Ma la Russia riesce ancora a sostenere la guerra in Ucraina?

E se la guerra di Vladimir Putin si estendesse oltre l'Ucraina? A precisa domanda, il presidente russo questo mese ha dichiarato che il suo Paese è pronto, se necessario, ad affrontare l'Europa in un conflitto militare diretto. «Non abbiamo intenzione di entrare in guerra con l'Europa» ha detto Putin. «Ma se l'Europa vuole, e inizia, in questo momento saremmo pronti». Parallelamente, sottolinea il Moscow Times, Sergei Chemezov, alleato di lunga data di Putin e capo del conglomerato statale Rostec, nel settore della difesa, ha messo in guardia i Paesi occidentali dal sottovalutare la capacità militare-industriale della Russia. «La metterò in questo modo» ha tuonato. «I nostri avversari non potrebbero nemmeno sognare volumi del genere».
Con il conflitto su larga scala in Ucraina prossimo, oramai, al «traguardo» dei quattro anni, la spesa militare russa è salita ai massimi livelli dalla dissoluzione dell'Unione Sovietica. Nel 2025, tuttavia, l'industria bellica ha rallentato, sollevando interrogativi su quanto a lungo Mosca potrà sostenere il suo attuale livello di produzione militare considerando le sanzioni internazionali e la pressione finanziaria. Le spese militari della Russia sono aumentate di quasi il 300% dall'ultimo anno prebellico, il 2021, a oggi, passando da 3,6 trilioni di rubli (39 miliardi di dollari) ai 13,5 trilioni di rubli (147 miliardi di dollari) segnalati per il 2025.
Attirati dagli stipendi più alti, i lavoratori di altri settori si sono riversati nelle imprese della difesa. Grandi produttori come la Kalashnikov Concern e la fabbrica di droni Alabuga hanno pubblicato centinaia di offerte di lavoro, con alcuni posti in officina che offrono una paga mensile di circa 150 mila rubli (1.870 dollari), quasi il doppio del salario mediano nazionale.
Le stime ufficiali indicano che 600-700 mila persone sono entrate a far parte del complesso militare-industriale nel 2023-24, portando l'occupazione totale del settore a circa 3,8 milioni, ovvero quasi il 5% della forza lavoro. «Questo equivale a un nuovo contratto sociale e a un modello economico in cui la crescita è guidata dalla produzione militare» ha dichiarato al Moscow Times Mathieu Boulegue, specialista delle forze armate russe presso Chatham House. «È una forma di keynesianismo della difesa, e questa dinamica probabilmente continuerà a pervadere l'economia in generale anche in futuro».
Sebbene questo modello abbia alimentato la crescita industriale ed economica nel 2023 e 2024, ultimamente sta mostrando segni di perdita di slancio. Il Ministero dello Sviluppo Economico, ad esempio, prevede una crescita della produzione industriale di appena l'1% nel 2025, in calo rispetto al 5,6% dello scorso anno. Anche la crescita delle industrie belliche russe sta rallentando.
La produzione di prodotti in metallo utilizzati per artiglieria e munizioni è aumentata del 15,9% nel periodo gennaio-ottobre 2025, in calo rispetto al 31,6% del 2024. La produzione di computer, prodotti elettronici e ottici legati all'uso militare è cresciuta del 13,6%, pure in calo rispetto al 27,9% dell'anno precedente. Solo la categoria «altri mezzi di trasporto», che comprende carri armati e droni, è rimasta sostanzialmente stabile, con una crescita del 33,1% rispetto al 34,2% del 2024. Sono diminuite altresì le importazioni di beni a duplice uso, cioè di articoli che l'Occidente vieta di spedire in Russia a causa delle loro potenziali applicazioni militari. Le importazioni di beni legati ai campi di battaglia dalla Cina, principale fornitore della Russia, sono diminuite del 3,7% su base annua, raggiungendo i 2,6 miliardi di dollari nel periodo gennaio-novembre 2025, e sono diminuite del 14,4% rispetto allo stesso periodo del 2023.
Altri indicatori suggeriscono che l'ondata di zuccheri dovuta all'iniezione di domanda militare da parte del governo sta iniziando a svanire. Novaya Gazeta Europe ha riferito, lo scorso settembre, che le assunzioni nel settore della difesa erano scese ai livelli visti l'ultima volta nei primi mesi della guerra. L'analisi degli annunci di lavoro online mostrava circa 34.500 posti vacanti presso le aziende del settore della difesa e quelle affiliate all'esercito nell'estate del 2025, in calo rispetto ai circa 52.000 dell'anno precedente.
Sebbene i dettagli sulle operazioni degli impianti militari siano per lo più riservati, sporadici rapporti indicano problemi strutturali persistenti. I pubblici ministeri hanno recentemente richiesto la nazionalizzazione della KIMP, una holding che fornisce cuscinetti agli impianti di difesa, accusando i suoi proprietari di essersi arricchiti «a spese degli interessi vitali della società e dello Stato». E ancora: la United Shipbuilding Corporation, un'importante società di costruzione navale, ha iniziato a licenziare nel suo cantiere di Rybinsk a causa della mancanza di nuovi contratti, mentre il produttore di elettronica Optron-Stavropol e il gruppo di microelettronica Angstrem hanno segnalato difficoltà finanziarie. Allo stesso tempo, lo Stato sta dando un giro di vite alle aziende che non rispettano i loro obblighi contrattuali. Almeno 34 persone hanno dovuto affrontare accuse penali per non aver rispettato i contratti di difesa dello Stato dopo l'invasione su larga scala dell'Ucraina. Vladimir Arsenyev, il capo dell'Istituto centrale di ricerca scientifica di Volna, si è dato fuoco sulla Piazza Rossa nel luglio 2024 in una drammatica protesta contro quello che ha definito il trattamento «stalinista» riservato dallo Stato ai fornitori della difesa. «Il volume degli ordini governativi è aumentato in modo significativo, è vero, ma persistono i problemi legati ai bassi pagamenti anticipati, alle lacune negli ordini governativi e ai ritardi nei pagamenti finali» ha dichiarato al Moscow Times una fonte di un'azienda che si occupa di appalti per la difesa.
Questa situazione, combinata con gli alti tassi di interesse, ha favorito un vuoto cronico di liquidità che ha lasciato alcuni impianti bloccati nel limbo. Nonostante queste tensioni, Boulegue di Chatham House ha affermato che l'industria russa della difesa non ha ancora raggiunto quello che potremmo definire come punto di ebollizione: «La Russia ha risorse sufficienti per sostenere la sua macchina militare ai livelli attuali, se non superiori, di produzione di equipaggiamento di base come droni, carri armati o munizioni». Tuttavia, l'esperto ha osservato che le sanzioni stanno gradualmente erodendo la capacità della Russia di produrre sistemi d'arma più avanzati: «Nel corso del tempo, e sotto l'impatto delle sanzioni, la Russia potrebbe trovare sempre più difficile e costoso procurarsi componenti avanzati come la microelettronica e gli elementi basati sul silicio necessari per la guerra elettronica, i sistemi spaziali, il puntamento di precisione e così via».
