Trasporti

Mar Rosso, nodo nevralgico del commercio mondiale

Gli attacchi dei miliziani Houthi porta molte compagnie a scegliere di abbandonare la rotta di Suez – Ma il viaggio, con il giro dell’Africa, passa da 14 a 35 giorni
Ships are anchored at the entrance of Suez Canal, in Suez, Egypt March 29, 2021. REUTERS/Mohamed Abd El Ghany
Gian Luigi Trucco
28.12.2023 06:00

Si susseguono gli attacchi a mercantili, petroliere, portacontainer, cargo, perfino navi militari, nel Mar Rosso meridionale, in prossimità dello Stretto di Bab el-Mandeb, da parte dei miliziani filoiraniani Houthi, basati nello Yemen occidentale, con l’uso di droni, missili, razzi, e gruppi di commando elitrasportati.

Fra le navi colpite anche alcune della compagnia italo-svizzera MSC-Mediterranean Shipping Company, di cui una, la «Palatium III» noleggiata dalla Ignazio Messina di Genova, che ha altre navi proprie presenti nella regione.

Molte compagnie fra cui MSC, la francese CMA-CGM, la tedesca Hapag-Lloyd, la danese A.P Moller-Maersk, hanno deciso di abbandonare la rotta del Mar Rosso-Canale di Suez, optando per la circumnavigazione dell’Africa attraverso il Capo di Buona Speranza. Ma per una nave proveniente ad esempio dal Golfo Persico con destinazione Genova, ciò vuol dire, in assenza di scali intermedi, 35 giorni di viaggio rispetto ai 14 normali. La rotta alternativa comporta la necessità di impiegare un maggior numero di navi per assicurare il servizio commerciale, ma soprattutto ha ripercussioni sulla catena logistica, sui tempi di consegna e sul prezzo dei prodotti a destinazione, come ha recentemente sottolineato Ignazio Messina, CEO dell’omonima compagna di navigazione genovese.

Piano di intervento

Per fronteggiare la situazione gli Stati Uniti starebbero mettendo a punto un piano di intervento per il pattugliamento delle acque della regione e di protezione dei mercantili con unità militari, simile a quello organizzato negli anni della pirateria somala, affidato ad una coalizione di dieci Paesi, fra cui Regno Unito, Francia, Bahrein ed Italia. Potrebbero unirsi alla coalizione Canada, Olanda, Seychelles e Spagna. La partecipazione dei Paesi arabi risulterebbe più difficile a causa di contrasti non superati.

Suez, intenso traffico di navi

La rotta Mar Rosso-Suez, con l’attraversamento del canale, che costa 500.000 dollari a passaggio (+60% in due anni), vede il transito di oltre il 12% del commercio mondiale, con 40-45 navi al giorno, e le conseguenze di natura economica risultano rilevanti. I premi di assicurazione marittima sono già raddoppiati, i tempi di navigazione crescenti fanno lievitare i costi e rischiano di avere conseguenze logistiche importanti sulle catene di approvvigionamento in Europa. A livello geopolitico sarebbe anche da valutare la reazione del Cairo di fronte ad un calo drastico e duraturo dei passaggi.

L’escalation appare comunque destinata ad avere ripercussioni sui prezzi sia per materie prime, prodotti industriali e destinati al consumo, scuote il mondo del trasporto marittimo e riporta alla mente la situazione del 2021, quando il Canale di Suez venne bloccato dalla «Ever Given» incagliata per oltre una settimana, per non dire del lungo periodo di sequestri ed altri incidenti, che ebbe la fase più acuta fra il 2007 ed il 2011, da parte dei pirati del Corno d’Africa.

Questa volta la situazione potrebbe essere peggiore per il quadro geopolitico in cui le azioni degli Houthi hanno luogo, per le armi sofisticate impiegate e per possibili ulteriori escalation del conflitto che ne sta alla base; uno scenario che potrebbe coinvolgere l’altro «choke-point» rilevante dell’area, lo Stretto di Hormuz, direttamente controllato dall’Iran, da cui transitano ogni giorno oltre 20 milioni di barili di petrolio, circa il 20% del consumo mondiale, provenienti da Arabia Saudita, Irak, Emirati, Kuwait e Qatar.

Come hanno rilevato i rappresentanti di Assarmatori e di Assagenti, le maggiori organizzazioni italiane del settore, questa crisi ha luogo nel momento in cui la siccità crea problemi anche per l’attraversamento del Canale di Panama, tanto che Suez era stato usato da molti operatori, nonostante il costo elevato, come rotta alternativa, per non dire della prossima entrata in vigore della famigerata tassa ETS, introdotta dall’Unione Europea sulle emissioni, che penalizzerà i porti europei e contribuirà ad un aumento ulteriore di costi e prezzi delle merci, oltre ad una forte concorrenza da parte dei centri logistici del Nord Africa, come ha recentemente sottolineato in occasione di un evento a Lugano Stefano Messina, presidente di Assarmatori.

Secondo Matteo Somaini, presidente della LCTA-Lugano Commodity Trading Association «la situazione è in rapida evoluzione. L’impatto sulle filiere e la durate degli inconvenienti sono difficili da stimare. Il costo dei noli non dipende solo dai costi diretti legati al trasporto, ma anche dalla domanda e dalle situazioni di specifiche rotte e destinazioni. Si possono immaginare incrementi di nolo e tempi di percorrenza che potranno arrivare anche al 70% di costi e tempi normali, ma è auspicabile che l’impatto negativo sarà più contenuto, o per lo meno sarà breve».

«Allargando un po’ l’inquadratura - aggiunge - c’è da tenere presente anche la situazione di estrema congestione dell’altro grande punto di transito, Panama. Se vogliamo però confrontare la situazione attuale con i problemi vissuti nel periodo di ripresa post-COVID, dobbiamo notare che non ci troviamo nelle medesime condizioni di domanda a fronte di inventari azzerati, e nemmeno nelle medesime condizioni emotive di incertezza sul futuro a corto termine che hanno sovralimentato la domanda reale di quei mesi. Possiamo quindi ragionevolmente attenderci che l’effetto degli eventi di questi giorni sulle filiere globali sarà molto più contenuto».