Innovazione

«Mia mamma ha interagito per tre giorni con l'IA pensando fossi io»

Grazie alla tecnologia che avanza stiamo arrivando all’industria 5.0, ossia la digitalizzazione applicata non più alle macchine ma alle persone, per esempio nelle funzioni di management – È tempo di creare un codice etico? Se ne è parlato in un convegno organizzato dalla Fondazione Agire
© CdT/Chiara Zocchetti
Roberto Giannetti
05.09.2023 23:30

Il tema della digitalizzazione e dell’intelligenza artificiale (AI) sta tendendo banco anche a livello industriale, con le aziende messe sotto pressione per restare al passo. Il motto «l’innovazione è una scelta» non è più attuale, perché ora è un obbligo, pena la perdita di competitività. E questo vale anche per le piccole imprese. La Fondazione Agire ha organizzato oggi a Lugano il primo Action Day, un convegno dedicato alle aziende che si confrontano con la trasformazione e con l’obiettivo di essere innovative e di cogliere le opportunità delle nuove tecnologie.

Moltissimi i relatori che hanno parlato delle sfide cui si confrontano le aziende in Ticino e nel mondo intero. Ormai, è stato spiegato, la digitalizzazione non riguarda solo le macchine, secondo il modello industria 4.0, ma, grazie all’intelligenza artificiale, anche le persone, nel senso che anche i manager nelle loro decisioni possono avvalersi di questo strumento. E questo migliora la loro efficienza e la loro velocità.

Software capaci di «vedere»

Oggi, fra le possibilità a disposizione c’è anche un software che legge lo schermo del computer, capisce e infine decide una azione. Infatti oggi l’intelligenza artificiale, ossia l’imitazione dell’intelligenza umana da parte di un computer, si somma al «machine learning», ossia alla capacità di apprendere da dati, arrivando al cosiddetto «document understanding», la capacità di capire i documenti. Quindi, fra le possibilità che si aprono, potrebbe anche esserci un computer che riesce a leggere una lettera e a proporre una risposta. E tutto questo porterebbe ad un aumento dell’efficienza e della rapidità del lavoratore.

Un esempio di questo potrebbe essere ChatGPT, ossia un programma basato su intelligenza artificiale e apprendimento automatico specializzato nella conversazione con un utente umano. La sigla GPT sta per Generative Pre-trained Transformer, una tecnologia nuova applicata al machine learning. Questo programma è il risultato di un nuovo «salto» evolutivo della digitalizzazione, che permette al computer di essere in grado di interagire con le persone attraverso un linguaggio «naturale», fornendo risposte a praticamente qualsiasi domanda.

Dilemma aziendale

Tutte queste possibilità non sono facili da scegliere e da gestire, soprattutto per le piccole e medie imprese, che si trovano a dover decidere quali sistemi adottare e anche se quella della digitalizzazione sia una strada vantaggiosa, anche perché non è detto che sia una via obbligata. Per giunta l’intelligenza artificiale solleva molti timori, innanzitutto a livello occupazionale: la digitalizzazione porterà alla sostituzione del lavoro umano? E tutti i lavoratori saranno in grado di adattarsi alle nuove esigenze di questa tendenza?

Interrogativi etici

Inoltre, si pongono anche interrogativi etici. Uno dei relatori, Luca Ambrosini, della Rubicon Studio, ha portato l’esempio di avere interagito per tre giorni attraverso messaggi con sua madre, ma a rispondere non era lui, ma il computer. E sua madre non se ne è accorta. Come è potuto succedere? «Anche noi umani - ha spiegato - siamo spesso ripetitivi e quindi prevedibili. Io ho fornito al software tutta la mia messaggistica ed esso è riuscito a capire come rispondo. Quindi inserivo le affermazioni di mia madre e il software mi forniva tre risposte, fra le quali ne sceglievo una e la inviavo a mia madre». In questo caso si è trattato solo di un «gioco», ma questo apre il tema della gestione etica dell’intelligenza artificiale. Forse le aziende del ramo, è stato proposto, dovrebbero dotarsi di un codice etico. Ma questa è storia del futuro.

In questo articolo: