Le banche svizzere tengono la rotta nel mare della gestione patrimoniale

Ogni anno concorrenti e avversari della piazza bancaria svizzera contano di vederne un serio indebolimento, soprattutto nel business centrale della gestione di patrimoni. Ma ogni anno sin qui l’attesa è andata delusa, la leadership elvetica è stata nella sostanza confermata. Ci sono state oscillazioni della massa di patrimoni amministrati, questo sì, ma la tendenza di lungo periodo al rialzo è rimasta. La concorrenza di altre piazze si è fatta più agguerrita e la quota di mercato mondiale della piazza svizzera ha subito alcune erosioni, ma la posizione di primo piano della Confederazione c’è ancora.
Il percorso
La piazza bancaria elvetica è rimasta leader, nonostante il crescendo di ostacoli registrato dall’inizio degli anni Duemila. Tra questi ostacoli occorre ricordare gli attacchi internazionali alle banche svizzere, la fine del segreto bancario per i non residenti, le normative più stringenti, l’incremento dei costi legati a riorganizzazioni e tecnologie. Va poi aggiunta la caduta del Credit Suisse, tra la fine del 2022 e l’inizio del 2023, che ha portato all’acquisizione della seconda banca elvetica da parte della prima, la UBS. La crisi del Credit Suisse ha creato difficoltà, ma è stata affrontata con efficienza, almeno a partire dal marzo 2023, e nemmeno questo capitolo ha sinora fermato la marcia complessiva della piazza rossocrociata.
A favore della piazza elvetica hanno giocato molti elementi, tra i quali le competenze di cui è dotata, un’economia più resiliente di molte altre, la solidità del sistema Paese, la forza del franco. La crisi del Credit Suisse è stata uno scossone, ma i deflussi di patrimoni dalla seconda banca elvetica si sono trasformati in gran parte in afflussi sia per UBS sia per altre banche svizzere. Il Barometro bancario 2025 dell’Associazione svizzera dei banchieri (Swiss Banking) indica che alla metà di quest’anno i patrimoni gestiti dalle banche elvetiche erano pari a 9.240 miliardi di franchi, una cifra alta, di poco inferiore al picco dei 9.284 miliardi di fine 2024. L’andamento positivo dei mercati finanziari ha contribuito all’ascesa, inoltre le tensioni geopolitiche hanno favorito il rifugio svizzero. Ma senza una tenuta nella professionalità e nell’affidabilità sarebbe stato comunque difficile toccare questi livelli.
La tenuta
Le capacità di tenuta e di sviluppo si erano già viste negli anni precedenti. Nel 2011 i patrimoni gestiti erano scesi a 5.245 miliardi, a causa delle frenate dei mercati finanziari e degli attacchi internazionali alla piazza. Dal 2012 è però cominciata una risalita che ha portato fino ai 7.286 miliardi del 2017. C’è stata poi una discesa a 6.908 miliardi nel 2018, quindi la nuova risalita, fino agli 8.833 miliardi del 2021. Le turbolenze sui mercati hanno portato a una flessione nel 2022, a 7.846 miliardi, ma c’è stata poi la ripresa sino agli 8.392 miliardi nel 2023 e in seguito appunto il superamento di quota 9 mila miliardi.
Alla fine dell’anno scorso i patrimoni di clienti stranieri erano il 45,5% del gestito totale, con il 54,5% invece della clientela svizzera. Nel 2014 la quota della clientela straniera era del 51,1%, dunque si è registrata una graduale discesa di questa percentuale. Questo non significa che la massa gestita dei clienti esteri non sia aumentata in valori assoluti. Il fatto è che la massa con targa svizzera è cresciuta di più. Uno dei motivi principali di ciò è che il rafforzamento del franco ha limato gli attivi in altre monete, in particolare euro e dollari USA, che hanno un maggior rilievo per i clienti stranieri. Occorre poi ricordare che ci sono state amnistie fiscali o forme simili, che hanno determinato rimpatri di attivi. Nonostante tutto questo, la quota dei patrimoni esteri rimane rilevante. Nel wealth management transfrontaliero, che riguarda la gestione di patrimoni privati di dimensioni rilevanti, la piazza bancaria svizzera ha visto una erosione della sua quota di mercato ma rimane prima a livello mondiale.
Le valute
Per quel che concerne ancora le valute, alla fine del 2024 il franco svizzero contava nei portafogli in deposito per oltre la metà. Per l’esattezza la percentuale era 50,8%, non distante dal 53,4% di fine 2023. Il dollaro americano dal canto suo alla fine dell’anno scorso contava per il 29,9%, qualche punto in più rispetto al 26,7% dell’anno prima. L’euro al termine dell’anno passato rappresentava il 12,6%, in lieve flessione sul 13,1% di dodici mesi prima. Altre valute contavano nel complesso a fine 2024 per il 6,7%, percentuale vicina al 6,8% del 2023. Il franco continua a guidare con distacco, le variazioni annue delle quote delle varie valute spesso non sono grandi.
