Nel confronto intercantonale in Ticino si nota solo Lugano

La competitività del Ticino è in ritardo rispetto al resto della Svizzera secondo l’indicatore UBS sulla competitività cantonale (ICC) del 2023 a causa di un mercato del lavoro meno dinamico e uno spazio fiscale relativamente minore. Il cantone ha ottenuto una valutazione defintia «moderata» con un punteggio di 54,2 su 100, rimanendo al ventunesimo posto, la stessa posizione dell’ultima analisi del 2021. La classifica, come anche due anni fa, è guidata dai Cantoni di Zugo (100 punti), Basilea Città (99,2) e Zurigo (93,6).
Per valutare la competitività cantonale l’indice utilizza 57 indicatori, suddivisi in otto categorie: struttura economica, innovazione, capitale umano, mercato del lavoro, accessibilità al bacino d’utenza, ambiente, costi e finanze pubbliche. Il risultato complessivo per il Ticino è dato dalla media ponderata delle otto categorie, ognuna valutata con un punteggio da 0 a 100. I valori di competitività sono poi classificati in «eccellente «(maggiore di 90), «elevato» (da 75 a 90), «solido» (da 60 a 75), «moderato» (da 50 a 60) e «debole» (minore di 50). L’ICC è una misura della competitività cantonale, strettamente legata alla prospettive economiche di lungo termine. I cantoni con una valutazione minore dovrebbero avere una performance relativa peggiore degli altri, seppure UBS specifica che questo non equivalga a una crescita assoluta negativa.
Il risultato del Ticino è però in linea con la media svizzera in almeno 6 delle 8 categorie, ma risulta sul fondo della classifica intercantonale in «mercato del lavoro» e «finanze pubbliche». Il mercato del lavoro ticinese è particolarmente critico, tanto da essere il fanalino di coda dell’indice con un risultato di 0: a pesare sul risultato sono la vicinanza con l’Italia (un vantaggio per altre analisi, ndr), un tasso di disoccupazione più elevato che nel resto della Svizzera e un’evoluzione negativa della popolazione attiva (calo demografico, ndr). Invece, il grado di innovazione e la struttura economica tengono bene rispetto agli altri cantoni.
Nel suo rapporto UBS propone anche un punteggio per regioni, definendo cinque aree geografiche per il Ticino. L’area di Lugano ottiene un punteggio «solido», mentre il Bellinzonese e il Mendrisiotto vengono classificati a competitività «moderata». Le valli periferiche del Sopraceneri e il Locarnese vengono invece valutate come a «debole» competitività. Thomas Veraguth di UBS spiega che «se prendiamo l’insieme del Canton Ticino allora ci troviamo nella parte bassa dell’indice, ma se consideriamo solo la regione di Lugano allora siamo più vicini alla media nazionale con una competitività simile a quella di città come Berna o Friburgo».

Costruzione in rallentamento
Il settore principale della costruzione sta perdendo colpi. Nel primo semestre di quest’anno gli ordini in entrata sono diminuiti all’incirca dell’8% rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso, rileva la Società Svizzera degli Impresari-Costruttori (SSIC). A medio termine, tuttavia, le prospettive si fanno sempre più incerte. Le riserve di lavoro sono scese del 2,6% su base annua.
Come sta andando il settore in Ticino? Lo abbiamo chiesto a Nicola Bagnovini, direttore SSIC Sezione Ticino. «Anche da noi stiamo riscontrando dall’inizio di quest’anno un calo ordinazioni sia nel settore principale dell’edilizia sia nel genio civile. L’aumento dei tassi ipotecari sta condizionando gli investimenti privati mentre alcuni importanti cantieri infrastrutturali faticano a passare alla fase operativa. In questo periodo delicato necessitiamo pertanto del supporto dei lavori pubblici anche in ambito edile, in particolare per la ristrutturazione dei vecchi edifici pubblici. È proprio il risanamento energetico l’unico comparto che attualmente dimostra ancora un buon dinamismo, anche se riguarda in modo preponderante gli specialisti e gli artigiani dell’edilizia.
«Le prospettive - aggiunge - sono incerte anche se il potenziale di investimenti necessari nel nostro Cantone continua ad essere considerevole pure nella manutenzione delle infrastrutture viarie. Occorre però riscoprire la voglia di investire da parte di tutti gli enti pubblici (ad esempio i Comuni) e non soltanto dei grandi committenti.
Quali sono le prospettive occupazionali? «Ogni impresa passa alla riduzione del personale soltanto come estremo rimedio. È chiaro che per garantire occupazione alle proprie maestranze le ditte adottano una politica di acquisizione dei lavori molto aggressiva, con una evidente corsa al ribasso nelle offerte. Un atteggiamento, questo, pericoloso, perché preclude un sano sviluppo aziendale».
.