Prospettive

Le economie avanzate sull'orlo della recessione

Secondo gli analisti di Union Bancaire Privée la crescita globale rallenterà, ma i Paesi emergenti saranno meno toccati
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Generoso Chiaradonna
26.11.2022 06:00

«La fase di crescita del ciclo economico si è interrotta bruscamente a causa delle politiche monetarie restrittive adottate dalle banche centrallii per combattere la persistente inflazione». Questo aspetto, stando a Norman Villamin, Chief investment officer (CIO) di Union Bancaire Privée (UBP) intervenuto ieri a Lugano, è esasperato dalla «crisi energetica che attanaglia le economie insieme all’acuirsi dei rischi geopolitici indotti dalla guerra tra Russia e Ucraina». Per questa ragione per il 2023 ci si attende una debole crescita economica globale compresa tra il 2 e il 2,5%. Le economie mature, come quella europea, sono invece sull’orlo di una recessione con una crescita stimata in media dello 0,4%. «In Europa gli aumenti dei prezzi e il possibile razionamento del gas peseranno sui consumi e le misure di risparmio dell’energia avranno un impatto negativo sulla produzione manifatturiera», ha continuato Villamin. Anche negli Stati Uniti ci si attende una forte contrazione dei consumi e del settore immobiliare indotta dal rialzo dei tassi d’interesse, mentre l’industria manifatturiera dovrà affrontare il continuo aumento dei costi e potrebbe risentire della modesta crescita del commercio globale.

La Cina ritrova la crescita

L’Asia e in particolare la Cina, si confermano però su un sentiero di crescita. «Nel corso del prossimo anno l’economia cinese dovrebbe superare gli ostacoli (lockdown e COVID) ancora presenti quest’anno», ha affermato Villamin. C’è però un rischio «deglobalizzazione» con la rimodulazione delle catene di approvvigionamento globali e l’acuirsi delle tensioni geopolitiche tra Cina e Stati Uniti. In generale questi rischi, sia essi economici o geopolitici, rappresentano un minaccia siginificativa nei confronti dei sistemi che hanno guidato l’economia mondiale.

La morsa dell’inflazione dovrebbe allentarsi gradualmente soprattutto negli Stati Uniti. Altrove dovrebbe rimanere al di sopra del target del 2% stabilito dalle banche centrali dei Paesi più sviluppati, «sebbene si attenda una tendenza più favorevole». Anche nelle economie emergenti l’inflazione dovrebbe incominciare a calare, seppur continui a dipendere dai prezzi delle materie prime e dei generi alimentari.

Per i Paesi sviluppati, ha spiegato ancora Villamin, «le rinnovate misure di sostegno economico rischiano di ritardare il potenziale di crescita. Il consolidamento fiscale dovrebbe diventare quindi una realtà nel 2024, anche perché c’è esigenza di tenere sotto controllo il debito pubblico per evitare il contraccolpo di un aumento dei tassi di mercato».

Mercati sollecitati

Sintetizzando, l’economia globale si muove su una linea sottile tra la recessione delle economie avanzate e il consolidamento della ripresa per quelle emergenti. «Nel complesso i cambiamenti di paradigma in corso richiederanno agli investitori la ricerca di un equilibrio tra nuove opportunità e rischi correlati al processo di transizione dell’economia globale».

L’anno scorso, per esempio, UBP, aveva intuito che il 2022 sarebbe stato un anno caratterizzato dalla volatilità, sia per le azioni, sia per il reddito fisso. Il consiglio agli investitori era stato: stare lontani dalla tempesta. «Le allocazioni in hedge fund hanno fornito un certo riparo», spiega Villamin. E per il prossimo anno? Il dollaro dovrebbe deprezzarsi gradualmente, il che è in linea con una frenata della crescita globale. Sul biglietto verde incominceranno a pesare da un parte il raggiungimento dei picco dei tassi d’interesse della Fed, il calo dell’inflazione, le valutazioni eccessive e l’aumento del disavanzo delle partite correnti. Nel contempo, i metalli preziosi (oro e argento) dovrebbero valorizzarsi sostenuti proprio dalla debolezza del dollaro.

L’invasione russa dell’Ucraina ha riportato al centro dell’attenzione la transizione energetica.