L’addio di Joe Biden infiamma il greggio

A pochi giorni dall’uscita di scena l’Amministrazione Biden impone nuove sanzioni contro la Russia, destinate a colpire le vendite di petrolio in particolare verso Cina ed India. Il provvedimento, annunciato dal Dipartimento del Tesoro USA, colpisce Gazprom Neft, Surgutneftegas, altri produttori minori, traders e 183 navi ritenute appartenenti alla cosiddetta «flotta fantasma» usata da Mosca. Nel mirino delle sanzioni statunitensi anche i trasporti verso l’Asia di greggio iraniano.
La mossa, che porterà le raffinerie dell’Estremo Oriente ad aumentare i rifornimenti dal Golfo, dall’Africa e dall’America, ha determinato un sensibile aumento del prezzo del greggio, che ha raggiunto il livello più alto degli ultimi 4 mesi, così come un incremento dei noli delle petroliere (dal 10% fino al 40% per la rotta fra Medio Oriente e porti cinesi) e la domanda di navi «non sanzionate» è destinata ad aumentare.
Frattanto il Brent londinese quota intorno agli 80,7 dollari al barile, segnando un +8,16% da inizio 2025, mentre il WTI americano viene scambiato intorno a 77,3 dollari (+8,50%).
E così, ritorna l’interesse degli investitori nei confronti delle fonti energetiche tradizionali e delle società ad esse collegate, che si riaffacciano nei portafogli d’investimento, considerati anche i deludenti rendimenti finanziari delle società attive nel campo delle energie alternative.
Mentre gli operatori guardano ai problemi sul fronte dell’offerta, l’ultimo rapporto del think tank saudita KAPSARC indica un incremento del consumo globale di petrolio per il 2025 di 1,21 milioni di barili giornalieri, sfiorando quindi i 105 milioni di barili. Il dato è in linea con quello dell’Opec e cita la volatilità che potrà caratterizzare il mercato a causa dei fattori geopolitici e dell’inflazione in crescita.
La mossa della Casa Bianca ha luogo in un contesto caratterizzato peraltro dal basso livello delle riserve petrolifere USA, dal recente bando alla trivellazione entro un’ampia fascia costiera americana, dalle attese per un’Amministrazione Trump più orientata alle fonti energetiche tradizionali che non a quelle alternative, nonché da temperature particolarmente basse in America e in Europa. Il Vecchio Continente è poi alla prese con uno scenario energetico non facile, legato soprattutto al blocco delle forniture russe di gas naturale e all’evoluzione del suo prezzo.
Impatto delle sanzioni
A questo punto l’elemento chiave è rappresentato dal grado di implementazione delle misure USA, che potrebbero sottrarre all’offerta circa 700 mila barili giornalieri di petrolio, pari circa al surplus che molti stimavano per il 2025. Se è vero che aumenta la domanda di greggio e di petroliere «non sanzionate», la cronaca ci mostra come i sistemi di elusione siano diversi e sofisticati sia in termini commerciali, sia tecnici, tanto che l’effetto dei «round» precedenti è stato notevolmente inferiore alle attese, con cocktail di petrolio russo sistematicamente consegnato perfino alle raffinerie USA del Golfo del Messico, oltre che a molti terminali europei.
Pure Teheran nel mirino
Il ruolo del petrolio iraniano è altrettanto importante per gli importatori asiatici, Cina in testa. Teheran è impegnata contro il tempo nel vendere le riserve di greggio che detiene nei depositi cinesi prima dell’insediamento di Donald Trump alla Casa Bianca, avendo egli dichiarato di «voler esercitare la massima pressione» nei confronti del Paese. Nel contempo l’Iran ha riserve di petrolio pari a 20 milioni di barili caricate su proprie navi. 380 petroliere che trasportano petrolio iraniano soggetto a sanzioni sono state identificate dalle autorità americane e alcune decine sono state inserite in una «lista nera».
Talvolta sprovviste di assicurazione, i loro movimenti sono difficilmente osservabili a causa dello spegnimento degli apparati di identificazione e di localizzazione, del trasbordo di prodotto effettuato in alto mare per mascherarne l’origine, dei documenti alterati, dell’utilizzo di porti secondari, prima della consegna del petrolio spesso a piccole raffinerie.
Secondo gli specialisti l’ultimo round di sanzioni peserà sull’offerta come sul mercato del trasporto, interessando il 10% della flotta globale di petroliere, precludendo loro l’accesso ai porti maggiori, modificando rotte ed evoluzione dei noli, come indicato mercoledì anche dalla International Energy Agency (IEA).