Politica estera

La «via bilaterale» con l’UE celebra le nozze d’argento

Venticinque anni fa la Svizzera concluse con l’Europa comunitaria di allora il primo accordo economico che ha rappresentato un «cambiamento epocale» per la Confederazione - L’organizzazione mantello economiesuisse ha ripercorso le tappe principali del processo e fatto il punto della situazione attuale
Il capo dell’allora Dipartimento dell’economia, Pascal Couchepin, mentre firma l’accordo. Con lui il consigliere federale (e presidente di turno) Joseph Deiss e il vice cancelliere e ministro delle Finanze tedesco Joschka Fischer. © Keystone/Lukas Lehman
Dimitri Loringett
19.06.2024 22:30

È passato giusto un quarto di secolo da quello storico lunedì 21 giugno 1999, quando la Svizzera e l’Unione europea firmarono il pacchetto di setti accordi bilaterali settoriali, i cosiddetti «Accordi bilaterali I». Poco meno di un anno dopo, il 21 maggio 2000, il Popolo svizzero approvò il pacchetto con una larga maggioranza del 67,2% e, infine, il 1. giugno 2002, gli Accordi bilaterali I entrarono in vigore, consentendo all’economia svizzera un ampio accesso al mercato interno dell’UE, forte di più di 445 milioni di potenziali consumatori.

Per celebrare ciò che ha rappresentato un «cambiamento epocale» per la Svizzera, economiesuisse, l’organizzazione mantello dell’economia elvetica, ha organizzato, unitamente all’Associazione bancaria ticinese, AITI e alla Camera di commercio, un incontro alla Villa Negroni di Vezia (e anche una «festa» in piazza Dante a Lugano), durante il quale si sono non solo ripercorse le tappe essenziali del lungo processo che portò alla «via bilaterale» con l’Unione, ma anche lo stato attuale delle negoziazioni per i cosiddetti «Bilaterali III», che sono iniziate quest’anno dopo il via libera definitivo del Consiglio federale per il mandato negoziale con l’UE.

Altra Svizzera, altra Europa

«Eravamo in un contesto diverso, in una Svizzera diversa», ha osservato l’ex ambasciatore svizzero Bernardino Regazzoni, ricordando lo stupore per la «forte accettazione» da parte del Popolo che «ha riconosciuto il proprio interesse» nel perseguire la via bilaterale. Una via che, come ha ricordato l’avvocato Michele Rossi, già negoziatore e membro del servizio diplomatico svizzero, «era un piano B» rispetto alla proposta di adesione allo Spazio economico europeo (SEE), che venne bocciata in consultazione popolare a fine 1992.

I due ex diplomatici hanno anche fornito alcune considerazioni sul «modello bilaterale». Secondo Rossi è un modello «giusto». «Se noi oggi stiamo di nuovo negoziando con l’UE - ha spiegato l’esperto - è perché una decina d’anni fa è Bruxelles stessa che, riconoscendo la validità del modello, ha chiesto alla Svizzera di trasformare l’approccio “statico”, ovvero con regole che non si possono cambiare, in uno “dinamico”, secondo cui eventuali disaccordi vengono trattati in maniera arbitrale, una cosa che finora non c’era». Rossi ha precisato tuttavia che «dinamico» non equivale ad «automatico» (in riferimento alla ripresa del diritto comunitario); alla Svizzera viene quindi garantito quell’essenziale processo democratico (consultazioni parlamentari e/o votazioni popolari) per far adottare le normative UE. Su questo punto, Regazzoni ha sottolineato il «decision shaping», ovvero il coinvolgimento della Svizzera nel processo legislativo dell’Unione, affinché «non vi siano sorprese».

Il ruolo dei Cantoni

Un ruolo fondamentale nel «processo democratico» lo svolgono i Cantoni, come ha spiegato Luca Gobbo, responsabile divisione politica estera della Conferenza dei Governi cantonali (CdC). Pur non avendo la competenza costituzionale per occuparsi di politica estera, i Cantoni sono chiamati ad applicare le decisioni prese dal Governo federale e, data la loro vicinanza alla popolazione, il loro contributo è essenziale per creare il consenso sulle proposte o decisioni di Berna. D’altro canto, il Consiglio federale coinvolge i Cantoni sulle questioni di politica estera, sia sul piano politico (tramite gli incontri con il Consiglio federale nell’ambito del cosiddetto «Dialogo europeo»), sia su quello tecnico, con i rappresentanti dei Cantoni in seno all’Amministrazione federale.

Gobbo ha infine dato una prospettiva sulla «referendibilità» dell’eventuale nuovo accordo bilaterale con l’UE: «Al momento i Cantoni attendono i contenuti dell’accordo prima di esprimersi, ma da una recente analisi commissionata dal Dipartimento federale di giustizia emerge che se sarà referendum, sarà probabilmente a carattere facoltativo».