Tecnologia

L’intelligenza artificiale ormai ha fatto irruzione negli atenei

L’evoluzione dei modelli generativi come ChatGPT pone domande e apre possibilità inedite per studenti e ricercatori - Vietarne l’uso si rivela sterile: la vera sfida è imparare a sfruttarli criticamente, distinguendo limiti e potenzialità
©Gabriele Putzu
Costanza Naguib
16.09.2025 06:00

L’intelligenza artificiale generativa, di cui ChatGPT è solo uno, forse il più famoso, di tanti modelli, è sulla bocca di tutti. Rimane ancora tuttavia molta confusione su cosa l’intelligenza artificiale sappia e cosa non sappia fare, anche perché questi modelli stanno evolvendo a grande velocità. I modelli disponibili un anno fa commettevano ancora errori nello svolgere disequazioni di secondo grado, che sono considerate un pre-requisito per gli studenti del bachelor in scienze economiche. I modelli disponibili sei mesi fa avevano superato questo problema, ma commettevano ancora errori riguardo a specifici teoremi di econometria (vale a dire su temi specialistici trattati in un corso di master). I modelli disponibili oggi non commettono più simili errori e i miglioramenti continuano a un ritmo serrato.

Fino all’anno scorso, l’atteggiamento prevalente in ambito accademico era lo scetticismo: un elaborato finale creato da ChatGPT si poteva facilmente individuare, in particolare dalla vaghezza delle risposte fornite, e lo studente che l’aveva consegnato rischiava delle conseguenze disciplinari. La prima reazione delle università, infatti, era stata quella di considerare l’uso di queste forme di intelligenza artificiale in maniera paragonabile al plagio, vale a dire l’appropriazione da parte dello studente del pensiero elaborato da altri (in questo caso da un Large Language Model, o modello di intelligenza artificiale generativa). Ben presto, tuttavia, si è capito che l’approccio non può consistere in un totale divieto, che si rivelerebbe ben presto controproducente.

Per esempio all’Università di Berna, dove lavoro come professore assistente di econometria, le regole attuali prevedono che gli studenti, al momento di consegnare la loro tesi o lavoro d’esame, debbano dichiarare esplicitamente per cosa hanno usato i modelli di intelligenza artificiale. Usi legittimi e addirittura incoraggiati comprendono il miglioramento della struttura delle frasi, in mondo tale che il testo risulti più facile da leggere, la correzione degli errori grammaticali e di sintassi, in particolare quando si deve scrivere un elaborato in una lingua che non è la propria lingua madre. Ma i possibili usi «virtuosi» di ChatGPT all’università non si esauriscono qui: è infatti possibile consultare questi modelli per sapere qual è il modo corretto di analizzare i dati, per correggere il codice utilizzato per stimare i risultati econometrici e anche per avere una conferma che l’interpretazione dei risultati sia corretta.

Ci sono tuttavia altri ambiti nei quali questi modelli sono (per ora) di utilità molto limitata. Per esempio non ha senso chiedere all’intelligenza artificiale di elaborare una domanda di ricerca originale in un certo campo: il modello si limiterà a risponderci fornendoci un riassunto completo e ben fatto dei lavori di ricerca più influenti che sono stati pubblicati sulle più importanti riviste scientifiche di quel campo negli ultimi anni, ma non ci darà nessuno spunto utile per sviluppare una nuova agenda di ricerca che vada oltre quanto già fatto. Similmente, uno studente che provi a interrogare ChatGPT per trovare un tema idoneo per la propria tesi di laurea dovrebbe prestare attenzione alla fattibilità dei suggerimenti che riceverà. Infatti, solo per fare degli esempi, le risposte potrebbero prevedere l’uso di dati che sono ottenibili solo pagando un prezzo proibitivo, oppure in seguito a un processo di richiesta di accesso che dura molti mesi, dunque inadatti per la stesura di un lavoro di tesi in tempi ragionevoli.

Potenzialità per la ricerca

Sempre nell’ambito della ricerca scientifica, tuttavia, l’intelligenza artificiale presenta anche enormi potenzialità, in particolare nell’ambito della raccolta dati. Ci sono molti casi nei quali l’estrazione di dati, numerici o testuali, da una serie di documenti, richiederebbe una quantità impressionante di lavoro manuale, non solo noioso e ripetitivo, ma anche soggetto ad un rischio non indifferente di commettere errori. I modelli di intelligenza artificiale generativa, se ricevono istruzioni corrette e precise su come procedere, possono fornire un grande aiuto in questo senso e velocizzare notevolmente questi processi. Ad esempio Fabio Gatti, dottorando in economia presso l’Università di Berna, si è servito di modelli di riconoscimento della scrittura manoscritta per esportare in formato digitale il contenuto di un corpus di lettere dei banchieri fiorentini, che sta attualmente utilizzando per studiare l’impatto della peste sul commercio dall’Italia verso l’estero durante il Rinascimento.

Si ritorna agli esami scritti

Naturalmente, ChatGPT e simili stanno già avendo un impatto notevole anche sulle modalità di insegnamento all’università, in particolare per quanto riguarda i corsi di programmazione. Da un lato, è importante verificare che gli studenti apprendano le conoscenze di base, in modo tale da poter valutare con spirito critico le risposte fornite dall’intelligenza artificiale. A questo scopo, stanno tornando in voga gli esami scritti (con carta e penna) senza alcun materiale di supporto ammesso. D’altro canto, è ugualmente importante imparare a «porre le domande giuste» all’intelligenza artificiale, vale a dire essere in grado di scrivere dei prompt precisi che permettano di ottenere una risposta adeguata. Per allenare questa abilità, vengono assegnati dei progetti, per la realizzazione dei quali gli studenti sono autorizzati a usare senza limiti qualsiasi ausilio ritengano opportuno. Infine, un’ulteriore strategia consiste nell’inserire negli esami una o più domande in cui gli studenti devono commentare e se necessario correggere o migliorare, la risposta già fornita da ChatGPT.

L’intelligenza artificiale ha delle grandi potenzialità per rendere più facile e forse anche più piacevole l’apprendimento, come pure per velocizzare compiti di raccolta dati che, se svolti manualmente, richiederebbero tempi molto lunghi. È dunque fondamentale saper porre le domande giuste, nonché avere le conoscenze necessarie per poter valutare la correttezza e l’adeguatezza delle risposte con spirito critico.