Aziende

L’industria 5.0 sarà digitale ma soprattutto sostenibile

VF International a Stabio ha organizzato per i suoi dipendenti una settimana «full immersion» sul tema della trasformazione tecnologica e su come quest’ultima potrà favorire l’economia circolare e le buone pratiche sostenibili
A Stabio si lavora da tempo allo sviluppo di modelli operativi più sostenibili. © CdT/Gabriele Putzu
Dimitri Loringett
19.09.2023 06:00

Mentre molte aziende e intere industrie sono ancora nel bel mezzo della quarta rivoluzione industriale – quella cioè caratterizzata da elementi quali automazione, robotizzazione, «big data», sistemi «intelligenti», virtualizzazione, apprendimento automatico e Internet delle cose (IoT) – la prossima rivoluzione, la quinta, è già alle porte.

Secondo l’Unione europea, la cosiddetta «Industria 5.0» è «una visione dell’industria che va oltre l’efficienza e la produttività come unici obiettivi» e «pone il benessere del lavoratore al centro del processo produttivo e utilizza le nuove tecnologie per fornire prosperità oltre i posti di lavoro e la crescita, rispettando i limiti di produzione del pianeta». Proviamo a fare un’estrema sintesi di questa definizione con due concetti: trasformazione digitale e sostenibilità.

«Credo che si faccia un certo abuso di queste espressioni. In realtà dipende da come le si applicano per raggiungere i propri obiettivi. Finora, per molte aziende la trasformazione significava tecnologia, ma è molto più di quello. Riguarda le persone e i processi e, in senso generale, la cultura aziendale. Più che di rivoluzione, inoltre, direi che si tratta piuttosto di un’evoluzione che, oltretutto, non avverrà dall’oggi al domani». Queste sono le parole di Velia Carboni, Chief Digital & Technology Officer presso VF Corporation, che abbiamo incontrato, assieme al suo collega Carsten Trenz, Vice President Digital di VF EMEA, nella sede del gruppo a Stabio in occasione della quarta edizione della «Digital Week» che il colosso dell’abbigliamento ha organizzato per il proprio personale negli scorsi giorni. «Ci sono diverse definizioni per l’Industria 5.0 – afferma Trenz –. Una la considera dal punto di vista di come l’uomo e l’obiettivo possano essere combinati con la tecnologia. Un’altra riguarda la sostenibilità».

La «circolarità» prende piede

Da fine giugno VF è membro del World Business Council for Sustainable Development (Wbcsd), una ONG con sede a Ginevra che riunisce oltre 200 tra le principali imprese al mondo che si definiscono sostenibili e che lavorano collettivamente per raggiungere l’obiettivo «net zero», ovvero neutralizzare le loro emissioni di gas serra. VF è una delle prime aziende del settore dell’abbigliamento (storicamente un ambito molto inquinante) a far parte di questa comunità. Un modo per sottolineare il suo impegno per lo sviluppo di modelli operativi più sostenibili, in particolare quello della cosiddetta «circolarità».

Insieme alla ONG ginevrina, VF e VF Foundation hanno contribuito a sviluppare un metodo specifico per l’industria basato sugli Indicatori di transizione circolare (CTI) del Wbcsd, strumenti di misurazione delle performance utilizzata in vari settori da oltre duemila aziende, che può essere applicata all’industria della moda.

Le linee guida finali per il settore saranno disponibili entro la fine dell’anno, ci anticipa David Quass, Director Sustainability di VF EMEA. «Il concetto di economia circolare – spiega Quass – si è sviluppato enormemente a partire dal semplice modello di business, come il “reso in negozio”, che è comunque ancora attuale. Ad esempio, con la nostra piattaforma “Timberloop” abbiamo sperimentato lo “smontaggio” di articoli restituiti. L’esperienza acquisita si riflette nella nostra progettazione degli articoli, dalle scelte dei materiali ai processi di fabbricazione. Su alcuni dei nostri marchi, inoltre, si iniziano a vedere i codici QR sulle etichette. Questo è un passo che ci porterà avanti nel percorso per misurare e gestire la circolarità. La visione finale è quella di poter tracciare il prodotto e di seguirlo lungo l’intero ciclo di vita. Dal punto di vista digitale, avere questi punti di contatto con il consumatore e poter seguire il prodotto ci fornirà dati utili non solo per VF, ma anche per i partner con cui lavoriamo, come i riciclatori che hanno bisogno di sapere di cosa è fatto il prodotto per gestirne il riciclo correttamente».

«Progettare» la privacy

La trasformazione digitale per le molte aziende significa anche raccogliere ed elaborare sempre più dati. Da inizio settembre è entrato in vigore in Svizzera la nuova Legge sulla protezione dei dati, che si inserisce in un quadro di regolamentazione più globale voluto per meglio proteggere la sfera privata dei cittadini. Ai nostri interlocutori chiediamo se questo rappresenta un maggior rischio oppure un’opportunità nuova.

«In VF abbiamo messo in atto una strategia di “privacy by design” che vede la tutela dei dati come un modo per aumentare la fiducia dei consumatori e quindi come un vantaggio competitivo», afferma Carsten Trenz. «Il consumatore – continua – vuole avere il controllo dei propri dati perché è sempre più infastidito dal fatto di non sapere cosa sta accadendo con le informazioni che lo riguardano. Abbiamo iniziato anni fa qui a Stabio, già con l’entrata in vigore del Gdpr nel 2018, a implementare questa strategia per garantire che ogni decisione e approccio tecnologico che prendiamo sia fondamentalmente filtrato da questa prospettiva. Operiamo in un settore in cui il consumatore finale è il re, e credo che le nuove leggi introdotte di recente siano pensate proprio per questo, per creare maggiore trasparenza».

Fisicità nell’era digitale

Passeggiando nei moderni spazi di VF notiamo subito che si tratta di un’azienda fatta di persone e di «fisicità». Eppure, il futuro sembra sempre più virtuale. Chiediamo ai nostri interlocutori un parere sul futuro mondo «phygital» (physical-digital). «Ci sono due dimensioni», risponde Trenz. «Una è più legata alla progettazione digitale del prodotto, che allo stato attuale vede però ancora diversi passaggi “fisici”; l’altra è quella dei canali di distribuzione, con le piattaforme online e i negozi fisici in cui lavoriamo sempre più in modo ibrido».

«Oggi – conclude Velia Carboni – possiamo sfruttare i dati dei clienti che acquistano sia in negozio, sia online, creando così un unico profilo per ciascuno di loro. Non eravamo in grado di fare ciò solo cinque anni fa. Ma ora anche questo cambierà: con il negozio virtuale in 3D, sarà quasi come toccare fisicamente il prodotto».