L'intervista

«Lo scambio d'informazioni verrà anche per le cripto»

Con l’imminente introduzione del «Crypto-Asset Reporting Framework» (CARF) anche il settore delle criptovalute sarà soggetto alle regole fiscali
Dal 1. gennaio le autorità europee riceveranno i dati delle cripto-attività, quelle statunitensi dal 2028. © 24K-Production / Alamy Stock Photo
Andreas Grandi
24.07.2025 23:00

Negli ultimi anni, la rapida crescita delle criptovalute ha aumentato l’attenzione sulla trasparenza fiscale delle operazioni con asset digitali. Con l’imminente introduzione del Crypto-Asset Reporting Framework (CARF), anche questo settore sarà soggetto a nuove regole fiscali. L’avvocato Alberto Borri, socio dello studio Lexify di Lugano, commenta le novità in arrivo.

Avvocato Borri, perché questa riforma?

«In assenza di una normativa analoga al Common Reporting Standard (CRS), l’obbligo di segnalare alle autorità fiscali le normali operazioni finanziarie, prima del CARF il settore cripto era disciplinato in modo autonomo da ciascun Paese. Di conseguenza, per la loro natura decentralizzata e difficile da tracciare, le cripto-attività si collocavano in una zona grigia e potevano portare all’occultamento di capitali all’estero, oltre che propiziare attività di evasione fiscale. Infatti, proprio per le autorità fiscali, i punti critici delle cripto-attività erano e restano: le piattaforme per gli scambi, cioè gli exchange, attivi in giurisdizioni opache; i wallet privati (non custodial), cioè i portafogli digitali gestiti direttamente dall’utente; la finanza decentralizzata (DeFi),ovvero le piattaforme dei servizi finanziari che agiscono fuori dal controllo delle banche o degli enti centrali. Si tratta di fattispecie che possono sottrarsi agli obblighi di segnalazione e complicano la tracciabilità delle movimentazioni da parte dell’autorità. In altri termini, la velocissima crescita del mercato delle criptovalute, oltre a creare un “nuovo paradiso fiscale digitale”, progressivamente iniziava anche a mobilitare patrimoni sempre più consistenti. Quindi nel 2022 l’OCSE ha approvato il CARF, che i leader del G20 poi si sono impegnati a implementare».

Alberto Borri, avvocato e socio dello studio legale luganese Lexify SA.
Alberto Borri, avvocato e socio dello studio legale luganese Lexify SA.

Quali sono le caratteristiche di questa normativa?

«Il CARF estende al mondo cripto le procedure già vigenti nella finanzia tradizionale. Interessa le principali criptovalute (come Bitcoin ed Ethereum), ma anche le stablecoin e gli NFT se utilizzati come mezzo di pagamento o di investimento. Dal 1. gennaio 2026, molti Paesi, compresa l’UE, adegueranno ai requisiti CARF le rispettive normative interne e obbligheranno sia i fornitori di servizi, sia gli intermediari in cripto-attività a identificare i titolari dei conti, accertarne la residenza fiscale e inoltre monitorare le principali movimentazioni della clientela, specie quelle cross border».

Come funzionerà lo scambio dei dati?

«Ai fornitori di servizi cripto è imposto l’obbligo di raccogliere informazioni dettagliate sui clienti (nome, indirizzo, Stato di residenza, Tax Identification Number, che ad esempio per la clientela italiana è il numero di codice fiscale) e di trasmettere annualmente alla propria autorità nazionale competente dei report con un riepilogo aggregato dei movimenti, suddivisi per tipologia di asset e di operazione. Ne segnalo alcuni: il cambio delle monete tradizionali in criptovalute e viceversa; gli interscambi tra differenti criptovalute e i pagamenti effettuati in criptovalute. La trasmissione dei dati fiscali tra stati esordirà nel 2027, ovvero dopo la chiusura delle operazioni che avvengono a partire dal 1. gennaio 2026. A seguire, con cadenza annuale queste informazioni verranno trasmesse in automatico alle amministrazioni fiscali degli Stati aderenti. In linea generale, verranno seguiti gli accordi multilaterali e le stesse procedure già utilizzate per il CRS, con il risultato di una maggiore tracciabilità internazionale anche per i patrimoni contabilizzati in criptovalute».

Quali saranno le conseguenze per il settore cripto con l’entrata in vigore del CARF?

«Il CARF rappresenta una tappa fondamentale per la maturità del mercato. In particolare, ne aumenta la credibilità presso gli investitori istituzionali e gli organismi multilaterali. Tuttavia, per le imprese del settore questo significherà un notevole aumento dei costi e delle procedure amministrative necessarie per rispettare le nuove regole. Per adeguarsi sarà richiesta l’adozione di sistemi informatici aggiornati, il ricorso a personale specializzato, controlli interni e nuove procedure di reporting. Sono tutti elementi che, per loro natura, aggiungono costi a quelli già previsti da altre normative. Infatti, proprio per la introduzione simultanea del regolamento MiCA deciso dall’Unione europea, al CARF si aggiungeranno ulteriori obblighi che riguardano autorizzazioni, tracciabilità, tutela degli utenti e adeguamenti specifici della necessaria tecnologia indispensabile a una loro corretta funzionalità. A questo proposito, ricordo che il Markets in Crypto-Assets, ovvero il Regolamento sui mercati delle cripto-attività, deciso dall’UE, si caratterizza per essere una normativa parallela che aggiunge oneri regolamentari simili a quelli già imposti alle istituzioni finanziarie tradizionali, come: licenze, requisiti patrimoniali, protezione dei consumatori, sistemi per prevenire gli abusi di mercato e, per determinate cripto-attività, obblighi di notificare alle autorità competenti dei white paper, prospetti informativi dettagliati. È infatti necessario ricordare, che CARF e MiCA impongono obblighi paralleli, ma ciascuno è contraddistinto da finalità specifiche. Il CARF favorisce lo scambio di informazioni fiscali tra Paesi, ma che provengono dalle cripto-attività disciplinate dal MiCA. Quindi, per coordinare le differenti procedure e indirizzarle alle rispettive finalità, si dovrà ricorrere a sistemi avanzati di controllo e a personale competente. Questo produce un contemporaneo aumento dei carichi amministrativi e il coordinamento di nuove responsabilità gestionali. In questa evoluzione sarà anche necessario considerare non solo la rigorosa richiesta di trasparenza, ma anche quella trasmissione estensiva di dati personali che viene imposta dalle normative ora richiamate. Di conseguenza, le incertezze riguardanti la tutela della privacy potrebbero anche motivare una parte degli utenti e dei capitali a migrare verso piattaforme meno regolamentate, oppure verso giurisdizioni al momento più favorevoli. Per esempio, al momento la Cina non ha aderito al CARF, mentre gli Emirati Arabi Uniti e gli USA prevedono uno scambio di informazioni nel 2028».

Che cosa rischiano gli investitori e gli operatori che non rispettano le nuove regole fiscali sulle criptovalute?

«Iniziamo dagli investitori privati: la omessa dichiarazione nella dichiarazione di imposta può portare a sanzioni pecuniarie molto severe (in certi ordinamenti quali Francia e Italia oltre il 10% degli importi non dichiarati) e, in caso di infrazioni gravi o intenzionali, persino a conseguenze penali. Gli operatori professionali invece dovranno aggiornare le complicate procedure di raccolta e trasmissione dei dati sia per evitare sanzioni economiche, sia per non rischiare la sospensione delle attività in caso di irregolarità o problemi di reputazione».