OCSE veda i possibili sviluppi dell’inflazione e della disoccupazione. Su questi versanti l’Organizzazione sintetizza la media annuale dell’area composta dai suoi 38 Paesi. Dopo il 9,3% del 2022, l’inflazione dovrebbe essere del 7,4% quest’anno, del 5,3% il prossimo e del 3,8% nel 2025. La tendenza è di chiara diminuzione. Siamo ben sotto i picchi del 2022, evidentemente l’effetto congiunto dei rialzi dei tassi di interesse e dello stesso rallentamento economico si fa sentire positivamente sui prezzi al consumo. Questi ultimi non sono ancora rientrati negli argini – ricordiamo che le maggiori banche centrali puntano ad un’inflazione non sopra il 2% - ma ci sono ora rincari nettamente inferiori rispetto a quelli dell’anno scorso.

La disoccupazione

Per quel che riguarda la disoccupazione nell’area OCSE, questa dovrebbe essere del 4,8% quest’anno, del 5,1% il prossimo e ancora del 5,1% nel 2025. In questo 2023 si dovrebbe quindi registrare una diminuzione in rapporto al 5% del 2022. Poi, nei prossimi due anni ci dovrebbe essere un incremento, contenuto. Questo tipo di aumento della disoccupazione sarebbe sempre un danno, sì, ma limitato. Di nuovo, considerando le tensioni internazionali esistenti si tratterebbe di un regresso non pesante per la media dell’area, che confermerebbe la resilienza non solo di molte economie ma anche di molti mercati del lavoro.