Borsa, il passo degli istituti elvetici e quei loro progressi su base annua
Mentre la Borsa svizzera su base annua nel suo complesso è solo di poco in territorio positivo, i maggiori titoli bancari quotati a Zurigo sono in netto progresso. Ciò si collega da un lato a un quadro internazionale in cui molte banche nei listini azionari hanno migliorato le posizioni, dall’altro a un quadro elvetico in cui molti istituti hanno mostrato capacità di tenuta nei loro business principali. Il calo dei tassi di interesse, che di fatto restringe i margini operativi per le banche, è stato quindi compensato con una buona difesa più complessiva negli affari.
I numeri
Alla chiusura di quest’ultimo venerdì l’indice svizzero SMI, che raggruppa una ventina di titoli di grandi gruppi, era in positivo per circa il 2% rispetto a un anno prima. È una performance chiaramente inferiore a quella dell’indice borsistico mondiale, sullo SMI ha infatti giocato l’andamento non soddisfacente di alcuni pesi massimi, Nestlé e Roche in particolare. Un po’ meglio va lo SPI, indice elvetico che comprende anche molte imprese medie e piccole, che su base annua è in progresso di circa il 6%. Le banche svizzere quotate, dal canto loro, nell’ultimo anno hanno avuto progressi nettamente più marcati. Le sfide non mancano anche per le banche elvetiche - la concorrenza internazionale è più agguerrita e riorganizzazioni e tecnologie vanno gestite - ma sin qui c’è stata nel complesso buona resilienza.
Il titolo di UBS, la principale banca rossocrociata, venerdì scorso era in positivo per il 31% su base annua. L’istituto ha come business principale la gestione di patrimoni, ma è attivo anche nell’investment banking e, solo sul mercato svizzero, nel credito a imprese e famiglie. Impegnata nell’integrazione dell’acquisito Credit Suisse, la UBS ha sofferto brevemente in Borsa nel marzo 2023, dopo l’annuncio dell’acquisizione, ma è risalita rapidamente; nei primi mesi del 2025 il suo titolo ha registrato flessioni, come molti altri del settore, ma ha poi ripreso l’ascesa. Il mercato ha gradito l’andamento degli affari e il procedere come previsto dell’integrazione del CS.
Il titolo di Julius Bär, banca che ha attività in sostanza centrate sulla gestione di patrimoni privati, venerdì era in progresso del 23% rispetto a un anno prima. L’istituto ha affrontato alcuni scossoni negli ultimi anni, prima per operazioni non andate a buon fine, poi per un ampio ricambio al vertice. La posizione della banca nel private banking con targa elvetica resta comunque di rilievo e l’azione Bär ha anch’essa riguadagnato terreno dopo le turbolenze degli anni passati e dopo le flessioni dell’inizio di quest’anno.
EFG International è la banca che ha rilevato e integrato lo storico istituto ticinese BSI. Il suo titolo venerdì era in progresso del 40% rispetto a un anno prima. Negli ultimi anni EFG, che pure ha come business centrale la gestione di patrimoni, ha avuto in Borsa un andamento in prevalenza al rialzo e anche quest’anno, dopo l’inizio difficile per tutto il settore, ha ripreso la marcia, registrando una marcata risalita. Il mercato evidentemente ha apprezzato tempi e modi dell’integrazione di BSI e poi lo sviluppo degli affari del nuovo gruppo. Il titolo di Vontobel, altro nome di rilievo della gestione di patrimoni svizzera, dal canto suo venerdì era in rialzo del 13% in rapporto a un anno prima; negli anni scorsi l’azione della banca ha avuto parecchie oscillazioni e anche quest’anno l’andamento non è stato lineare, ma un po’ di ripresa c’è stata.
Il franco
Intanto il franco rimane a livelli molto alti. Quest’ultimo venerdì ci volevano circa 0,93 franchi per 1 euro e circa 0,79 franchi per 1 dollaro USA. Su base annua il franco ha guadagnato solo lo 0,5% sull’euro, ma la valuta elvetica era già molto salita in precedenza. Rispetto a un anno fa il guadagno è ben più marcato sul biglietto verde americano: oltre il 6%. Le incertezze geopolitiche ed economiche spingono non pochi investitori verso la moneta svizzera. Le previsioni prevalenti indicano un franco forte anche nella prossima fase.