Non solo orologi, la Svizzera detta il tempo del «deep tech»

IA, robotica, biotech, semiconduttori, informatica quantistica, tecnologia climatica ed energetica. È in questi ambiti del settore cosiddetto «deep tech» che eccelle la «piccola» Svizzera. Paese che, nonostante abbia un mercato interno troppo ridotto per l’insediamento di grandi imprese tecnologiche e che sia di fatto escluso dai finanziamenti dell’UE o del Fondo europeo per gli investimenti, nel giro di un decennio ha sviluppato un vero e proprio «ecosistema» sull’asse Zurigo-Basilea-Losanna/Ginevra, diventando il motore del cosiddetto «Alpine Tech Cluster», il polo iper-tecnologico formatosi con Monaco, Milano e Grenoble, che compete con l’altro polo europeo denominato «New Palo Alto», creatosi attorno a Parigi, Londra, Amsterdam e Dublino.
Per quantificare questo sviluppo, la fondazione Deep Tech Nation Switzerland ha pubblicato di recente lo Swiss Deep Tech Report 2025 dal quale emerge che la Svizzera vanta la più alta quota di capitale di rischio (venture capital, VC) investito nel settore deep tech a livello globale: tra il 2019 e il 2025, sei dollari su dieci di capitale di rischio sono stati investiti in startup e società svizzere attive nel settore. A titolo di confronto, il secondo Paese in questa particolare graduatoria è Israele, con una quota del 49%. Più distaccati ci sono gli USA (43%) e Cina (38%), mentre sul piano globale la quota è del 34%. Sul piano numerico, gli investimenti nel deep tech svizzero sono cresciuti di sei volte nell’ultimo decennio, raggiungendo 1,9 miliardi di dollari (circa 1,6 miliardi di franchi) nel 2024 e, secondo le proiezioni, 2,3 miliardi di dollari (ca. 1,9 miliardi di franchi) nel 2025, con l’85% di questi fondi provenienti da investitori internazionali.
Rimanendo ancora per un momento sui dati, il rapporto indica, tra molti altri indicatori, come la Svizzera sia, per il 14.mo anno consecutivo, prima al mondo per l’innovazione (secondo le 133 economie recensite dall’Organizzazione mondiale per la proprietà intellettuale, WIPO). D’altronde, è risaputo che le istituzioni accademiche svizzere, in particolare l’ETH di Zurigo e l’EPFL, sono tra le migliori università europee (e mondiali) per la creazione di valore degli spin-off, seconde in Europa solo alle università di Cambridge e Oxford. E a proposito di valore, il rapporto rileva come il valore d’impresa combinato delle startup svizzere deep tech finanziate da VC ammonta a quasi 60 miliardi di dollari, mentre le acquisizioni e le quotazioni in Borsa hanno superato quota 100 miliardi di dollari.
Per deep tech si intendono le tecnologie avanzate basate su una significativa innovazione scientifica o ingegneristica. Si caratterizzano per essere basate su ricerca e sviluppo (R&D) all’avanguardia, che spesso richiede tempo, capitali e competenze tecniche importanti, ma anche per il loro potenziale trasformativo (disruptive). L’ecosistema svizzero dell’innovazione attrae investitori internazionali di alto livello (come ad esempio Google, per citarne uno fra i più noti), ma il capitale di rischio «indigeno» rappresenta poco meno di un terzo di quello investito nelle fasi iniziali, quota che scende ad appena il 4% nelle fasi finali. Fasi in cui la fanno da padrone, come detto, gli investitori esteri, soprattutto statunitensi ed europei, che quindi gestiscono la fase di crescita ed espansione (scale-up) delle startup svizzere, traendone profitto.
«Questo è un po’ il limite del VC “indigeno” nel deep tech svizzero», conferma al CdT Lorenzo Leoni, Managing partner del fondo VC ticinese TiVentures. «Data la complessità di questo settore, che rispetto ad altri richiede molto più capitale e soprattutto tempo per lo scale-up, è comprensibile. Ma il messaggio di fondo del rapporto è che “ha senso” investire nel deep tech. Le premesse ci sono tutte, tra eccellenze accademiche, capacità di brevettare le innovazioni e, non da ultimo, disponibilità finanziarie».
E su questo punto, però, l’esperto ribadisce il ruolo dei fondi VC quali veicoli in cui gli investitori istituzionali – come le casse pensioni – possano investire con tranquillità. E uno degli scopi principali della fondazione Deep Tech Nation Switzerland è proprio quello di promuovere un fondo VC, con gestori professionisti, che consenta agli istituzionali di investire anche nel settore tecnologico avanzato. «L’obiettivo è di lanciare questo fondo VC entro la fine di quest’anno», dichiara Leoni. Uno dei vantaggi del fondo, spiega in conclusione Leoni, è che consente di diversificare gli investimenti nei segmenti specifici, senza escludere, né concentrarsi troppo su uno in particolare. «Puntare su un solo segmento è sempre rischioso. Per esempio, l’IA è di sicuro interesse e con prospettive di sviluppo tuttora interessanti, ma rischia di diventare, presto o tardi, una “commodity”. Con la diversificazione che offre un fondo, che si ribilancia costantemente, si può accedere all’intero ecosistema, a vantaggio quindi della “tranquillità” e stabilità di lungo termine che cercano appunto gli investitori istituzionali», conclude l’esperto.