Tendenze

Lugano «smart city finanziaria»

Esperti e operatori illustrano le evoluzioni della terza piazza svizzera
© CdT/Gabriele Putzu
Andreas Grandi
16.08.2024 22:30

Le attività di gestione della piazza luganese stanno ormai trasformando l’area urbana in una vera e propria «smart city finanziaria». È la conseguenza, indotta, dello sviluppo digitale che il Municipio di Lugano aveva solo teorizzato oltre un decennio fa. Dopo essersi già imposto come fenomeno globale, oggi a livello locale lo ritroviamo a stimolare il territorio a recepire delle prassi in continua evoluzione. Pensiamo all’uso della intelligenza artificiale (IA) nella analisi delle infinite opportunità di investimento disponibili; alla compravendita di criptovalute; alla migrazione in digitale delle procedure cartacee. Questi sono solo alcuni esempi di attività la cui forma è rivoluzionata dall’innovazione tecnica mantenendo al contempo quelle regole di cautela e quegli obblighi di diligenza e di responsabilità professionale già ben conosciuti.

Asset digitali e normative

«Il mercato finanziario è sempre stato molto regolamentato e anche le criptovalute non sono da meno», riconosce Lars Schlichting, avvocato titolare dello studio legale luganese Lexify specializzato finanza digitalizzata. «Anzi - spiega - al momento abbiamo regole più stringenti per le criptovalute rispetto alle valute tradizionali ed è quindi possibile affermare che il mondo degli asset digitali è completamente regolato. L’uso dell’IA non è ancora oggetto di una normativa specifica. Ma già oggi diverse normative, come quella sulla protezione dei dati o sui diritti d’autore, trovano applicazione in questo campo. Tutte queste evoluzioni si stanno preparando a trasformare in modo irreversibile l’infrastruttura finanziaria».

«Nel prossimo futuro, direi entro cinque anni - aggiunge Schlichting - le transazioni finanziarie saranno prevalentemente svolte sulla blockchain, una forma di registro distribuito accessibile al pubblico in cui le transazioni sono raggruppate e registrate in blocchi, che poi a loro volta vengono concatenati. Questo permetterà l’uso di smart contract, che eseguiranno ogni tipo di attività, come la contabilità, la revisione e l’espletamento degli oneri fiscali, tutto in maniera automatizzata».

All’avvocato Schlichting chiediamo infine quali evoluzioni ci attendono: «L’utente non si renderà conto di questi cambiamenti - afferma - dato che la sua esperienza sarà identica a quella odierna. Per pagare inquadreremo un QR code che, anziché su un conto bancario, ci addebiterà l’importo tramite un wallet, una relazione attivata sulla blockchain», conclude.

Attività bancaria in evoluzione

Proseguiamo, chiedendo a Filippo Moor, responsabile a Lugano del crypto desk di ONE swiss bank, un commento sull’evoluzione digitale dell’attività bancaria. «Anche in epoca di asset digitali - risponde Moor - il nostro istituto prosegue il suo sviluppo funzionale e coerente della sua mission bancaria. Questo per due motivi. La operatività digitale aggiorna e fidelizza le relazioni esistenti con la clientela tradizionale, i clienti di oggi, per i quali la nuova finanza è una diversificazione di portafoglio. Ma grazie alle criptovalute dialoghiamo anche con i millennial, i clienti del futuro, che usano in modo “nativo” i dispositivi smart di ultima generazione».

Come vi relazionate con la clientela digitale? «Per entrambe le categorie che ho citato - risponde Filippo Moor - abbiamo predisposto un apposito desk tramite il quale dialoghiamo, da una parte, con i pionieri che acquistarono asset digitali agli inizi del mercato e che ora contabilizzano guadagni sostanziosi. Dall’altra, ci sono gli operatori indipendenti che hanno iniziato successivamente e che oggi possono registrare performance anche superiori ai valori borsistici. Inoltre, come tutti gli investitori, anche i “cripto-operatori” devono rivolgersi a una banca depositaria per aprire una relazione di conto e convertire i loro profitti in moneta tradizionale. In queste pratiche il nostro istituto è facilitato dalla padronanza e dal costante aggiornamento dei meccanismi e della operatività in criptovalute. Comunque, anche in ambito cripto l’analisi del portafoglio di un cliente si conferma impegnativa, dispendiosa, da svolgere rispettando precise normative e che dunque affidiamo a specialisti. Ciò premesso, possiamo affermare che finanza tradizionale e digitale procedono in parallelo», conclude Moor.

