L’ultimo Slam di Roger Federer è tra i broker di Wall Street

Da un piccolo appartamento di Zurigo alle finte colonne corinzie del tempio borsistico di New York, il passo è veramente lungo. E averlo compiuto in poco più di 10 anni può dare le vertigini. Ma se il tuo compagno di viaggio è Roger Federer, il tennista da 1 miliardo di dollari, forse tutto è più semplice.
Devono averlo pensato anche Olivier Bernhard, David Allemann e Caspar Coppetti quando, nelle settimane scorse, hanno consegnato a Wall Street i documenti per l’ingresso nell’indice Dow Jones. I tre amici, nel 2010, decisero di puntare tutto su una start-up, “On Running”, e di mettersi a fare calzature leggere come piume per chi ama correre. La leggenda vuole che l’idea di fondare un’azienda di scarpe da corsa sia nata durante un’escursione in montagna. Un’idea folle, se è vero che gli stessi Allemann e Coppetti hanno più volte ammesso come, tra i loro amici e conoscenti, almeno sette su dieci fossero dell’opinione «che non avrebbe mai funzionato».
Previsione sbagliata. Tanto è vero che nel 2019, l’impresa zurighese imbarca sul suo vascello un nuovo investitore-testimonial che, oltre a iniettare capitali freschi (si parla di 50 milioni di dollari, ma non ci sono conferme ufficiali), è soprattutto una stella del firmamento sportivo: Roger Federer, appunto. Una folata di vento che gonfia subito le vele della barca di “On Running”, facendola letteralmente volare. Ora, dietro l’angolo, c’è il grande salto.
Le attese
La quotazione in Borsa potrebbe portare nelle casse di “On Running” fino a 8 miliardi di dollari. Una cifra stratosferica, figlia paradossalmente anche della pandemia.
Durante il lockdown, infatti, le scarpette con i cuscini tubolari nella suola hanno fatto registrare un vero e proprio boom di vendite online. L’azienda zurighese ha triplicato in tre anni il suo fatturato, passato da 153,5 milioni di franchi nel 2018 a 425,3 milioni nel 2020. E adesso, per consolidare e realizzare i suoi piani di espansione, ha bisogno di nuovi capitali .
Secondo un calcolo compiuto dal quotidiano economico Handelszeitung, una volta conclusa la capitalizzazione di Borsa, Roger Federer - grazie alle quote attualmente detenute - potrebbe accrescere il suo patrimonio fino a 1,5 miliardi di dollari. Un balzo gigantesco, se si pensa che il mensile economico Bilanz, nell’ultima classifica sui cittadini svizzeri più ricchi uscita a fine 2020, aveva accreditato il basilese di una fortuna di circa 450 milioni di franchi.
Personal branding
Tra i pochi atleti della storia capaci di guadagnare 1 miliardo di dollari in carriera - secondo Forbes, di questo elenco fanno parte, oltre a lui, soltanto Tiger Woods, Floyd Mayweather, LeBron James, Cristiano Ronaldo e Lionel Messi - Federer è oggi l’esempio più solido e forte di “personal branding”. Il tennista svizzero è uno dei pochissimi in grado di costruire una “narrativa di valore” sulla propria persona, che ha trasformato in marchio. Negli anni, attraverso una sapiente gestione, l’immagine di Federer si è progressivamente staccata dai successi conquistati sul campo ma, invece di affievolirsi, si è paradossalmente rinsaldata. Qualcosa che in passato, secondo gli esperti, è accaduto soltanto con Michael Jordan, sul cui nome la Nike ha costruito un successo probabilmente irripetibile. Nel 1984, quando l’azienda dell’Oregon fondata da Bill Bowerman e Phil Knight iniziò la collaborazione con l’allora 21 enne cestita newyorkese, la previsione di ricavi dalla sponsorizzazione si attestava attorno ai 30 milioni di dollari. Dopo 35 anni, e a quasi 20 dal terzo e definitivo ritiro della stella dei Chicago Bulls, il marchio che porta il nome di Jordan ha registrato (nel 2019) ricavi per 3,1 miliardi di dollari, l’8% di tutti quelli della Nike (con una crescita del 10% rispetto all’anno precedente), mentre il totale delle revenue incassate dall’ex campione è salito a 1,3 miliardi di dollari.
In una recente intervista, Marco Nazzari, International Managing Director di Nielsen Sports, ha spiegato che «Trent’anni fa, agli albori del marketing sportivo, le aziende cercavano soprattutto visibilità» e tentavano di usare gli atleti come testimonial delle proprie campagne pubblicitarie. Oggi, invece, l’obiettivo è diverso. Le imprese sono alla ricerca soprattutto dell’associazione, dell’identificazione «con una specifica fetta di consumatori che si immedesima con un certo personaggio. Se si lancia un brand incoerente con il messaggio, il consumatore prende immediatamente le distanze».
Roger Federer è probabilmente il personaggio ideale in questo senso. Incarna una «storia» coerente, fatta di successo e di normalità. In un lungo ritratto pubblicato l’altroieri sul New York Times Magazine, Christopher Clarey ha spiegato ai lettori americani come la forza di Roger Federer sia oggi essere sé stesso: «Questa, più della sua grandezza come giocatore, potrebbe essere la sua eredità più duratura».
Alla base di tutto c’è, ovviamente, «il suo fenomenale talento in campo e il suo gioco aggraziato». Ma grande valore va assegnato anche a «ciò che ha costruito fuori dal campo sfruttando alcune qualità estremamente rare». L’eleganza e il carisma della persona sono doti naturali, cresciute nel tempo e sapientemente coltivate. Basti pensare alla creazione della Roger Federer Foundation, con il suo budget milionario a favore della creazione di scuole nei Paesi più poveri. O ai recenti investimenti in NotCo, azienda cilena di tecnologia alimentare (produce alternative vegetali ai prodotti alimentari di origine animale) fondata nel 2015 da Matias Muchnick, Pablo Zamora e Karim Pichara.