Non solo nozioni, ma crescita umana: è quello che chiedono le famiglie

A pochi minuti dal centro di Losanna, su una collina che guarda il lago Lemano, il Collège Champittet appare come una sintesi piuttosto precisa del modello educativo svizzero: sobrio, strutturato, ambizioso. Nata nel 1903 per iniziativa dei padri domenicani che avevano lasciato la vicina Francia per ragioni politiche, la scuola ha attraversato tutto il Novecento mantenendo un equilibrio tra radicamento locale e apertura internazionale. Oggi accoglie studenti di oltre 50 nazionalità, in un campus dove la lingua di Molière convive con quella di Shakespeare e dove l’idea di educazione si misura non solo in voti ma in esperienze.
«La nostra forza è la capacità di coniugare il rigore accademico svizzero con una visione internazionale della formazione», spiega Philippe de Korodi, direttore del Collège dal 2015 e già CEO di Caran d’Ache. «Non vogliamo solo preparare studenti eccellenti, ma persone consapevoli, curiose, capaci di adattarsi a un mondo in cambiamento».

Il Collège Champittet appartiene oggi al gruppo Nord Anglia Education, una rete globale di scuole private che collega oltre ottanta istituti in trenta Paesi. L’affiliazione ha portato nuove risorse, programmi aggiornati e collaborazioni con università e istituzioni di livello mondiale – dal MIT di Boston, alla Juilliard School di New York – senza intaccare l’identità storica dell’istituto che è di matrice cattolica. «Abbiamo una lunga tradizione, ma la tradizione per noi non è nostalgia», precisa de Korodi. «È la base da cui partire per innovare. Non rinneghiamo le nostre radici cattoliche, ma non imponiamo ai nostri studenti, provenienti da tutto il mondo, visioni di fede. Il percorso di formazione che offriamo prevede comunque un corso di storia delle religioni», precisa de Korodi.
Tre maturità
Il percorso formativo si articola in tre indirizzi principali: Maturità svizzera, Baccalauréat francese e International Baccalaureate (IB), con didattica bilingue francese-inglese. Gli studenti della secondaria possono scegliere fra una formazione svizzera trilingue, incentrata sulle discipline umanistiche e scientifiche, un percorso francofono o uno anglofono più internazionale. Tutti e tre i diplomi permettono di proseguire gli studi universitari in Svizzera o all’estero.
Il corpo docente riflette questa diversità: insegnanti provenienti da diversi Paesi europei e anglofoni, spesso con esperienze in università o scuole internazionali. «Non c’è un solo modello pedagogico, ma un dialogo costante fra culture educative diverse», osserva de Korodi. «È un lavoro che richiede equilibrio: vogliamo restare una scuola svizzera, ma aperta al mondo». La maggior parte degli studenti, infatti, è svizzera e vive nel Canton Vaud.
Un campus come microcosmo
Il campus di Pully conserva parte degli edifici storici dei primi del Novecento, integrati da laboratori di scienze e informatica, spazi per le arti, impianti sportivi e un internato moderno. Qui vivono 120 allievi dai 10 ai 18 anni. L’ambiente è curato e funzionale: aule luminose, laboratori di robotica, una cappella per le cerimonie religiose (ogni domenica si celebra la Messa per la comunità cattolica di Pully e dintorni), spazi verdi con vista lago.
La popolazione scolastica è eterogenea. Accanto a studenti svizzeri ci sono figli di diplomatici, professionisti, imprenditori e manager di multinazionali con sede nel Canton Vaud. «Come spesso è accaduto in passato, la Svizzera è influenzata da ciò che accade in Europa. Se la nostra scuola oggi esiste lo dobbiamo a una “multinazionale dell’educazione”, qual era quella dei padri dominicani, che si stabilirono a Pully per ragioni contingenti (la laicizzazione forzata delle scuole in Francia). L’accettazione della diversità culturale e il bilinguismo che ne consegue è un tratto distintivo: si passa da una lingua all’altra con naturalezza. Nel percorso della Maturità svizzera la lingua principale è il francese, ma molte materie sono insegnate in inglese», aggiunge de Korodi.
La cultura come orizzonte
Nel modello di Champittet la formazione culturale resta centrale. Ogni anno gli studenti partecipano a progetti di solidarietà in collaborazione con l’Unicef e con organizzazioni locali. «Non vogliamo formare solo buoni studenti, ma cittadini responsabili», sottolinea de Korodi. «Il nostro motto è Servir, servire: un valore che vale più di molti discorsi».
Una scuola con radici
Come molte scuole internazionali, anche Champittet deve fare i conti con un ricambio costante di studenti, dovuto alla mobilità delle famiglie espatriate. Questo, secondo de Korodi, non è un limite ma una risorsa: «Chi arriva qui sa che resterà forse tre o quattro anni, ma impara a costruire relazioni rapide e profonde. È una lezione di vita, un esercizio di adattamento che prepara al futuro».
I risultati scolastici sono solidi: i tassi di promozione e di ammissione alle università europee e nordamericane restano elevati, con alcuni studenti che proseguono gli studi in atenei come Oxford, la Sorbona o l’Epfl di Losanna. Tuttavia, la scuola si guarda bene dal misurare il proprio successo solo in base alle statistiche. «L’educazione è un percorso lungo», riflette de Korodi. «Ciò che conta non è solo dove vanno i nostri studenti, ma chi diventano».
Un equilibrio difficile
L’educazione privata in Svizzera vive oggi una fase di consolidamento, segnata da una crescente domanda internazionale e da un mercato competitivo. Champittet, che mantiene un profilo relativamente contenuto nei costi rispetto ad altre scuole internazionali, si distingue per la sua combinazione di valori svizzeri e apertura globale. La sfida, riconosce il direttore, è mantenere alta la qualità in un contesto di trasformazioni rapide. «Dobbiamo investire nella formazione dei docenti, nella tecnologia e nell’ascolto degli studenti», dice. «La scuola non può essere un museo, ma nemmeno una fabbrica di titoli».
Passeggiando nel cortile del campus, tra le voci in francese e inglese, si ha la sensazione che Champittet rappresenti qualcosa di più di una semplice scuola privata: un luogo dove la convivenza tra culture diverse diventa pratica quotidiana. Forse è questa la sua cifra più autentica, quella che Philippe de Korodi sintetizza con sobrietà: «In fondo, ciò che facciamo qui è molto semplice. Educhiamo giovani che, un giorno, dovranno attraversare un mondo complesso. Vogliamo che lo facciano con competenza, ma anche con rispetto».