L’importanza del fattore umano

Resta un elemento a collegare la finanza tradizionale a quella digitale: è il fattore umano. A testimoniarlo sono le attività a Lugano di Arkadia Digital Advisory e dei suoi contitolari, Thomas Zara e Alessandro Piccolella, entrambi con una lunga esperienza sul mercato tradizionale. Il loro business model, che consiste nel fornire soluzioni di investimento in asset digitali, è aperto al dialogo con i professionisti del settore. In questo ambito, Arkadia si propone come una azienda con la quale gli interlocutori possano identificarsi e da cui ricevere un prodotto su misura. «Il nostro target - confermano Zara e Piccolella - in effetti è composto da operatori istituzionali che, a differenza della clientela retail, si propongono con esigenze e necessità da loro già ben identificate, a partire proprio dal controllo della volatilità intrinseca degli asset digitali. Quindi la profilazione delle esigenze della nostra clientela può avvenire anche tramite l’utilizzo di applicazioni che ricorrono a tecnologie avanzate, compresa l’IA. Le nostre procedure - proseguono i due esperti - si basano sulla trasparenza, sulla interazione con i clienti, sulla comunicazione puntuale delle nostre attività e sulla possibilità di partecipare attivamente ai nostri comitati di investimento e all’esame delle nostre analisi di mercato».

In conclusione, a Zara e Piccolella chiediamo una previsione sullo sviluppo del mercato. «Il mondo digitale - rispondono - sta vivendo un processo di maturazione caratterizzato da operatori e investitori provenienti dalla finanza tradizionale. Sono tutti consapevoli che non è più possibile essere presenti sul mercato ignorando le dinamiche degli asset digitali. Questo archivia il pregiudizio che la nuova finanza sia una evoluzione dalla quale prendere le distanze, mentre invece è un uno sviluppo con cui convivere», concludono i contitolari di Arkadia.

Stablecoin, critiche ai requisiti Finma

Non si fatta attendere la reazione dell’associazione Swiss Blockchain Federation (SBF) in merito alla comunicazione della Finma dello scorso 26 luglio relativa ai rischi e requisiti per gli emittenti di stablecoin e le banche garanti. In sostanza, l’Autorità federale di vigilanza sui mercati finanziari ritiene che gli emittenti di stablecoin siano obbligati a registrare tutti i possessori di tali strumenti digitali come clienti e a controllare le loro transazioni. Ciò crea, secondo la Finma, una «relazione commerciale permanente» tra il possessore di stablecoin e l'emittente e quindi una relazione di clientela ai sensi della legge antiriciclaggio. Tuttavia, per la SBF, come riferisce il portale finews.com, l’interpretazione della Finma manca di una base giuridica sufficiente.

Come ricorda la Finma, gli emittenti di stablecoin «utilizzano un meccanismo di stabilizzazione basato sull’ancoramento a uno o più valori patrimoniali sottostanti». Per fare un esempio, il valore del tether, la stablecoin nota alle nostre latitudini, è legato al dollaro USA in un rapporto fisso di uno a uno e, come per le stablecoin in generale, i possessori hanno un diritto di rimborso (o conversione in valuta fiat) in qualsiasi momento. Per la Finma, quindi, «in tale relazione si configura pertanto perlopiù una classificazione come depositi del pubblico ai sensi della Legge sulle banche o come investimenti collettivi» - da qui, quindi, l'assoggettamento anche alle norme antiriciclaggio.

Per la SBF, riferisce ancora finews.com, la Finma viola la prassi consolidata per i mezzi di pagamento di verificare solo la controparte al momento dell’emissione e del rimborso. E viola anche la prassi internazionale: «Né l’UE né Singapore, Hong Kong, Giappone o Stati Uniti richiedono l’identificazione di tutti i possessori di stablecoin o una restrizione alla sua trasferibilità», sottolinea la SBF, aggiungendo che pure il Gruppo di azione finanziaria internazionale (Gafi) non è favorevole a tale requisito.

Nel caso in cui la Finma attuasse quanto indicato nella sua comunicazione, la SBF sostiene che non ci sarebbe più un modello di business valido per l’emissione di stablecoin in Svizzera. In altre parole: «Gli emittenti svizzeri di stablecoin saranno quindi costretti a realizzare i loro progetti all’estero».